Autonomie regionali, default della sanità pubblica e ritorno del “grande nord”

La “guerra” tra Governo e Opposizioni emerge dal campo di battaglia delle riforme istituzionali, tema dibattuto da ieri tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i suoi Ministri e le forze  della minoranza parlamentare.

Obiettivi principali: cambiare l’Italia e modificare la Carta Costituzionale, introducendo sia il presidenzialismo sia  le autonomie regionali differenziate. Temi scottanti e che destano perplessità e preoccupazione soprattutto per le autonomie differenziate delle Regioni, che rischiano di disunire in modo iniquo  il Paese.

Le Regioni, infatti, incassano il gettito erariale prodotto dai contribuenti e in parte lo versano nelle casse dello Stato, che utilizza queste risorse per finanziare prevalentemente la spesa pubblica e in particolare la Sanità. Pertanto, con il DDL Calderoli  l’attività di depotenziamento delle risorse erariali versate dalle Regioni alle casse dello Stato, soprattutto per quanto riguarda IVA e IRAP, con una percentuale di somme trattenute e non versate molto più elevata di quella attuale e il trasferimento di alcuni poteri dall’Autorita’ centrale dello Stato ai Presidenti delle Regioni, di fatto sembrerebbe essere una decisione già concordata tra i Ministeri interessati e i Presidenti delle Regioni. Non si conosce con ufficialità l’entità della percentuale dei  versamenti erariali che ciascuna Regione potrebbe trattenere, ma si dice che in alcuni casi le somme trattenute potrebbero essere pari al 90% degli importi erariali  incassati. In questo modo si  sottraggono somme importanti alle casse dello Stato che le utilizza per il finanziamento dei servizi essenziali.

L’autonomia regionale differenziata imprimerà, ad esempio, un duro colpo sopratutto al Servizio Sanitario Nazionale, che  lo Stato Centrale sostiene con risorse finanziarie provenienti dall’erario e che a loro volta le Regioni incassano e versano parzialmente nelle sue casse. Si pensi che dalle somme derivanti dai versamenti regionali dell’IVA, lo Stato recupera il 70% dei fondi destinati al finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale.

Il bilancio dello Stato, quindi, finanzia l’assistenza sanitaria non coperta da altre fonti di finanziamento, soprattutto attraverso la compartecipazione all’imposta sul valore aggiunto (IVA) destinata alle Regioni a statuto ordinario. La compartecipazione IVA avviene in base alla territorialità della fiscalizzazione dei trasferimenti statali e dell’istituzione dei fondi perequativi.

Il sistema di finanziamento delle Regioni a statuto speciale prevede che, attraverso le entrate fiscali, che queste ricevono sotto forma di compartecipazioni ai tributi erariali (le cui quote sono stabilite negli statuti speciali e nelle norme di attuazione), devono provvedere al finanziamento integrale dell’esercizio delle funzioni attribuitegli dallo Statuto Speciale e dalle norme di attuazione. La Regione Valle d’Aosta, le Province Autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell’articolo 34, comma 3 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 ,  la Regione Friuli Venezia Giulia – ai sensi dell’articoli 1, comma 144 della legge 662/1996e la Regione Sardegna – ai sensi dell’articolo 1, comma 836 della legge 296/2006 provvedono  al finanziamento del rispettivo fabbisogno sanitario senza alcun apporto a carico del Bilancio dello Stato. Per la Regione siciliana, invece, ai sensi della legge 296/2006  articolo 1 comma 830, l’aliquota di partecipazione alla spesa sanitaria è fissata nella misura del 49,11.

La proposta del DDL del Ministro Calderoli e’ contestata da moltissimi Sindaci di vari Comuni italiani, compresi quelli di alcuni Primi Cittadini appartenenti al Centrodestra, perché affida alle Regioni  la gestione delle principali risorse erariali, in particolare IVA e IRAP, ma non è di alcun sostegno per i Comuni. Rimpingua, viceversa, le Amministrazioni Regionali, in proporzione al gettito erariale, creando inevitabilmente un grave gap di risorse tra le Regioni più ricche del Nord , dove i versamenti dei contribuenti sono ovviamente maggiori perché maggiore è la ricchezza e il benessere, e quelle più povere del Sud, dove, invece, il reddito è spesso molto al di sotto del minimo legale e dove c’è un crescente abuso del lavoro nero.

