9 novembre 1989: il giorno dell’addio al Muro di Berlino

Era il 9 novembre 1989 quando Günter Schabowski, il Ministro della Propaganda della DDR, in conferenza stampa dichiarò: “Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. Se sono stato informato correttamente quest’ordine diventa efficace immediatamente”.

Fu proprio questa dichiarazione a far riversare nelle strade decine di migliaia di berlinesi dell’est e a far entrare nella storia il 9 novembre.

Il Muro di Berlino fu pensato e realizzato come un sistema di fortificazioni rimasto attivo dal 1961 al 1989. Fu eretto da parte del Governo della Germania dell’Est per impedire la libera circolazione delle persone verso la Germania dell’Ovest. Il “Muro” fu considerato il simbolo concreto della cosiddetta cortina di ferro, ovvero l’immaginaria linea di confine tra le zone europee filoccidentali, controllate militarmente dalla NATO e politicamente da Francia, Regno Unito e Stati Uniti, e quelle filosovietiche del Patto di Varsavia dell’Europa orientale, questo specialmente durante i circa quattro decenni della cosiddetta “guerra fredda“.

La caduta del Muro di Berlino aprì la strada per la riunificazione tedesca che fu formalmente conclusa il 3 ottobre 1990. Ma come e soprattutto perché è stato creato il “Muro di Berlino“? Nel 1945, poco prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, durante la conferenza di Jalta, venne decisa la divisione di Berlino in quattro settori controllati e amministrati da Unione Sovietica, Stati Uniti d’America, Regno Unito e Francia. Il settore sovietico era il più esteso e comprendeva i distretti orientali di Friedrichshain, Köpenick, Lichtenberg, Mitte, Pankow, Prenzlauer Berg, Treptow e Weißensee.

Nel 1948, il “blocco di Berlino” da parte dell’Unione Sovietica portò all’attuazione del ponte aereo per Berlino da parte degli alleati per rifornire di viveri e generi di prima necessità i tre settori occidentali.

Dal 1949 i tre settori controllati da Stati Uniti d’America, Francia e Gran Bretagna, ovvero Berlino Ovest, anche se nominalmente indipendenti, erano di fatto una parte di Germania Ovest completamente circondata dalla Germania Est, formandone un’enclave.

Per fermare l’esodo delle persone dalla Germania Est, il regime comunista iniziò la costruzione di un muro attorno ai tre settori occidentali, nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961. Il muro negli anni è stato modificato e fortificato più volte,  esattamente quattro volte.  La prima nella notte del 1961,  poi nel giugno 1962 venne costruito un secondo muro all’interno della frontiera, destinato a rendere più difficile la fuga verso la Germania Ovest e  fu così creata la cosiddetta “striscia della morte“. In seguito il primo muro fu abbattuto e oggi è difficile riconoscere parti di quel muro. Nel 1965 si diede inizio alla costruzione della terza generazione del muro che avrebbe soppiantato le precedenti. Era composto da lastre di cemento armato collegate da montanti di acciaio e coperti da un tubo di cemento. Il “muro di quarta generazione“, iniziato nel 1975, era in cemento armato rinforzato, alto 3,6 metri e composto di 45 000 sezioni separate, di 1,5 metri di larghezza.

Più di 100.000 cittadini della ex  RDT cercarono di fuggire oltrepassando il confine tra le due Germanie tra il 1961 e il 1988. Più di 600 di loro furono uccisi dal fuoco dai soldati delle truppe di frontiera della RDT oppure morirono nel corso del tentativo di fuga tra il 1961 e il 1989. Annegarono nei corsi d’acqua, rimasero vittima di incidenti mortali o si suicidarono vedendosi scoperti.

Il 9 novembre del 1989, con i primi pezzi di muro che crollarono, si dette il via a una nuova vita ed a una nuova esistenza del popolo tedesco, ma in realtà anche a tutta l’Europa.

Il 21 luglio 1990, Roger Waters, leader dei Pink Floyd, organizzò uno spettacolare concerto per celebrare la caduta del Muro, mettendo in scena un’esecuzione dal vivo di The Wall. L’evento suscitò particolare risonanza internazionale perché sancì il primo approccio di ricucitura culturale della gente dell’ovest con quella dell’est, quest’ultima esclusa da tempo dalla fruizione di eventi mondani. La colossale scenografia prevedeva nella fase finale del concerto il crollo fisico di un gigantesco muro di polistirolo: il quotidiano Repubblica definì l’opera con “significato vivo e attuale in questa rappresentazione di un abbraccio ideale delle due Berlino“.

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