Dopo alcuni preoccupanti segnali premonitori, la scorsa settimana, Celsius, la piattaforma statunitense considerata il primo conto di deposito mondiale di criprovalute con un vasto bacino di clientela (circa 2 milioni), si è vista costretta a presentare i libri in tribunale per avviare la procedura fallimentare.
Continua, dunque, la catena di difficoltà per le piattaforme decentralizzate di gestione del risparmio che nelle ultime settimane hanno registrato i casi problematici della canadese Voyager, della singaporiana Vauld, del fondo hefge Three Arrows Capital, non dimenticando, naturalmente, il precedente, ma pur sempre recente, crack dalle dimensioni rilevanti (60 miliardi di dollari) di Luna.
Al di là delle polemiche che stanno caratterizzando la vicenda Celsius, accusata di aver privilegiato nella restituzione delle somme i grandi creditori rispetto ai piccoli risparmiatori, questo nuovo episodio di patologia finanziaria rinnova le preoccupazioni più volte manifestate dalle Autorità di Vigilanza dei mercati finanziari.
Ormai, è accertato che l’assenza di specifici vincoli di regolamentazione ha contribuito ad una crescita incontrollata del settore delle piattaforme decentralizzate (defi), tanto da potersi parlare di una autentica “bolla defi”, alimentata dall’afflusso di risparmi provenienti da risparmiatori, attratti esclusivamente dagli alti tassi di remunerazione, soprattutto in un periodo, come quello ancora recente, di tassi di mercato prossimi allo zero, se non addirittura negativi. A fronte di questo massiccio afflusso di denaro fresco, purtroppo, non è stato raro il caso di gestori che hanno applicato dei facsimile di “schema Ponzi”; in altri termini, corrispondendo, finché è stato possibile, delle somme in conto interessi ai precedenti clienti, attingendo direttamente dalle somme versate dai nuovi incauti risparmiatori.
Oltre a questo fondamentale elemento di mala gestio, un secondo elemento di vulnerabilità delle piattaforme decentralizzate va individuato nei furti a cui sono soggette. Secondo il recente “The Chainanalysis State of Web3 report”, le piattaforme si prestano più facilmente ai tentativi di furto ; al punto che, secondo questo documento, nel 2022 la quasi totalità (97%) degli 1,68 miliardi dollari rubati nella criptosfera si può far risalire a violazioni dei protocolli defi. Un fenomeno, che si accompagna a quello, altrettanto allarmante, delle operazioni di riciclaggio di denaro sporco, rese più semplici dalle caratteristiche di anonimato che contraddistinguono le transazioni tramite blockchain.
Due aspetti inquietanti del mondo delle criptoattività, che non possono essere sottovalutati e che rendono ancor più rilevante il rischio sistemico legato allo sviluppo incontrollato di queste piattaforme, richiedendo, in definitiva, sempre più urgentemente, un vigoroso e indifferibile intervento delle Autorità di Vigilanza su entrambe le sponde dell’Atlantico.
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