Audizione del Ministro della Difesa alla “Quadrangolare”

“Dopo quanto illustrato dal collega Di Maio, prendo la parola per delineare in maniera più specifica l’impegno che la Difesa sosterrà in attuazione al dispositivo normativo in esame, che autorizza le missioni militari per il 2022.

Ritengo che questa sia una opportunità essenziale non solo per presentare le capacità che le Forze Armate italiane sono chiamate a mettere in campo nei loro diversificati impegni operativi, ma anche per tracciare gli intendimenti e gli obiettivi di questo straordinario lavoro profuso dal Dicastero, che ho l’onore di guidare, e da tutto il suo personale.

L’impiego delle Forze Armate nelle missioni internazionali, che è prioritariamente rivolto alla tutela degli interessi strategici nazionali, avviene in maniera tale da consentire il conseguimento di diversi obiettivi, tra cui: il consolidamento del nostro posizionamento nello scenario internazionale e nelle Alleanze e Organizzazioni ai quali apparteniamo; il contributo alla sicurezza internazionale, attraverso la prevenzione e gestione di scenari di crisi conseguenti tanto a minacce tradizionali – quella militare convenzionale e il terrorismo – quanto a quelle ibride –preclusione della libertà di movimento, diniego di accesso alle vie di comunicazione, traffico di esseri umani, restrizioni all’approvvigionamento energetico; il rafforzamento dei rapporti bilaterali con i Paesi partner; l’affermazione del ruolo di imprescindibile punto di riferimento nell’area del Mediterraneo Allargato a favore dell’Unione Europea, della NATO e dei nostri Partner.
Questi obiettivi non sono un mero elenco, bensì definiscono un complesso insieme di sfide, minacce, opportunità e punti di forza, tali da identificare le linee di sviluppo dell’azione esterna della Difesa, da cui discendono le missioni in esame, che mirano a generare gli effetti necessari a garantire deterrenza e difesa, il mantenimento della sicurezza e della pace (e, quando necessario, il suo ripristino), la creazione di capacità militari a favore di Paesi partner (quando parliamo di capacity building), ovvero lo sviluppo e il potenziamento delle stesse (se si agisce, invece, nell’alveo della sicurezza cooperativa).

Nell’affrontare la complessità dei compiti assegnati, il mandato politico, con l’indicazione del Governo e l’approvazione parlamentare, si può realizzare compiutamente grazie alla professionalità, alla preparazione e alla dedizione del personale delle Forze Armate. Per questo, prima di proseguire con la mia disamina, mi sia consentito esprimere in questa autorevole sede la mia massima stima e gratitudine per il loro operato quotidiano, in ambienti e contesti talvolta imprevedibili, ma mai privi di risc. hi

L’impianto normativo è stato adattato significativamente in corso d’opera per effetto della guerra all’Ucraina. L’aggressione russa e la sua evoluzione hanno richiesto il riassetto della nuova postura difensiva della NATO in Europa e un maggior impegno nella sicurezza cooperativa in seno all’Alleanza e nei teatri dove sono concentrati i nostri maggiori interessi. L’impianto normativo delinea, pertanto, l’approntamento e l’invio nei teatri operativi di differenti dispositivi, tutti opportunamente attagliati ai diversi contesti di impiego, agli ambiti operativi e alle relative esigenze capacitive. L’eterogeneità dei teatri è la caratteristica dello scenario geostrategico attuale, che determina la necessità di schierare forze altamente flessibili.

Quante volte, infatti, abbiamo parlato di estrema e repentina mutevolezza del quadro geostrategico, ove insistono e devono essere tutelati gli interessi nazionali? Mai, come in questi giorni, questa affermazione si rivela, di fatto, così vera. La guerra all’Ucraina e le conseguenti crisi alimentari ed energetiche, la recrudescenza della instabilità in Libia, i colpi di Stato in Mali e in Burkina Faso, sono solo alcuni dei più recenti fenomeni destabilizzanti che rischiano di compromettere gli equilibri regionali e mondiali nonché di pregiudicare i rapporti di collaborazione ben avviati con i Paesi che insistono nell’area di interesse strategico nazionale.

Questa è la prova tangibile che l’indirizzo politico delineato lo scorso anno ha trovato adeguato compimento, andando a rafforzare ulteriormente il ruolo dell’Italia come “fornitore di sicurezza” nell’ambito della Comunità Internazionale. Il nostro Paese si pone, oggi, come un partner militare di assoluto pregio e affidabilità, tanto nel contributo alla sicurezza internazionale quanto nelle forme di cooperazione a favore di Paesi partner che chiedono il nostro intervento. La sintesi di tutto ciò è il rafforzamento della azione di tutela degli interessi nazionali, vitali e strategici, nonché della garanzia di sicurezza e stabilità del nostro Paese.

