Nei primi sette mesi e mezzo del 2023, sono state uccise 75 donne, in sostanza si tratta di un femminicidio ogni tre giorni e tanto basta a rendere continuamente superato qualsiasi monitoraggio, essendo il numero dei femminicidi drammaticamente in continua crescita.
Servono pertanto provvedimenti urgenti superando le solite lungaggini burocratiche. In realtà il Governo preso atto dell’urgenza, ha lanciato nei mesi scorsi, un appello a tutte le forze politiche del Paese affinché agevolassero l’iter parlamentare della stretta contro la violenza sulle donne, approvato dal Consiglio dei Ministri a giugno scorso. Si tratta di un disegno di legge che mira proprio ad “agire tempestivamente ed efficacemente” e che a settembre arriverà in Commissione Giustizia alla Camera.
«Siamo certi che ci sarà l’impegnò di tutti, senza distinzioni di parte, affinché diventi presto legge dello Stato», ha dichiarato la Ministra della Famiglia Eugenia Roccella.
Il bilancio dei primi mesi del 2023 è drammatico: sessanta donne su 75 secondo le statistiche sono state uccise in ambito familiare e affettivo, mentre 37 sono state uccise dal proprio partner o dall’ex.
Gli ultimi dati pubblicati dal Viminale, evidenziano che le denunce per stalking, rispetto ai primi sette mesi del 2022, sono diminuite, da 11.160 a 8607. Un dato che sta bene sia apparentemente positivo pone molti interrogativi perché alla realtà dei fatti non corrisponde l’immagine di un Paese senza violenze.
Secondo quanto annunciato dal Governo, dovrebbero essere rafforzate le misure di prevenzione, l’uso più efficace dell’ammonimento, il potenziamento del braccialetto elettronico, l’arresto in flagranza differita, la previsione di tempi rapidi e certi per la valutazione del rischio da parte dei magistrati e per l’applicazione delle misure dopo le tante condanne che l’Italia ha ricevuto per ritardi drammatici che sono costati la vita a tante donne.
Sul delicato argomento è intervenuta anche la Senatrice Mariolina Castellone, Vicepresidente del Senato e medico ricercatrice del CNR che, in occasione di una recente intervista in un programma della Rai, ha posto l’accento sulla necessità di una intensa e strutturata attività formativa emotiva e sessuale, che deve affondare le proprie radici nella scuola.
“Due mesi fa – afferma la Senatrice – mi veniva chiesto, dopo l’ennesimo efferato femminicidio, cosa fosse necessario fare per spezzare questa vile catena di violenza. La mia risposta è stata prevenire ed educare. E ne sono ancora più convinta oggi, dopo un’estate segnata da un’atroce spirale di violenza contro le donne, non ultimo l’agghiacciante caso di Palermo”.
“È necessario garantire una strutturata formazione emotiva e sessuale – precisa Mariolina Castellone – al fine dieducare gli uomini, fin da piccoli, al rispetto delle donne, alla gestione sana delle proprie emozioni, alla cultura del consenso e alla condanna di ogni tipo di violenza. E allo stesso tempo – ha aggiunto – bisogna garantire alle donne un supporto materiale che possa loro consentire di dire no, senza più voltarsi indietro e senza paura, già dopo il primo segnale di aggressività”.
“Un femminicidio ogni 3 giorni – precisa Castellone – non è un’emergenza, è una piaga sociale, un problema culturale. E non possiamo abituarci limitandoci a un “povera ragazza” esclamato dopo l’ennesima tragica notizia. La prevenzione – sottolinea – deve partire dall’ educazione nelle scuole; deve individuare i casi patologici stanziando più fondi a supporto della salute mentale e deve aiutare le donne a raggiungere una vera indipendenza sociale”.
Connesso al tema del femminicidio c’è quello preoccupante di quanto possono ripercuotersi sui figli gli effetti del delitto commesso ai danni di una madre, tanto più se l’autore del delitto è il padre.
Conoscere la situazione in cui vivono o hanno vissuto bambini e bambine rimasti orfani della madre uccisa dal padre e che sono accuditi da altri familiari, avendo nella grande maggioranza il padre in carcere, è fondamentale per fornire i sostegni necessari ai minori e capire che tipo di assistenza lo Stato può garantire loro e con quali e quante risorse intervenire.
Da qualche anno, per parlare di orfani di femminicidio si fa riferimento alla prima indagine nazionale sul fenomeno, avviata tra il 2000 e il 2014 in Italia grazie al progetto di Donne in rete. Gli aggiornamenti dell’indagine propongono però solo una stima e parlano di oltre duemila casi di bambini e bambini che hanno perso la madre perché uccisa dal padre.
Prima della sua prematura scomparsa nel 2019, Anna Costanza Baldry, criminologa e docente di psicologia sociale all’Universita’ della Campania “Luigi Vanvitelli” , li aveva definiti “orfani speciali” e nell’introduzione al volume nel quale sono stati presentati i risultati di una sua ricerca sull’argomento, Baldry si chiedeva che fine fanno, cosa sappiamo di loro, con chi sono andati a vivere, come stanno dopo due, cinque, dieci o più anni dall’assassinio della madre? Ho cercato e non ho trovato alcun dato, alcuna informazione, nessuno ne aveva mai parlato in Italia, pochissimi studi all’estero. Erano orfani inesistenti. Eppure le loro vite avranno preso delle strade, mi sono detta, ma quali? Chi si è occupato di loro? E soprattutto, come stanno adesso?
Dopo aver cercato di dare una risposta ai tanti interrogativi, la ricercatrice pubblicò l’esito del suo studio che stabili’ che erano circa 1.600 gli “orfani speciali” in Italia e ne dimostro’ l’esistenza di oltre 80mila in Europa sui quali, però, confermò che esistono pochissimi studi, rendendo così più complicata, o spesso impossibile, l’attuazione di politiche necessarie per fornire loro il sostegno e l’assistenza necessari.
Baldry scriveva che gli “orfani speciali” sono una parte della popolazione dimenticata, sottaciuta, emarginata che pare non meritarsi politiche di intervento e di protezione. Anche per quanto previsto dalla giurisprudenza nel nostro Paese, la conta e soprattutto il sostegno per i cosiddetti “orfani speciali”, ha bisogno della prova provata che la madre sia stata vittima di un omicidio di genere e purtroppo gli accertamenti delle responsabilità a carico degli assassini sono ancora troppo lenti e in alcuni casi stentano a chiarire e tanto meno provare, con inequivocabile certezza, i moventi e le modalità dell’uccisione della donna.
Ci conforta, tuttavia, sapere nel mese di febbraio 2023 è stata approvata all’unanimità dal Parlamento una Commissione bicamerale con il compito di “svolgere indagini sulle reali dimensioni, condizioni, qualità e cause del femminicidio”, definito nel documento come “l’uccisione di una donna fondata sul genere”.
In Italia esiste un Osservatorio quello della rete Nudm che è l’unico in cui è possibile monitorare pubblicamente questo tipo di dato. È auspicabilmente urgente, visto il preoccupante incremento dei casi di femminicidio, che il Governo possa realizzare in Italia quanto già attuato in Spagna dal 2004, ovvero un Osservatorio Nazionale in cui si contino non solo gli omicidi commessi da partner o ex partner della vittima, ma anche tutti quelli che hanno una componente di genere e altresì possano essere monitorati e assistiti tutti i casi di bambine e di bambine che restano privati della madre a causa di un delitto di genere.