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Guerra e LGBTQ+: le transgender fermate al confine “dovete combattere”

Quello che sta succedendo in Ucraina, come definito dal Papa, è una sconfitta dell’umanità. Umanità perduta da Putin e i suoi uomini scesi in campo; umanità che ora viene persa anche in Ucraina nei confronti delle migliaia di donne trans in fuga da questa inutile guerra.

A denunciarlo tantissime associazioni LGBTQ+ soprattutto Olena Shevchenko, attivista LGBTQ+, ai microfoni della BBC. “Lunghe ed umilianti perquisizioni per stabilire se sono donne” ha dichiarato il Presidente di una di queste associazioni. Questo perchè nel passaporto i nomi sono ancora al maschile anche se moltissime di loro hanno iniziato il percorso di transizione già anni fa; “le donne transgender non possono lasciare il Paese e, dunque, non possono mettersi in salvo dalle bombe.

Il The Guardian ha raccontato la storia di Judis: dieci giorni fa ha provato a lasciare l’Ucraina, destinazione Polonia, ma dopo un “lungo e umiliante” controllo, le è stato negato l’accesso.”Le guardie di frontiera ucraine ti spogliano e ti toccano ovunque. Puoi vedere sui loro volti che si stanno chiedendo ‘cosa sei?’. Come se fossi una specie di animale o qualcosa del genere“, ha raccontato Judis. Lei è donna anche sul certificato di nascita e quindi legalmente non ci sarebbe motivo per cui non le debba essere permesso di partire con le migliaia di donne che ogni giorno attraversano i confini per mettersi in salvo e andare in guerra.

Eppure il 12 marzo verso le quattro del mattino a Judis, dopo una lunga e umiliante perquisizione, le guardie di frontiera hanno stabilito che fosse un uomo e le hanno impedito il passaggio in Polonia. Dopo l’invasione Kiev ha imposto la legge marziale e stabilito che è vietato ai cittadini uomini dai 18 ai 60 anni di lasciare il Paese; proprio a causa della legge marziale per l’Ucraina le transgender in fuga “sono uomini e per questo devono restare e se necessario combattere contro la Russia di Vladimir Putin.

La legge marziale dice che tutti i maschi sono obbligati a prestare servizio militare e scendere in guerra, quindi non possono lasciare il Paese. Tecnicamente, la legge si applica anche alle persone trans, inclusi uomini trans certificati e donne trans che non hanno cambiato i loro genere sui documenti. Ma sembra che le guardie di frontiera ucraine stiano impedendo anche alle persone trans con un certificato valido che riflette il loro nuovo genere di lasciare l’Ucraina, e nessuno sa perché” ha raccontato Olena Shevchenko.

In Ucraina, come in molte altre nazioni, cambiare il genere e il nome sul passaporto richiede un lungo processo, che coinvolge anche diverse valutazioni psichiatriche nonché di sottoporsi a “interventi medici irreversibili” e questo induce molte persone che hanno cambiato genere a non andare fino in fondo alla pratica burocratica.

Igor Medvid, coordinatore di HPLGBT associazione che lotta da anni per i diritti della comunità LGBTQ+, ha dichiarato: “La situazione è molto difficile perché la comunità Lgbt+ si sentiva emarginata e discriminata anche prima dell’inizio della guerra. Molte persone raccontano che quando hanno tentato di attraversare il confine, la Polizia di frontiera e le guardie di frontiera decidono se farle passare o meno in base al contrassegno di genere sul passaporto. E noi lo consideriamo un altro esempio di transfobia legale“. 

Stando a quanto riporta l’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, scrive sempre il Guardian, l’Ucraina è al 39esimo posto su 49 Paesi europei per il trattamento complessivo riservato alle persone LGBTQ+, considerando anche che la chiesa cristiano-ortodossa vieta i matrimoni omosessuali, illegali anche per lo Stato che considera ancora l’omosessualità un peccato e quindi non esistono leggi antidiscriminatorie a tutela della comunità.

 

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