Il 17 maggio 2004 è stata istituita la Giornata internazionale contro l’omofobia, bifobia, transfobia. Ad idearla fu Louis-Georges Tin, curatore del Dictionnaire de l’homophobie ma è nel 2007 che l’Unione Europea ha ufficialmente istituito tale giornata. Seguirono nel 2009 la campagna sulla transfobia, con particolare attenzione alla violenza contro i transgender; nel 2015, si aggiunge anche la bifobia negli obiettivi della campagna.
Non mancano in questa giornata eventi, dibattiti, ma anche polemiche. Attuale quella che vede protagonista la proposta del Ministero di poter approfondire i suddetti argomenti, nelle scuole.
“Creare occasioni di approfondimento con i propri studenti sui temi legati alle discriminazioni, al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”. Questo è quanto si legge nella circolare ministeriale. In risposta, il sottosegretario all’istruzione Rossano Sasso, sostiene che questo sia solo un pretesto “alternativo” per poter portare nelle aule la propaganda gender.
Quando l’omosessualità era una malattia mentale
Il 17 maggio 1990 l’Oms ha cancellato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. In quella stessa giornata, l’omosessualità fu definita come una variante naturale del comportamento umano. Ma quanti credono che sia così? Qualche anno fa, in un celebre film di Ferzan Ozpetek “Mine Vaganti”, la mamma del protagonista gay chiede a un medico se con il tempo il figlio sarebbe guarito da questa malattia. “L’omosessualità è una caratteristica”. Questa fu la risposta che ottenne.
È facile e confortante per un genitore credere che possa trattarsi di una malattia dalla quale poter guarire, e solo per il gusto di poter vedere il proprio figlio o la propria figlia, “normali”. Che brutta parola la normalità – sempre citando il menzionato film. C’è molta strada da fare affinché la gente guardi con occhi questa caratteristica non più come una malattia.
Molto spesso, però, a tenere le redini di questo insano pensiero vi sono i nostri – e non solo – politici. La differenza sostanziale sta tra quel filo che divide il buon senso dal senso comune: un filo chiamato rispetto. Sosteniamo fermamente che l’idea di normalità non abbia bisogno di leggi, ma crediamo anche che la normalità non esista. Ma nessun politico può permettersi di puntare contro il dito al proprio popolo, nessun uomo che rappresenta altri uomini può decidere non se una LEGGE sia sbagliata, bensì se una PERSONA lo sia.