Genova, 19 – 22 luglio 2001.
Nel capoluogo ligure è in corso la riunione del G8, presenti i Capi di Governo delle principali potenze economiche mondiali .L’obiettivo dichiarato del summit degli otto leader era “sconfiggere la povertà”. Era scritto nei comunicati ufficiali, «individuare misure atte a sostenere l’economia dei paesi più fragili secondo una strategia integrata, specie per quanto riguarda commercio e investimenti sociali».
I movimenti no- global, movimenti ambientalisti, organizzazioni non governative e le associazioni pacifiste , contrari al modello di sviluppo economico previsto, e che richiedevano la cancellazione del debito per i Paesi più poveri, danno vita a manifestazioni di dissenso, seguite da gravi tumulti di piazza, con violenti scontri tra le forze dell’ordine e manifestanti, anche per la presenza di gruppi estremisti come i Black bloc.
A protezione del G8 una serie di dispositivi di sicurezza e l ‘isolamento della cosiddetta “zona rossa”.Dalle grate alte tre metri a creare un muro di circa 8 km, alla serie enorme di container alti 5 metri posizionati sul lungomare. Tutto ciò causò dei restringimenti , data anche la particolare struttura della città ,potenzialmente pericolosi nel momento in cui in quelle strade fossero passati i cortei di manifestanti.
Piazza Alimonda ,scuola Diaz, Caserma di Bolzaneto.
Tre toponimi che richiamano alla nostra mente sirene, episodi tragici e violenti e la morte del giovane Carlo Giuliani, avvenuta proprio il 20 di luglio alle 17,30 in Piazza Alimonda. Nelle strade di Genova il livello di violenza cresceva ora dopo ora.Tafferugli ,sirene,colpi che esplodono. Uno colpisce a morte Carlo, sparato dall’arma di un carabiniere ausiliario,Mario Placanica. Poco più che ventenne, come Giuliani.
Il giorno successivo,21 luglio, ancora scontri,incidenti,violenze.Gli ospedali si riempirono di feriti.
La sera, a mezzanotte le Forze dell’Ordine irrompono nel comprensorio Diaz.
Dentro dormivano ragazze e ragazzi ,giornalisti soprattutto stranieri. L’intervento della polizia fu brutale e senza una ragione apparente.ll funzionario di polizia, Michelangelo Fournier, al processo usò l’espressione “macelleria messicana”.Uscirono dalla Diaz: 82 feriti con teste, gambe e braccia rotte.Tre feriti gravemente, una in coma.Un giornalista inglese, Mark Covell ebbe otto costole rotte, un polmone bucato, un trauma cranico e cinque denti saltati.
A Bolzaneto furono commessi atti di tortura.
E’ quanto ha stabilito la Corte Europea dei Diritti umani che ha condannato l’Italia per le azioni messe in atto dalle forze dell’ordine nella Caserma del reparto mobile di Genova e dal Gom,reparto speciale istituito nel 1997 con a capo un ex-generale del Sisde ,già protagonista di un dura operazione di repressione nel carcere di Opera.
Nella Caserma sono rinchiusi i manifestanti arrestati nei cortei e nel dormitorio della Diaz.Persone di ogni età e nazionalità.Violenze,torture, umiliazioni e minacce.Obbligati a stare in piedi, teste sbattute contro il muro, a qualcuno hanno urinato addosso a qualcuna minacciano lo stupro.
I processi dopo il G8
La ricostruzione processuale dei fatti è stata molto complessa ed è durata oltre dieci anni. Furono circa 250 i processi per lesioni comprovate da parte dalle Forze dell’Ordine che vennero archiviati perché gli agenti non erano riconoscibili. La maggior parte dei 329 arrestati nelle giornate di Genova sono poi risultati estranei ai fatti contestati o non riconducibili alle imputazioni. Sono dieci i condannati in via definitiva per devastazione e saccheggio, cui sono stati comminati oltre 98 anni di carcere in tutto.
La sospensione dei diritti democratici
Il G8 di Genova fu un disastro scaturito da sottovalutazioni colpevoli e da volontà criminali. Ma anche da errori macroscopici, a iniziare dalla scelta della città dove tenere il vertice: Genova, appunto, giudicata, ma solo a posteriori, «topograficamente inadatta alla gestione dell’ordine pubblico», come ammise poi, l’allora Ministro dell’Interno, Claudio Scajola.
”La più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”: così Amnesty international definì la gestione da parte delle Forze dell’Ordine, delle manifestazioni accadute per il G8 di Genova.