(fonte INGV) – Uno studio, frutto della collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’Università di Bologna e il Ministero dello Sviluppo Economico, presenta i risultati dell’analisi di dati GPS acquisiti dalle stazioni permanenti installate lungo la costa adriatica e sulle piattaforme petrolifere in mare dell’ENI S.p.A. Il lavoro, Geopositioning time series from offshore platforms in the Adriatic Sea, appena pubblicato sulla rivista Scientific Data di Nature, ha permesso di misurare la deformazione del suolo lungo la linea di costa e del fondale marino nell’area del Mar Adriatico Settentrionale rendendo liberamente fruibili i dati a tutta la comunità scientifica. Le attività di ricerca sono state svolte nell’ambito del progetto ‘Subsidenze’ del programma “Clypea – Innovation Network for future Energy“, finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico.
“L’insieme dei dati elaborati”, spiega Mimmo Palano, ricercatore dell’Osservatorio Etneo dell’INGV e primo autore della ricerca, “può essere considerato “eccezionale” poiché fino ad ora un database acquisito in aree off-shore così esteso non era mai stato pubblicato. I dati sono stati analizzati mediante l’utilizzo di diversi programmi di calcolo scientifico al fine di ottenere le serie temporali dello spostamento di ciascuna stazione, mettendo in luce una complessa interazione tra le fonti di deformazione regionali, quali la tettonica, e quelle locali, di origine in prevalenza antropica“.
Il dataset analizzato è stato acquisito da stazioni GPS operanti in continuo, installate in prossimità di 13 “centri di stoccaggio” situati lungo la costa adriatica e 24 piattaforme per la produzione di idrocarburi posizionate nell’Adriatico settentrionale.
“Questi dati”, prosegue Giuseppe Pezzo, ricercatore dell’Osservatorio Nazionale Terremoti (ONT) dell’INGV e responsabile del progetto, “sono di fondamentale importanza per migliorare e promuovere ulteriori studi in contesti costieri e marini dove sussistano diversi processi naturali e antropici che contribuiscono alle deformazioni del suolo. In particolare, saranno fondamentali nei prossimi anni per effettuare degli studi sulla dinamica della linea costiera e sul relativo impatto sulle attività umane e sugli ecosistemi naturali. Inoltre questi dati ci permetteranno sia di effettuare un monitoraggio, sia di sviluppare modelli previsionali di subsidenza. Infine”, conclude il ricercatore, “i dati contribuiranno agli studi sulla tettonica dell’area adriatica con particolare attenzione alla valutazione della pericolosità sismica”.
(fonte I.N.G.V.)