(Adnkronos) – Alla fine degli anni Cinquanta, in un mondo pressoché totalmente presidiato da uomini, il giovane produttore Fulvio Lucisano propose a Cecilia Mangini di girare un documentario e lei scelse di raccontare una realtà scomoda, insieme a un autore altrettanto scomodo, Pier Paolo Pasolini; nacquero così “Ignoti alla città” (1958), ispirato al romanzo dello scrittore “Ragazzi di vita”, “Stendalì” (1960), “La canta delle marane” (1962). In pochi minuti questi documentari condensavano la poetica che orienterà la produzione di Cecilia: dare voce a coloro che vivono ai margini, mostrare la desolazione della campagna devastata dal cemento delle periferie, registrare gli ultimi istanti di vita dei rituali della cultura contadina e pre-cristiana, spazzata via dall’avvento della civiltà industriale e dei consumi.