Strage di Capaci: il coraggio di contrastare la mafia

“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. (Giovanni Falcone)

Voler combattere la mafia, ma allo stesso tempo fidarsi di essa…“Il cittadino non si fida della mafia, ma ha di certo più paura rispetto a uno Stato. Questo perché a volte vede i mafiosi molto più vicino a lui e lo Stato molto più distante. È compito nostro avvicinare i cittadini e di fargli comprendere che lo Stato c’è e che ci sono realtà difficili e delicate, come può essere ad esempio la provincia di Reggio Calabria dove imprenditori coraggiosi hanno scelto di continuare a vivere in quelle terre nonostante la loro collaborazione con la Giustizia. La loro presenza è la dimostrazione a tutti i cittadini che si può contrastare le mafie, che si può dire no alla mafia”.

Questa è la risposta del Direttore della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), Maurizio Vallone alla nostra domanda: Cosa conduce un cittadino a preferire la mafia allo Stato? 

Fidarsi della mafia, avere paura della mafia. Frasi diverse eppure così spaventosamente simili e questo perché l’essere umano tende a fidarsi di colui che lo minaccia e allo stesso tempo protegge. Come? Semplicemente seguendo il principio del “io do a te, tu dai a me; ma se tu non dai a me, io ti uccido”. Così è stato per anni e così è tuttora, solo che con il passare del tempo, quelle stesse organizzazioni hanno perfezionato la loro presa di potere. Niente avvertimenti, niente attentati, meno morti per strada. Ma continuano ad esistere agendo in silenzio e facendo leva su questo stesso silenzio, ma delle vittime.

23 maggio 1992 – La strage di Capaci

Il 23 maggio 1992 alle ore 17:57 Cosa Nostra uccise con un attentato terroristico il magistrato Giovanni Falcone. Con lui persero la vita la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Altre 23 persone rimasero ferite.

Giovanni Falcone prese un volo da Roma alle ore 16:45 e ad attenderlo all’aeroporto di Punta Raisi, 3 Fiat Croma blindate con la scorta. Il magistrato si mette alla guida di una Croma bianca, davanti a lui una Croma marrone e seguita da un’altra azzurra. Partiti alla volta di Palermo, alle 17:57 al chilometro 5 della A29, allo svincolo Capaci-Isola delle Femmine, viene azionata – dal sicario Giovanni Brusca – una carica di cinque quintali di tritolo.

La Croma bianca, guidata da Falcone, rallenta inavvertitamente poiché il magistrato doveva prendere delle chiavi dal cruscotto; lo scoppio travolge l’auto che la precedeva provocando la morte dei tre agenti. L’auto di Falcone si schianta contro il muro. Si salvò inizialmente, ma morì poco dopo durante il trasporto in ospedale. Seguì la morte della moglie, la sera stessa.

In quel momento la mafia iniziò a fare più paura perché non era più vista come l’organizzazione che puntava solo coloro che “davano fastidio”, ma come qualcosa di più grande che non avrebbe risparmiato nessuno pur di raggiungere l’obiettivo. La mafia non è stata fermata e tuttora non si ferma. Ma forse l’errore più grande dopo il rimanere in silenzio, è imparare a convivere con essa.

A Giovanni Falcone e tutte le vittime di mafia…

(TFnews Sette Speciale – “30 anni di lotta alla mafia” – Explorer Channel 176 di Sky)

 

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