Dal Consiglio dell’Unione Europea nuova bocciatura per 9 Paesi in tema di cooperazione fiscale

Le difficoltà economiche legate alla diffusione della Pandemia da Covid’19, gli strappi inflazionistici registrati negli ultimi mesi, le possibili ripercussioni economiche del conflitto russo – ucraino stanno facendo da sfondo alla riconsiderazione della politica economica dell’Unione Europea.

Uno scenario, in cui andranno ad iscriversi anche la fissazione di un nuovo Patto di Stabilità e un’attenzione maggiore agli aspetti di armonizzazione finanziaria e fiscale per tentare di sanare, o, comunque, contenere diseguaglianze normative e regolamentari in grado di favorire indesiderati comportamenti di operatori alla ricerca di opportunità di investimento.

Rientra a pieno titolo in questa prospettiva la politica di cooperazione fiscale, ormai, da tempo avviata anche all’interno dell’Unione Europea e che presta particolare attenzione alle prassi adottare in campo tributario, sia all’interno del perimetro dell’Unione, sia al suo esterno.

Su questo secondo versante, frutto di questa attenzione è la pubblicazione periodica di una lista di Paesi che non ottemperano alle richieste di aprire dei canali di dialogo permanenti, indispensabili per risolvere le problematiche in campo fiscale. Una lista, compilata a cura del Consiglio dell’Unione Europea, la prima volta è stata nel 2017 e che prevede aggiornamenti periodici due volte l’anno. Nella sua ultima versione questa lista annovera 9 Stati: Samoa americane, Figi, Guam, Palau, Panama, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Vergini degli Stati Uniti e Vanuatu.

Ciò che accomuna queste realtà nazionali è, come si diceva, la mancanza di dialogo con l’Unione Europea in materia di governance fiscale e il mancato rispetto di impegni finalizzati a realizzare le riforme frutto di una adeguata compliance tributaria: dalla buona governance fiscale, alla trasparenza fiscale, all’equa imposizione tributaria, alle misure per prevenire l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili realizzati.

Detto che la “black list” europea in campo fiscale si aggiunge a quella analoga stilata in sede OCSE, a completamento di questo quadro e con particolare riferimento al nostro Paese, va ricordato che in Italia, oltre a questi due strumenti internazionali, sono previste altre due liste: la prima è un elenco delle giurisdizioni nazionali collaborative, quindi considerate virtuose, istituita già da alcuni anni (nel 1996); l’altra, che risale alla fine del secolo scorso è una “black list” di persone fisiche, che inverte l’onere della prova fiscale per chi risiede in giurisdizioni giudicate “opache”, secondo i parametri della compliance tributaria.

 

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