Questo sforzo è anche coerente con le recenti importanti decisioni strategiche assunte dalle principali Organizzazioni a cui partecipiamo. Infatti, nell’ambito europeo, l’approvazione della “Bussola Strategica” ha favorevolmente accolto un rinvigorimento degli sforzi verso una Difesa comune e una visione strategica a 360 gradi, sempre più condivisa. In questo senso, l’Italia deve essere pronta a supportare le iniziative volte al potenziamento della Politica di Sicurezza e Difesa Comune e alla realizzazione dei suoi strumenti militari – prima fra tutte, la Capacità Europea di Schieramento Rapido (EU Rapid Deployment Capacity) – consapevole delle capacità che può mettere in campo e del ruolo di guida che può assumere, soprattutto nella rinnovata attenzione che l’Unione rivolge a sud.

Allo stesso tempo, il “Concetto Strategico” della NATO, approvato nell’ultimo summit di Madrid, individua in maniera chiara le minacce (Russia e terrorismo) e le sfide sistemiche (Cina) che l’Alleanza dovrà fronteggiare nel breve-medio termine. Al di là del contingente rafforzamento della postura di Deterrenza e Difesa sul Fianco Est dello spazio euro-atlantico, la NATO ha inoltre ribadito la propria “flessibilità strategica”, cioè la capacità di monitorare e intervenire contro ogni minaccia a 360 gradi, in qualsiasi direzione si manifesti, e, in questo senso, ha confermato la centralità del Fianco Sud. Questo è un elemento di assoluta rilevanza per il nostro Paese, che è in “prima linea” verso le eterogenee potenziali minacce provenienti dal continente africano e dal vicino Medio-Oriente.

Non possiamo, infatti, trascurare la saldatura geografica che si registra in quelle due aree tra i diversi fattori di rischio: il radicamento del terrorismo jihadista nel Sahel e in tutta la fascia sub-sahariana; le grandi organizzazioni criminali dedite ai traffici illeciti, primi tra tutti lo sfruttamento inumano dell’immigrazione; la crisi alimentare e i cambiamenti climatici; la latente conflittualità tra vari Stati africani e la debolezza istituzionale di altri; la fragile condizione socio-economica libanese; la continua piaga della pirateria, dall’Oceano Indiano al Golfo di Guinea. A tutto ciò si aggiungono ulteriori elementi di destabilizzazione, quali l’influenza militare della Russia, con il gruppo Wagner presente dalla Siria, alla Libia, al Mali, al Sudan e alla Repubblica Centroafricana, e la penetrazione economica della Cina, dal Medio-Oriente al Corno d’Africa, fino a giungere al Sahel.

È per questo che il Mediterraneo Allargato si conferma una macroregione al centro delle dinamiche di sicurezza globali, che deve restare una priorità per l’azione del nostro Paese, verso cui orientare attenzioni e sforzi, pur consapevoli che, al momento, i valori democratici e liberali sui quali si fonda l’Occidente sono messi a repentaglio dalla vile invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

L’Italia ha ben chiaro che l’aggressione russa all’Ucraina non ha solo illegittime rivendicazioni territoriali, ma mira a rimettere in discussione e ridisegnare l’ordine internazionale. Il successo della Russia significherebbe l’affermazione del pericoloso convincimento che si possa ricorrere impunemente all’impiego della forza militare per la soluzione di controversie e per la realizzazione di propri obiettivi. Per questo motivo, l’Italia sta convintamente supportando l’Ucraina con l’invio di equipaggiamenti militari, in linea con le decisioni parlamentari e al fianco dei nostri Alleati e Partner. In aggiunta, siamo attivamente coinvolti, nell’ambito della NATO, a dare il nostro contributo per irrobustire la postura di Deterrenza e Difesa negli spazi orientali dell’area euro-atlantica. Scelte, queste, coerenti con l’interesse del Paese e con la necessità di rafforzare l’Alleanza, la sua efficienza, prontezza, coerenza e affidabilità.

Nondimeno, l’utilizzo delle Forze Armate è anche a supporto di questo orizzonte, laddove si impiegano i nostri militari in alcuni Paesi che non hanno assunto una chiara posizione in merito alla guerra in Ucraina e che rischiano di essere preda delle influenze e penetrazioni di Paesi contendenti. L’errore più grande che si potrebbe commettere in questo momento, peccando di scarsa visione e pragmatismo, sarebbe quello di abbandonarli, esponendoli all’illiberale espansionismo russo o cinese.

