Concordia (foto Adnkronos)

Concordia: 10 anni dopo. L’Italia non lascia la nave

Il 13 gennaio 2012 l’Italia ha assistito ad immagini entrate drasticamente nei libri di storia. Dieci anni fa, alle ore 21:45, la nave da Crociera Concordia, avvicinandosi troppo alla costa per eseguire il così chiamato “inchino” – saluto all’isola –  ha urtato gli scogli presso l’Isola del Giglio, provocando una falla di circa 70 metri. La nave si inclinò sul fianco destro e una parte rimase sommersa e quello che doveva essere un momento di serenità, si è trasformato in una tragedia.

Come ogni crociera che si rispetti, su quella nave erano salite famiglie, giovani coppie, amici, padri, madri, figli, uomini di affari, persone che avevano bisogno di una pausa. Ore di sorrisi finiti in mare e con le loro speranze, anche 32 vite.

Dietro ogni drammatico evento c’è sempre motivo di indignazione e questo sentimento, dieci anni fa così come oggi, ha un nome e un cognome: Francesco Schettino, il Comandante della nave “Concordia”.

Il Comandante che “non” lascia la nave per ultimo. Addio Concordia

Il Codice della navigazione prevede che: “…il Comandante deve abbandonare la nave per ultimo, provvedendo in quanto possibile a salvare le carte e i libri di bordo, e gli oggetti di valore affidati alla sua custodia…Deve essere l’ultimo ad abbandonare la propria nave e il mancato rispetto di tale obbligo viene sanzionato penalmente…”

La sera dell’incidente Schettino viene contattato vis radio dalla Capitaneria di Porto di Livorno e  al Capitano di Fregata, Gregorio De Falco, riferisce di aver lasciato la nave con una scialuppa – ma, in realtà, al momento della chiamata Schettino si trovava già a terra.

De Falco, durante la telefonata dell’1:46, intima al Comandante di tornare immediatamente a bordo e di prestare soccorso ai passeggeri e all’equipaggio, pronunciando queste parole:

“Ascolti Schettino. Ci sono persone intrappolate a bordo. Adesso lei va con la sua scialuppa sotto la prua della nave…va a bordo e mi riporta quante persone ci sono. Le è chiaro? Io sto registrando questa comunicazione, Comandante Schettino…”

Centinaia di video ci hanno ricordato, negli anni che sono seguiti, quanto avvenuto in quei drammatici momenti, mostrandoci la triste immagine di chi, senza esitare, anziché prestare soccorso, ha disonorevolmente preferito salvare la propria pelle. Ma di certo non la faccia! Ciò che seguì di quelle giornate fu un calvario mediatico. Famiglie distrutte per la perdita dei propri cari e tanta, tanta rabbia. Sciacalli, scatti di gente sorridente di fronte a una nave che ha segnato, in qualche modo, la nostra storia. La Concordia nel mare non era una scultura da fotografare, ma una storia da dimenticare in fretta.

 

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Francesco Schettino: il processo

Il Comandante Schettino e con lui il Primo Ufficiale di Coperta, Ciro Ambrosio, sono stati arrestati per naufragio, omicidio colposo e abbandono di nave in pericolo. Dal giorno dell’incidente al 10 aprile 2012, il Comandante ha trascorso una settimana in carcere e poi è stato lasciato agli arresti domiciliari.

Nel 2015 la Procura ha chiesto per Schettino 26 anni di carcere, l’11 febbraio dello stesso anno, venne condannato a 16 anni di reclusione (10 per omicidio plurimo colposo, 5 per naufragio, uno per abbandono della nave).

Sedici anni non sono mai abbastanza per ripagare una singola vita. Non è stata la Concordia a salutare l’isola, ma è l’Italia intera che, oggi come allora, ssi inchina” di fronte alla tragica perdita di 32 vite che potevano e dovevano essere salvate.

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