C’è una strategia ben precisa dietro il divieto di utilizzare le criptovalute in Cina

L’annuncio della Banca Centrale Cinese di bandire le transazioni in criptovalute, benché non del tutto inaspettato – erano state, infatti, numerose le prese di posizioni governative sfavorevoli all’uso di questi strumenti finanziari – merita di essere sottolineato per almeno due distinti motivi.

Non può, innanzitutto sfuggire la sua valenza sul piano interno, quale “segnale forte”, indirizzato al mercato in un momento certamente complesso per l’economia cinese, alle prese con un rilancio probabilmente più graduale di quanto ci si aspettava (la crescita del PIL a due cifre è ormai un ricordo da archiviare) e con alcune turbolenze speculative, di cui il probabile, prossimo default della società immobiliare Evergrande costituisce solo uno degli aspetti finora emersi.

Una valenza che ha, comunque, un suo riflesso importante anche sul piano internazionale per l’effetto di rassicurazione contenuto in questa misura indirizzato verso gli investitori stranieri, sicuramente turbati dalla gestione della vicenda Evergrande e altrettanto preoccupati dallo scoppio di una bolla immobiliare, che, a breve, potrebbe travolgere altre società cinesi operanti in questo specifico settore.

C’è, poi, una seconda valenza non meno significativa da attribuire a questo annuncio, legata al crescente ruolo internazionale del gigante asiatico. Un ruolo che negli ultimi mesi ha registrato, sia accordi  di cooperazione economica di particolare importanza nell’area del Pacifico, sia la prosecuzione di una politica commerciale particolarmente aggressiva nel bacino del Mediterraneo.

Bandire le transazioni private in criptovaluta significa, infatti, spianare definitivamente la strada allo sviluppo e alla realizzazione di una criptovaluta ufficiale gestita dalle autorità monetarie cinesi . E’ noto che gli studi progettuali per una criptovaluta in  remimbi sono in fase molto avanzata (se ne attende l’annuncio ufficiale per il prossimo anno).

Un passaggio decisamente importante per il rafforzamento del peso della Cina sui mercati finanziari internazionali. Ma anche, realmente, un guanto di sfida lanciato, sia agli Stati Uniti, sia all’Europa, che, sia pure orientati da tempo nella direzione di un uso ufficiale delle criptovalute emesse dalle Banche Centrali, appaiono, al momento, in notevole ritardo rispetto al competitor asiatico.

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