22 Maggio 1978

22 Maggio 1978: 45 anni della Legge 194. L’importanza di ricordare

Sono passati 45 anni da quel 22 maggio 1978: l’entrata in vigore della legge sull’aborto. Prima del suo arrivo, l’interruzione di gravidanza, in qualsiasi forma, era considerata dal Codice Penale italiano un reato secondo l’art. 545 e segg. cod. pen., abrogati proprio nel 1978.

Vari i livelli del reato. Causare l’aborto di una donna non consenziente (o consenziente, ma minore di quattordici anni) era punito con la reclusione da sette a dodici anni (art. 545). Causare l’aborto di una donna consenziente era punito con la reclusione da due a cinque anni, comminati sia all’esecutore dell’aborto, sia alla donna stessa (art. 546). Procurarsi l’aborto era invece punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 547). Istigare all’aborto o fornire i mezzi per procedere ad esso era punito con la reclusione da sei mesi a due anni (art. 548).

È con i Radicali e con la loro campagna referendaria che nel nostro Paese si solleva l’onda antiproibizionista. Un’onda che l’attuale Governo, in nome e alla luce dei dati in verità molto allarmanti sul progressivo depauperamento dell’indice di natalità nel nostro paese, sta  cercando di modificare sostenendo la tesi dell’aborto come danno per la natalità” o ancora di “stop all’aborto per combattere la sostituzione etnica“.

Il 5 febbraio 1975 una delegazione comprendente Marco Pannella e Livio Zanetti, Direttore di L’espresso, presentò alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo degli articoli nn. 546, 547, 548, 549 2º Comma, 550, 551, 552, 553, 554, 555 del Codice Penale, riguardanti i reati d’aborto su donna consenziente, di istigazione all’aborto, di atti abortivi su donna ritenuta incinta, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione, di contagio da sifilide o da blenorragia.

Dopo aver raccolto oltre 700.000 firme, il 15 aprile del 1976 venne fissato il giorno per la consultazione referendaria, che però non ebbe seguito perché l’allora Presidente Giovanni Leone fu costretto a sciogliere le Camere per la seconda volta. Intanto, però, la Corte Costituzionale con la storica sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975, consenti’ il ricorso all’IVG (interruzione volontaria della gravidanza) per motivi gravi: non era accettabile porre sullo stesso piano la salute della donna e la salute dell’embrione o del feto. Ieri, come oggi, si mobilitarono le associazioni a difesa degli embrioni paragonadoli a forme di vita. 

Nonostante i proclami da campagna elettorale della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, secondo cui il suo Governo non avrebbe messo in discussione il diritto all’aborto, in circa tre mesi di legislatura sono già quattro le iniziative antiabortiste presentate dai membri della maggioranza. Una frequenza e un impegno tali da far pensare che questa sia una vera e propria priorità per la compagine governativa di destra.

Iniziative portate avanti da Fratelli d’Italia nella figura di Isabella Rauti, dalla Lega per opera di Massimiliano Romeo e da Maurizio Gasparri per conto di Forza Italia. Per non parlare della Ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia Roccella che nel programma Rai1 “Oggi è un altro giorno“, alla domanda di Serena Bortone “L’aborto fa parte di una delle libertà delle donne?” ha risposto “Purtroppo sì“.

Il tutto accende ulteriormente le polemiche sulle norme che regolano il rispetto dei diritti che, secondo l’opinione delle Opposizioni e anche di una parte significativa dei cittadini, sono spesso rivisitati  dai Partiti della maggioranza sovranista che, legittimamente eletta, “dice e fa cose di destra” e alle quali potrebbero e dovrebbero democraticamente opporsi le forze di opposizione, per realizzare quel confronto tra le parti che dovrebbe essere garante, non solo su questo tema, della libertà di pensiero, di opinione e dell’impianto democratico, politico e istituzionale, al quale si ispira la nostra Carta Costituzionale.

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