“Biberon al piombo” di Saccuman: scrivere un futuro senza metalli aggiunti

Una black list lunga oltre 100 pagine per andare alla scoperta, uno dopo l’altro, di neurotossici e interferenti endocrini e tirare su un prontuario che salvi i nostri bambini. Questo fa “Un Biberon al piombo” di Maria Cristina Saccuman (Sironi editore) illustrando le cause e mostrando gli effetti della dilagante presenza dei metalli nei nostri consumi, a partire dalla nascita.

Neurotossici e interferenti endocrini sin dai primi vagiti

Neurotossici e interferenti endocrini sfuggono dai nostri consumi: auto e oggetti. Sono emessi dalle falde cittadine come dai ghiacciai sulla Terra, dai beni di consumo lasciati all’angolo della strada, incautamente. E accade, come la Saccuman ribadisce in più momenti nel testo, che vengono a contatto con i bebè ancor prima che essi nascano, nel nutrimento dalla madre durante la gestazione.

Con quali conseguenze? Queste sostanze, in pratica, vanno ad intaccare il funzionamento delle sinapsi nel cervello, alla base, per essere riduttivi, di tutto, e, poi, degli ormoni. E, meno indirettamente di quanto si pensi, della crescita: corpo e intelletto. Con conseguenze irreversibili, anche quando silenziose: dai disturbi della concentrazione a quelli cronici dell’apprendimento fino alla minorazione fisica.

biberon al piombo_maria cristina saccuman (foto dal web)I dati, i casi: da Barbie e al disastro di Minamata

A dimostrazione del quadro che definisce con il suo libro, Saccuman porta al lettore dati e casi. C’è Mattel, casa madre di Barbie, che nel 2007 invia dalla Cina nel mondo milioni di pezzi dipinti con vernice che possiede piombo in quantità 180 volte superiore a quella consentita. C’è Duport di Deepwater, nel New Jersey, USA, azienda produttrice di tetraetile (uno dei composti della benzina), che avvelena, nel 1926, i suoi operai, dando la morte a 15 uomini e la psicopatia a circa 300 lavoratori. Si cita il disastro compiuto a Minamata, in Giappone, attraverso il rilascio di metilmercurio nelle acque reflue dell’industria chimica Chisso Corporation, dal 1932 al 1968. In Europa, la coltre giallastra che copre Londra nel 1952 e la Caffaro di Brescia.

Si legge su Minimata. “ Una ricerca del 2001 ha stimato che fino a 2 milioni di persone hanno ingerito abbastanza mercurio da avere sintomi come mal di testa, perdita dell’udito e della sensibilità delle mani, e incapacità di distinguere il freddo dal caldo. Il pesce e i molluschi della baia sono stati dichiarati adatti al consumo umano nel 1997. I livelli di mercurio nelle acque della baia di Minamata sono tornati a livelli trascurabili nel 2009…”.

Cosa stiamo mangiando? Cosa respiriamo?

Al termine della lettura, quando l’ansia di controllare qualunque etichetta – non lo si può negare – un po’ prende, resta il concetto più importante: farsi delle domande su quello che stiamo usando o mangiando o respirando. Dal bambino lasciato giocare per strada ad altezza tubo di scappamento, al vecchio contadino che incendia le sue foglie con qualche rottame fermo ad arrugginirsi da un po’ in cantina. Dalla donna incinta che si fida di un cosmetico, alla mamma che sceglie un giocattolo perché il marchio è garantito da uno spot con un testimonial noto.

Ad aggravare il tutto – questa un’altra grande questione nel testo – c’è la povertà globale che porta a consumi di scarto, case di seconda fattura, scuole di terzo ordine, costumi applicati per pura necessità. Perché qui e lì nel volume è ben ribadito il concetto che gli studi delle grandi università o dei grandi ricercatori scientifici, dal primo Novecento ad oggi, dimostrano che neurotossici e interferenti endocrini si attaccano di più ai poveri nel mondo, che vengono debilitati per restare più poveri, in una catena suicida in cui l’umanità sta rischiando di implodere.

Tutti insieme possiamo scrivere un cambiamento

Alle madri, ai padri, agli adulti, ai grandi industriali senza scrupoli, alle grandi case produttrici di tutto il pianeta spetta adesso di fare in modo che il biberon nutra, senza distruggere. Basta sapere e credere che tutti, nessuno escluso, possono e devono fare qualcosa per migliorare le condizioni dei futuri abitanti della Terra. Che siano i nostri figli, i nipoti, i ragazzini che ridono giocando al parchetto sotto casa. Tutti i bambini hanno nello stesso modo diritto ad avere un futuro. Senza piombo, ovviamente.

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