30 anni fa la tragedia della Moby Prince: 140 morti e “nessun colpevole”

Moby Prince: è  uno dei tanti misteri della repubblica rimasti tali nonostante i 30 anni trascorsi e una storia drammatica tutta da raccontare intrisa di dubbi, incertezze, forse omertà e timori, come spesso è avvenuto in casi di cronaca giudiziaria che implica responsabilità a carico delle Istitutizioni.

La storia è ben nota: il 10 aprile 1991, nella rada del Porto di Livorno, alle 22.25, il traghetto Moby Prince della Navarma entrò in collisione con la petroliera  Agip Abruzzo della Snam. Il punto nave in cui è avvenuta la collissione è stato localizzato a 2,7 miglia dalla costa. L’urto tra le due unità e il successivo incendio sprigionatosi sul traghetto  causò la morte di 140 persone,  tra passeggeri e equipaggio del Moby. Si salvò solo Alessio Bertrand, mozzo del traghetto che partito alle 22 era diretto a Olbia. Tutti salvi per fortuna i marinai della nave Agip.

Le verità svelate e le verità “nascoste”

E’ stata la più grande tragedia della marina mercantile italiana, rimasta sino ad oggi priva di  colpevoli e con tanti vicende connesse all’incidente in mare ancora irrisolte. nel mare, è il caso di dirlo, delle incertezze e della confusione c’è, tuttavia, una verità rimasta a galla e incofutabile: quando la prua della Moby Prince  investì,a velocità eccessiva e non consentita all’interno della rada del proto,  la petroliera Agip Abruzzo a pieno carico di petrolio,  questo  si riversò sul traghetto, provocando l’innesco delle fiamme. Da quel momento inizia la ridda delle varie le ipotesi sulle cause, ma nulla è stato mai provato: certamente la nebbia, presente nel proto in quel momento, giocò il suo ruolo, come anche  l’eccesso di velocità del traghetto in uscita dal porto o  forse un’esplosione o un guasto alle apparecchiature di bordo.

Tra le probabili cause non è da escludere l’umana, ma ovviamente ingiustificabile, distrazione. Anche se non sussitono prove certe  per mancanza ovviamente di testimoni vivi,  si ipotizzò che colui che  avrebbe dovuto vigilare sul ponte di comando fosse intento a guardare la partita di calcio Juventus-Barcellona in TV, semifinale di Coppa Uefa.

Una seconda verità, subito evidente, è che i soccorsi arrivano tardi: il traghetto è individuato solo alle 23.35, ovvero un’ora dopo l’incidente. Dopo decenni di inchieste, processi  alle vittime e ai familiari non è stata resa giustizia e continuano a chiedere che il Parlamento indaghi ulteriormente per fare chiarezza. Uno scenario giudiziario e istituzionale che ricorda molto da vicino quello di Ustica e di alcune stragi complici della morte di centinaia di cittadini innocenti. Una  Commissione Parlamentare  solo nel 2018, ha deciso di procedere  alla riapertura delle indagini della Procura livornese. I familiari continuanao anche oggi chiedono ora una Commissione bicamerale che possa proseguire oltre la scadenza della legislatura, “fino al raggiungimento del suo scopo“.

Le conclusioni della prima Commissione Parlamentare

Silvio Lai, che da Senatore ha presieduto la prima Commissione, stilò una  relazione finale che chiudeva la questione con 4capi d’accusa:

  • “la tragedia è  riconducibile alla presenza della nebbia e alla condotta colposa avuta dal comando del traghetto”;
  • “l’inchiesta giudiziaria resta carente e condizionata da diversi fattori esterni”;
  • “La pteroliera i trovava n zona di divieto di ancoraggio”
  • “Il traghetto  Moby ebbe un’alterazione nella rotta di navigazione”.
  • Alcuni passeggeri si sarebbero potuti salvare, ma durante le ore cruciali  la Capitaneria di Porto apparve del tutto incapace di coordinare un’azione di soccorso”.

Come si legge in un articolo di Gabrile Masiero sull’Ansa,  “restano aperti molti  aspetti da chiarire.  A cominciare da quell’accordo assicurativo tra Snam e Navarma teso a chiudere qualunque ulteriore accertamento sullo stato delle due navi, ormai entrambe demolite. Un altro spunto potrebbe essere quello della ricerca di eventuali rottami sul fondale”.

C’è anche un corpo sul ponte di poppavia della Moby prince

Poi c’è il mistero, tuttavia in qualche modo spiegabile, dell’uomo sul ponte di poppa ripreso dalle  telecamere della “Storia siamo noi “ dall’alto dell’elicottero della Marina Militare che sorvola la nave oramai totalmente bruciata.Un uomo che fose come altri si sarebbe potuto salvare se i soccrosi fossero stat tepestivi e più efficaci.

I familiari, intanto, hanno anche fatto istanza civile contro i Ministeri dei  Trasporti e della Difesa. Motivo:“inadempienze riguardo il controllo del porto di Livorno e l’assenza di soccorsi al Moby Prince“. Istanza respinta dal Tribunale di Firenze  ignorando totalmente  le pesanti conclusioni della Commissione Parlamentare.

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