Cucchi non è morto per le botte. Questa la difesa di Di Bernardo

L’avvocato Antonella De Benedictis, difensore del carabiniere Alessio Di Bernardo, in aula al processo di Appello in cui è imputato di omicidio preterintenzionale per il pestaggio di Stefano Cucchi, morto nel 2009, ha dichiarato:  “Nessuno nega che ci sia stato un pestaggio, ma non è stato così violento. Stefano Cucchi non è stato ucciso per i ceffoni o pugni. Le persone che lo hanno lasciato morire sono stati i medici attraverso negligenze ed omissioni, chi ha sbagliato ha pagato penalmente e civilmente con un risarcimento”. 

“Dire che Di Bernardo lo ha massacrato di botte non è giusto. Ci sono stati degli schiaffi e forse una spinta che ha fatto cadere Cucchi. Chi lo ha fatto ha sbagliato e deve pagare, ma non è stato un violento pestaggio. Di Bernardo è una brava persona, un padre di famiglia, un carabiniere pluridecorato: nessuno ha ucciso di botte Cucchi”.

Per Di Bernardo, il PG Roberto Cavallone ha chiesto una condanna a 13 anni di carcere così come per Raffaele D’Alessandro (in primo grado condannati a 12 anni), e a 4 anni e 6 mesi per il maresciallo Roberto Mandolini (3 anni e sei in primo grado) accusato di falso. Chiesta l’assoluzione, sempre per falso, per Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto luce su quanto avvenuto nella caserma Casilina la notte dell’arresto.

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