7 domande che si fanno durante un colloquio ma sono illegali

Sapevate che, alcune domande che vi pongono durante un colloquio di lavoro sono, in realtà, illegali? Soprattutto quando riguardano la vita privata dei candidati.

Ilaria Rossi, di In Job, e Libera Arienti, di OpenJobMetis, due esperte di selezione del personale, durante un’intervista, hanno elencato sette diverse domande vietate che i selezionatori fanno più spesso, spiegando come tutelarsi.

7 domande illegali

La prima riguarda la nazionalità. Questa domanda, che chiede le origini del candidato, viola il Decreto Legislativo N° 215 del 2003: “Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”.

Un’altra domanda consiste nel chiedere quali problemi sono emersi durante il precedente lavoro. Secondo l’art. 10 del Decreto Legislativo N° 276 del 2003, i selezionatori e le agenzie per il lavoro non possono effettuare osservazioni su eventuali problemi avuti con il precedente impiego. A meno che tali caratteristiche non incidano sulle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.

Un’altra domanda che non dovrebbe mai essere formulata, riguarda la propria opinione su una specifica legge. Il motivo è molto semplice, si tratta di quesiti formulati allo scopo di indagare le opinioni politiche e personali del candidato.

Ora passiamo alle domande che vengono rivolte soprattutto alle donne. “Vuole avere figli oppure ha figli?”. Questo quesito molto spesso si è trovato al centro di molte discussioni, ma se mai qualcuno ve lo chiederà, potrete ricorrere all’art. 27 del Codice delle Pari Opportunità.

Qualcuno l’aiuta con i figli?” Anche in questo caso il selezionatore non può formulare certe domande, né è tenuto a conoscere l’età anagrafica dei figli di chi si presenta per il colloquio. L’art. 27 delle Pari Opportunità, anche in questo caso, tutela il lavoratore da certi tipi di domande.

Domandare se si ha una relazione, anche se di natura matrimoniale, è sbagliato. Si tratta di quesiti indiscreti e che violano l’intimità del candidato e sono considerate per leggi discriminatorie. Come asserisce l’art. 27 del Codice delle Pari Opportunità: “È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”.

Infine chiedere se “Ha sofferto o soffre di depressione o attacchi di panico?”. Secondo il Decreto Legislativo N° 276 del 2003 le domande inerenti lo stato di salute del lavoratore sono illegali e dunque vietate. Allo stesso modo, sono vietate tutte quelle domande volte a conoscere possibili disabilità del candidato. Diversamente, per chi appartiene alle categorie protette questo fatto non sussiste in quanto viene dichiarato nel curriculum vitae.

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