In questo senso, la delibera missioni copre il pressoché totale spettro delle missioni militari, dalla Deterrenza e Difesa in seno all’Alleanza al capacity building, dalle operazioni di peacekeeping a quelle di antiterrorismo e antipirateria. Questo piano è, al tempo stesso, frutto e testimonianza di una piena sinergia interministeriale, che parte dalla individuazione degli interessi nazionali da tutelare e, passando dalla condivisione degli obiettivi da conseguire, arriva alla definizione dello sforzo congiunto nelle aree di interesse e nei relativi teatri operativi. In questo piano, le Forze Armate proiettano l’immagine concreta di un Paese credibile e affidabile, che sa cooperare e sa tutelare le proprie esigenze”.

AREE GEOGRAFICHE D’INTERVENTO E PRINCIPALI MISSIONI
“Passando a fornire il dettaglio relativo alle missioni contemplate dalla delibera, evidenzio innanzitutto l’incremento quantitativo del nostro impegno che passa da un media di 6.500 unità nel 2021, a una media di 7.598 unità di previsto impiego per il 2022. Ancora più significativo l’incremento del numero massimo autorizzato pari a 12.050 unità, contro le 9.500 dello scorso anno. Questo aumento è coerente al numero di 44 missioni previste per questo anno, considerando 40 missioni prorogate e 4 di nuovo avvio, di cui una – la NATO Very High Readiness Joint Task Force (VJTF) –già autorizzata il 25 febbraio scorso.

Si sono, poi, appena concluse le missioni di Air Policing in Islanda e Romania, con due task group aerei rispettivamente di Eurofighter e di F-35, mentre prenderà avvio a breve la nuova missione di Air Policing in Polonia, con un task group basato su velivoli Eurofighter.

L’arco del Fianco Est si chiude idealmente con il potenziamento della componente marittima nell’ambito delle Standing Naval Forces che operano nel Mediterraneo orientale, quadrante fondamentale, dove si riverberano gli effetti della guerra all’Ucraina.

Un impegno, quello del rafforzamento della postura di Deterrenza e Difesa, pari a oltre 2.000 unità e 500 mezzi militari, ai quali dobbiamo sommare le oltre 1.300 unità dei reparti che sono stati posti in stato di massima prontezza dal 25 febbraio scorso, presso le rispettive basi in Italia, nell’ambito dell’attivazione della Very High Readiness Joint Task Force (VJTF) della NATO.

L’ideale punto di congiunzione tra Fianco Est e Fianco Sud si materializza nel vicino Medio-Oriente, dove opera uno dei più importanti contingenti nazionali in termini numerici. In Libano prosegue infatti la nostra contribuzione alla missione UNIFIL, a cui affianchiamo, in stretta sinergia, le attività della nostra missione bilaterale MIBIL, con il preciso compito di contribuire agli sforzi internazionali per stabilizzare un complesso quadro interno e favorire una ripresa istituzionale di un Paese che ha una posizione geografica di assoluta valenza strategica.

Il Libano apre le porte del quadrante mediorientale, di rilevanza strategica per l’interesse nazionale, tanto per i solidi legami storici quanto per l’approvvigionamento energetico. In particolare, in Iraq il nostro Paese è impegnato nel proseguire il contributo alla lotta contro il terrorismo e ha visto incrementare il proprio ruolo con l’assunzione, nello scorso mese di maggio, del comando della missione NATO. Parliamo di una missione rivolta a sostenere il delicato processo di consolidamento delle forze di sicurezza irachene, con compiti che superano il mero approccio di capacity building per sfociare nella sicurezza cooperativa, e che è anche impegnata per garantire una giusta osmosi e continuità del proprio operato con quello della Coalizione internazionale di contrasto al Daesh.

In ultimo, nel quadrante del Golfo della regione medio-orientale, vi è la conferma della presenza nazionale nella base di Al Salem, in Kuwait, ormai assurta a centro nevralgico delle nostre capacità di supporto strategico nell’area. Abbiamo, inoltre, acquisito recentemente il comando della task force navale AGENOR, nell’ambito della missione europea EMASOH per la sorveglianza dello stretto di Hormuz. L’approccio con cui abbiamo sempre partecipato a questa missione e, in particolare, quello con cui stiamo ora affrontando questo periodo di comando è improntato ad un’azione di distensione e de-escalatoria, dal momento in cui colloquiamo equamente con tutti gli Stati rivieraschi a partire con l’Iran.

Il Fianco Sud, con il continente africano, è certamente il quadrante del Mediterraneo Allargato verso il quale è rivolta la nostra maggiore attenzione. Abbiamo già detto che questa regione così ampia costituisce l’origine di una serie di fenomeni che hanno ripercussioni significative sull’Italia e sull’Europa. In tal senso, si è già programmato in passato – e viene ora riconfermato – un sistema di missioni per accrescere e consolidare i rapporti bilaterali con Paesi che stanno attraversando diverse difficoltà politiche, sociali ed economiche, cercando di intraprendere, non senza difficoltà, un percorso di crescita e sviluppo.

