Ora sarebbe il momento del Governo dei “migliori”

Continua la bagarre politica  per le elezioni del 25 settembre e a cui saranno chiamati a votare tutti gli italiani aventi diritto. Si assiste, tuttavia, ad una campagna elettorale con la maggior parte dei candidati che sino ad oggi non sono riusciti a illustrare agli elettori i dettagli del programma politico della coalizione alla quale appartengono e soprattutto non hanno ancora detto in che modo intendano affrontare e soprattutto risolvere le criticità che in questo momento affliggono gravemente le famiglie degli italiani onesti.

Gli unici temi trasversali  a tutti i Partiti politici, sino a oggi, sono: in primis la scelta del candidato alla Presidenza del Consiglio da suggerire al Capo dello Stato e a seguire quello legato all’adozione di misure definite unanimamente  urgenti da tutti i leader politici, per poter arginare il carovita dovuto, solo apparentemente,  agli effetti delle sanzioni nei confronti della Russia, ma ben sapendo che  le origini della crisi economica affondano le loro radici molto prima del conflitto tra Ucraina e Russia.

I primi segnali, infatti, erano stati già ampiamente e insistentemente messi in luce dagli analisti, dalle industrie, dal commercio e dalle organizzazioni sindacali ancor prima del biennio pandemico. Quest’ultimo, proprio in virtù dell’adozione di sostegni urgenti adottati dal Governo per tamponare l’emergenza sanitaria e conseguentemente quella economica,  ha fatto dimenticare, si fa’ per dire, quella che si stava connotando come un’emergenza economica e sociale in crescita e tra le più gravi che hanno interessato l’intero Paese.

Un ulteriore elemento di distrazione dai pregressi segnali di crisi economica è stato il PNRR. Queste risorse, miracolosamente messe a disposizione dall’Unione Europa e acquisite in primis dal Governo Conte due e abilmente gestite successivamente dal Governo di Mario Draghi, negli ultimi tempi hanno metaforicamente anestetizzato i dolori di una crisi economica e sociale che stava, comunque, danneggiando da tempo una parte consistente del sistema economico produttivo nazionale, aggravando lo stato di povertà estrema degli italiani che, secondo alcune stime, oggi ammonta a circa 12 milioni di persone.

La crisi di Governo voluta dal M5S e da tutto il Centrodestra è inequivocabilmente intervenuta  nel momento peggiore dal punto di vista economico e sociale,  ma in quello migliore dal punto di vista di chi, come il Centrodestra, poteva approfittare della situazione per ottenere facilmente un via libera per l’accesso a Palazzo Chigi e quindi per poter occupare le poltrone dell’Esecutivo che, per molti anni,  sono state occupate dai rappresentanti della coalizione avversa.

Una crisi di Governo, dunque,  dettata indiscutibilmente dalla legittima opportunità politica, ma che, certamente, si poteva e si doveva evitare,  tenuto conto che mancavano solo otto mesi alla fine naturale della legislatura e ben sapendo delle difficoltà a cui il Paese sarebbe andato incontro una volta privato di un Esecutivo con i pieni poteri. Difficoltà talemente insormontabili che alcuni  leader, pur se appartenenti a poli diversi, si sono dichiarati  congiuntamente disponibili a fermare la campagna elettorale pur di mettersi intorno un tavolo e trovare delle soluzioni comuni da proporre al Premier Draghi.

Di certo lascia sconcertati  il dover assistere che proprio coloro che hanno costretto il Premier  alle dimissioni pur votando la fiducia, oggi gli chiedano  di far valere la propria autorevolezza in Europa e gli chiedano al tempo stesso  di adottare urgentemente ulteriori misure per arginare l’aggravarsi della crisi economica. Costoro ignorano o dimenticano o fanno  finta di fare entrambe le cose, che il Governo ha già adottato, nei mesi scorsi, una serie di misure di sostegno anticrisi per un importo pari a circa 50 miliardi di euro. Una richiesta mossa dalla disperazione e dal timore di restare invischiati in una vicenda da cui potrebbe essere difficile uscirne indenni e  che da’ il metro della pochezza del “sapere politico” e dell’incapacità di gestire la cosa pubblica.

Una richiesta di aiuto sconcertante e assurda,  rivolta ad un Premier che poco più di un mese fa hanno delegittimato, depotenziandone i poteri e rompendo l’accordo di unità nazionale che era il presupposto in base al quale aveva accettato l’incarico conferitogli dal Presidente della Repubblica.

Quindi, è chiaro e inequivocabile che non vale la giustificazione che, rispetto alla richiesta di aiuto,  taluni Partiti  avanzano attribuendo a Mario Draghi  la responsabilità di quanto sta accadendo e di aver aperto una crisi di Governo  pur avendo una maggioranza parlamentare. Quella maggioranza di cui oggi si fanno scudo quei Partiti che lo hanno costretto ad andarsene, infatti, non è più quella che Draghi  aveva scrupolosamente costruito prima di accettare l’incarico e che costituiva il presupposto fondamentale per il prosieguo del suo mandato.

Dunque, alla luce di queste premesse, l’elettorato composto dai cittadini italiani, per una alta percentuale di votanti, è oggi confuso, deluso, disorientato. Il dato che preoccupa di più  è la crescita dell’elettorato che non sa per cosa e per chi votare e che rischia, con la sua astensione,  che venga eletto un Governo che a mala pena supererà il 50% degli elettori che hanno il diritto di voto e che, pertanto, sarà per l’ennesima volta politicamente  scarsamente rappresentativo dell’intero paese.

“Mala tempora currunt” e allora andiamo a vedere nel dettaglio cosa dicono i sondaggi sulle preferenze degli italiani con i dati di Alessandra Ghisleri di Euromedia Research.

Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni è sempre il primo partito con il 24,6% dei consensi davanti al Pd con il 23,1%.
La Lega di Matteo Salvini è data al 12,5%, e deve guardarsi dal colpo di reni del Movimento 5 Stelle che guadagna nell’ultima settimana il 3,1 per cento e tocca quota 12,3.

Si consolida il Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi.
Si registra un testa a testa tra Forza Italia di Silvio Berlusconi (7.0%) e Azione-ItaliaViva (7,4%), con quest’ultima – secondo Ghisleri – maggiormente rinvigorita di fronte ad un partito, quello di Forza Italia, che deve affrontare una campagna elettorale da outsider di coalizione“.
Buoni segnali per Italexit si Gianluigi Paragone, a due decimi dalla soglia del tre per cento.

“Ci sono segnali di disorientamento – segnala Ghisleri nell’intervista rilasciata a La Stampa  – anche nelle intenzioni di voto che registrano ancora il 35,4% dell’elettorato indeciso. Questa percentuale si divide tra chi non sa ancora se andrà a votare (il 23,8% degli indecisi) e chi non sa quale forza politica votare il 76,2% sempre degli indecisi”.

Su queste indicazioni – aggiunge nell’intervista  – si stima oggi un’affluenza compresa tra il 66% e il 70%. Il 51,7% degli italiani è convinto che il vincitore della prossima elezione politica sarà il Centrodestra ed effettivamente nell’analisi dei dati delle intenzioni di voto la differenza che si registra oggi tra i due principali schieramenti è di 17,4 punti percentuali“.

(Foto di SkyTg24)

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