Frodi fiscali connesse al contrabbando internazionale di prodotti petroliferi

Oggi, oltre 200 militari della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione, nelle province di Salerno, Napoli, Potenza, Roma, Chieti, L’Aquila, Mantova e Milano, ad ordinanze di misure cautelari personali e a sequestri preventivi di somme di denaro ed altri beni per oltre 128 milioni di euro, nei confronti degli indagati e delle società coinvolte in gravi frodi fiscali connesse al contrabbando internazionale di prodotti petroliferi, nonché in condotte di autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni.

Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Salerno, coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Roberto Lenza, hanno ricostruito l’attività di due distinte associazioni criminali, radicate nell’Agro nocerino-sarnese, dedite alla commercializzazione di carburante adulterato, importato da diversi Paesi esteri eludendo il pagamento delle imposte.

A partire dal 2018, gli approfondimenti della Guardia di Finanza avevano consentito il sequestro di 13 autocisterne con oltre 500.000 litri di prodotto petrolifero di contrabbando e l’arresto in flagranza di 4 soggetti.

In particolare, alla luce delle risultanze investigative, il G.I.P. del Tribunale di Nocera Inferiore ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di altri 4 promotori ed organizzatori di una delle due associazioni, per i quali è stato ravvisato il pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati, nonché emesso, nei confronti di 32 società riconducibili alle organizzazioni criminali, misure cautelari reali per oltre 128 milioni di euro, pari all’ammontare delle imposte evase (IVA, accise, IRES e IRPEF).

All’esito delle perquisizioni di questa mattina, sono stati vincolati, tra Lombardia, Abruzzo, Lazio, Campania e Basilicata, 27 veicoli commerciali utilizzati per il trasporto dei carburanti, nonché quote societarie, i compendi aziendali di 9 imprese (7 italiane e 2 estere), 2 depositi commerciali, 10 impianti di distribuzione, un’imbarcazione di lusso.

Gli accertamenti sono stati avviati verso la fine del 2017, a seguito di alcune anomalie emerse in merito ad un traffico di carburante proveniente dall’Est Europa, venduto in Italia sfruttando un meccanismo fraudolento che portava ad evitare il pagamento delle imposte dovute.

Dopo essere state sottoposte, in una base logistica in Slovenia, ad un processo di adulterazione che le rendeva idonee alla carburazione, le partite di merce venivano caricate su autocisterne dirette in Italia, scortate da documentazione fiscale del tutto falsa, che gli autisti avevano cura di distruggere non appena varcata la frontiera, sostituendola con quella di accompagnamento specificamente prevista per coprire il restante tragitto nel territorio nazionale (attestando il trasporto di gasolio per autotrazione ad imposta assolta). Cautela adottata per superare gli eventuali controlli su strada della Guardia di Finanza.

I carichi irregolari proseguivano, infine, verso un deposito petrolifero dell’hinterland milanese, hub di distribuzione attraverso il quale le partite di carburante venivano immesse tranquillamente in consumo, presso distributori all’ingrosso e tramite la rete delle cc.dd. “pompe bianche” (o “no logo”), gestite da membri delle associazioni o comunque da società clienti.

Nel porre in essere le diverse condotte fraudolente, le associazioni si avvalevano anche di società “di comodo”, il cui compito era solo quello di farsi carico dell’IVA derivante dalle vendite, senza poi adempiere ai conseguenti obblighi di versamento. Una perdita per il Fisco, quest’ultima, ancora più grave, quantificata in quasi 99 milioni di euro, tenuto conto anche dei riflessi derivanti dalla ricostruzione delle posizioni fiscali dei vari soggetti economici coinvolti.

Le “cartiere” erano inserite in un più complesso meccanismo di frode “carosello”, finalizzato all’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, che garantiva la creazione di “schermi” tra i punti di approvvigionamento del prodotto petrolifero ed i reali utilizzatori, i quali, “risparmiando” sul pagamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto, potevano poi praticare un prezzo di rivendita più competitivo.

Per avere un’idea di quanto sia stato lucroso il meccanismo messo in piedi, basta considerare che, per ogni litro di gasolio venduto ad un prezzo medio “alla pompa” di 1,50 euro, gli indagati ottenevano un indebito “risparmio” di circa 27 centesimi di IVA e 60 di accise, per un totale di quasi 90 centesimi al litro di imposta evasa.

Nel tempo, gli éscamotage sono stati anche adeguati ai mutamenti normativi nella disciplina sugli acquisti di carburante. In quell’occasione, gli associati hanno iniziato a far uso di “lettere d’intento” false, dichiarando fittiziamente il possesso della qualifica di “esportatori abituali” per continuare ad acquistare gasolio senza il pagamento dell’imposta.

Nell’ambito della presente inchiesta, le indagini patrimoniali e l’analisi delle segnalazioni per operazioni sospette pervenute dagli istituti bancari hanno consentito di monitorare i rilevanti profitti conseguiti dai sodalizi, sistematicamente trasferiti alle proprie società estere (vere e proprie “casseforti”) per impedirne la tracciabilità, ovvero reimpiegati nel territorio nazionale per l’acquisizione di quote societarie, impianti di stoccaggio e di distribuzione di prodotti energetici.

In un biennio, sono stati effettuati investimenti in depositi per oltre 3 milioni di euro. Inoltre, cinque degli indagati, reimpiegando i proventi delle attività illecite all’estero e risultando a tutti gli effetti privi di qualsiasi fonte reddituale, hanno potuto presentare la domanda per il reddito di cittadinanza.

Nonostante le difficoltà sottese al carattere transnazionale dei reati contestati, che hanno reso più insidioso l’accertamento dei fatti di frode emersi, le indagini hanno consentito di delineare un grave quadro indiziario a carico di 59 indagati e di arginare un fenomeno illecito fortemente distorsivo degli equilibri concorrenziali del mercato dei carburanti.

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