Nel Mediterraneo, il nostro Paese deve ambire sempre più a migliorare la propria capacità di situational awareness dell’intera regione, anche a beneficio di Alleati e Partner. Un ruolo che ci spetta, in virtù degli sforzi fatti e delle risorse impegnate finora, a partire dagli specifici programmi d’investimento presentati negli ultimi Documenti Programmatici Pluriennali. Un ruolo che è fondamentale per il quadro degli eterogenei interessi nazionali che vi sono coinvolti, da quelli di sicurezza a quelli commerciali ed energetici. Un ruolo, infine, per il cui svolgimento abbiamo qualificate capacità, tanto in ambito militare quanto in quello politico-diplomatico.

Spostandoci lungo la fascia sub-sahariana, la regione del Sahel continua ad essere il caposaldo della nostra azione esterna nel continente africano. Debolezza statuale, crisi socio-economiche, radicamento del terrorismo di matrice jihadista, traffici illegali e, da ultimo, penetrazione militare ed economica da parte, rispettivamente, di Russia e Cina, contribuiscono a renderla un’area di estrema instabilità, da cui si possono originare gravissimi rischi per la sicurezza del continente europeo e, quindi, del nostro Paese. Per tale motivo, vengono confermate le missioni già avviate nel passato, mentre quella in Niger sarà ulteriormente ampliata. Il Niger rappresenta, infatti, una eccezione di stabilità nella regione, con potenzialità di crescita e dove l’Italia sta facendo investimenti significativi anche in termini logistici.

Più problematica è la situazione in Mali, dove continuiamo ad essere presenti nelle missioni dell’Unione Europea EUTM e EUCAP, oltre a quella delle Nazioni Unite (MINUSMA), sebbene le stesse abbiano una libertà d’azione sempre più limitata da quando il governo golpista ha stretto una solida collaborazione con la compagnia militare russa Wagner. Su questa situazione mi sono recentemente confrontato a New York, alle Nazioni Unite, con il Vice Segretario Generale dell’ONU responsabile per le Operazioni di Pace, il francese Jean-Pierre Lacroix, che ha condiviso le mie preoccupazioni e ha chiesto un maggiore contributo di assetti militari italiani per la sicurezza della missione MINUSMA. Come dicevo, la situazione in Mali è fortemente deteriorata, perché il governo di Bamako non ci ha fornito le garanzie richieste per assicurarci che il personale da noi addestrato non venisse impiegato in attività operative al fianco dei paramilitari di Wagner. Per tale motivo, a giugno scorso, nell’ambito della coalizione per il Sahel, si è deciso il ritiro della Operazione TAKUBA, iniziativa multinazionale per l’addestramento delle forze speciali maliane, a cui prendevamo parte con alcuni nostri assetti.

Ad occidente della fascia del Sahel troviamo l’area del Golfo di Guinea, in cui, vista anche la presenza di rilevanti interessi (commerciali ed energetici) nazionali, viene confermata l’operazione navale “GABINIA”, con un assetto della nostra Marina Militare in funzione anti-pirateria, che si integra nel dispositivo operante nell’ambito della Presenza Coordinata Marittima dell’Unione Europea.

Ho preferito fornire informazioni generali senza addentrarmi eccessivamente in dettagli tecnici, cercando invece di enfatizzare l’ampia portata del quadro di insieme, la visione strategica che c’è alla base di questa programmazione e la capacità della Difesa italiana di poter operare, partendo dalle peculiarità militari, in un ambito più esteso, caratterizzato da connessioni interagenzia, tutte rivolte alla tutela degli interessi nazionali e al consolidamento del ruolo dell’Italia nella Comunità Internazionale e nelle Organizzazioni Internazionali delle quali è autorevole membro.
La Difesa italiana dimostra di saper agire con efficacia, rapidità e credibilità, pur operando in contesti caratterizzati da rapida mutevolezza e sistemica incertezza.

Un’autorevolezza, quella italiana, che, supportata dalla professionalità e dalle capacità delle nostre Forze Armate, permette all’Italia di assumere ruoli di primissimo piano anche nell’ambito di importanti missioni internazionali, in contesti delicati e imprevedibili.
Il compito dei nostri militari, arduo e motivante al tempo stesso, eseguito con successo grazie alla passione e alla preparazione, potrà risultare più agevole, se supportato da una ampia base di consenso politico.
Negli anni passati, la delibera missioni è sempre stata approvata a larga maggioranza e, pertanto, una parte di merito degli apprezzamenti e degli attestati di stima che le nostre Forze Armate hanno riscosso è anche di chi ha creduto alla prospettiva strategica di un ruolo internazionale che il nostro Paese deve avere”.

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