Occorre tenere presente che il gettito di risorse nei confronti dello Stato e proveniente anche solo dal versamento dell’IVA, verrebbe da alcune Regioni del Nord trattenuto sino al 90%, sottraendo fondi alla Sanità pubblica che, per il 70%, provengono proprio dai  versamenti dell’IVA. Non v’è dubbio che un provvedimento di tale  natura,  peggiorerà nelle Regioni l’assistenza erogata dal SSN, mentre conferirà più fondi alle Regioni per far nascere nuove strutture sanitarie a vantaggio dei privati e alle quali i cittadini saranno costretti a rivolgersi per prestazioni a pagamento, visti i tempi di attesa e la carenza dei servizi a cui andrà incontro il SSN.

Italia, dunque, divisa e iniquamente disunita e secondo alcune Associazioni esperte del settore, dietro la proposta di Calderoli,  con l’autonomia delle singole Regioni Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna, si celerebbe il progetto di creare il famoso “Grande Nord” vaneggiato nei primi anni della Lega Nord da Umberto Bossi. Il tutto si tradurrà in un aumento ancora più marcato delle diseguaglianze tra il Nord e il Centro Sud Italia, aggravando l’atavica assenza di infrastrutture sanitarie e accentuando i disagi per la popolazione che vive in condizioni di povertà assoluta, relativa, educativa ed ereditaria, fenomeni concentrati maggiormente nel meridione d’Italia.

Al termine di un incontro tra Istituzioni e società civile, che si è svolto lunedì 8 maggio nella Sala Capitolare del Senato su iniziativa della Vicepresidente  del Senato,  Mariolina Castellone,  presenti personalità del mondo politico, sindacale, associazionistico,  dell’Universita’ , ha preso la parola la Senatrice che tra le altre cose ha dichiarato:  “Ringrazio tutti quelli che ieri hanno partecipato in Senato all’incontro che ho fortemente voluto, per creare una rete tra istituzioni, sindacati, associazioni e società civile, contro lo scellerato progetto di autonomia differenziata che, così come concepita dal disegno di legge Calderoli, rappresenta un vero attentato alla nostra Costituzione e all’unita’ nazionale. Questo disegno di legge inoltre tradisce l’obiettivo primario del PNRR, che poi coincide con il motivo stesso per cui siamo riusciti ad ottenere così tanti fondi: Colmare i divari esistenti. Non solo tra Nord e Sud, ma anche tra le diverse aree delle regioni tutte; penso per esempio alle differenze tra aree urbane ed aree interne”.

Ad oggi – precisa Castellone – la differenza di spesa storica tra un cittadino del Nord ed uno del Sud è stata stimata da Svimez in circa 4mila euro in meno all’anno. Vuol dire 4mila euro spesi in meno in servizi pubblici, tra cui scuola e sanità. Le conseguenze negative del regionalismo d’altronde ci sono state mostrate in maniera evidente dalla pandemia, che ha messo in luce come la coesistenza di 20 sistemi regionali diversi sia difficile da gestire”.

Il disegno di legge Calderoli – sottolinea –  presenta molte altre criticità rilevanti: innanzitutto non definisce gli ambiti delle autonomie, estendendo la possibilità per le regioni di gestire autonomamente fino a 23 materie; affida la definizione dei Lep ad una cabina di regia di nomina governativa ma non stanzia nemmeno un euro per garantire i Lep su tutto il territorio nazionale; riduce il Parlamento ad un ruolo decorativo”. 

Dall’incontro di lunedì – ha sottolineato la  Senatrice Castellone – sono nate proposte concrete, che consentono di portare avanti un percorso collettivo che faccia da ponte tra istituzioni e cittadini:

▪️coinvolgere i sindaci

▪️scendere in piazza insieme ai sindacati e alle associazioni

▪️trasferire le osservazioni di questo dibattito in commissione affari costituzionali al senato dove proporremo di audire chi ha chiesto di essere ascoltato in questo incontro

▪️preparare gli emendamenti per modificare la legge Calderoli

▪️chiedere di incardinare la legge di iniziativa popolare, che ha superato le 50.000 firme, per ampliare la discussione parlamentare”

Conclude con questo appello ai numerosi partecipanti la Vicepresidente del Senato,  che abbiamo intervistato brevemente alla fine dell’incontro con la società civile: “ Non ci disuniamo. Resistiamo”.

Di seguito l‘intervista.

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