Orrore ,sgomento ,incredulità, dolore. Queste alcune delle emozioni che affollano le nostre menti e i nostri cuori,quando ci accostiamo alla più grande tragedia perpetrata nel XX secolo:la Shoah o come la definivano i leader della Germania nazista la “Soluzione Finale” ,il genocidio e la distruzione di massa degli Ebrei.
Perché il 27 gennaio è il Giorno della Memoria
Il 27 gennaio 1945 , i cancelli di Auschwitz vengono abbattuti dalla 60esima armata dell’Esercito Sovietico. Con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa, già intorno alla metà di gennaio, le SS iniziarono ad evacuare il complesso: circa 60.000 prigionieri vennero fatti spostare prima dell’arrivo dei russi. Di questi prigionieri, si stima che tra 9000 e 15000 sarebbero morti durante il tragitto, in gran parte uccisi dalle SS perché non riuscivano a reggere i ritmi incessanti della marcia. Altri prigionieri, circa 9.000, abbandonati nel complesso di campi di Auschwitz perché malati o esausti: le SS intendevano eliminarli ma non ebbero il tempo di farlo prima dell’arrivo dei sovietici. Invece le SS riuscirono ad eliminare ,quante più prove possibile dei crimini che avevano commesso, facendo esplodere diverse strutture, alcune delle quali contenevano i forni crematori industriali.
Quando le truppe sovietiche arrivarono al campo principale di Auschwitz, intorno alle tre del pomeriggio, dopo una battaglia in cui persero la vita più di 200 militari sovietici, trovarono uno scenario desolante: circa 9.000 prigionieri, i più deboli e ammalati, lasciati indietro, 600 di loro erano già morti e giacevano insieme a mucchi di altri cadaveri, abiti, scarpe, tonnellate di capelli, strumenti di tortura e di morte.Uno scenario di morte e orrore tale, che durante il Processo di Norimberga,anche alcuni dei gerarchi nazisti imputati non riuscirono a guardare i docu-film girati nei campi ,dai soldati liberatori.
La Giornata Internazionale della Commemorazione
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunitasi il 1° novembre 2005, ha proclamato ufficialmente, in occasione dei 60 anni dalla liberazione dei campi, il 27 gennaio Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto.
Ma il nostro Paese aveva già anticipato,di cinque anni,tale evento .Infatti il 20 luglio del 2000,l’ Italia approvò una legge composta da due semplici articoli.
Questa legge istituisce ogni 27 gennaio il “Giorno della Memoria”: una commemorazione pubblica non soltanto della shoah, ma anche delle leggi razziali,approvate nel periodo fascista e di tutti quegli italiani, e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati:i Rom e Sinti,i tedeschi con disabilità fisiche e mentali , i Polacchi,gli avversari politici,presunti o reali,i Testimoni di Geova,gli omosessuali e le persone considerate’asociali’.
Il “dovere di non dimenticare”
Per commemorare le vittime. Ma anche e soprattutto per il dovere di conoscere uno dei capitoli più bui della nostra storia affinché non si ripeta. È questo il significato del Giorno della Memoria: il dovere di non dimenticare . Per questo dobbiamo un grazie particolare a quei sopravvissuti che ci hanno fatto dono della loro testimonianza affrontando con coraggio e forza i ricordi dolorosi ,a volte quasi intollerabili, di quanto hanno vissuto.
Farsi memoria, avere come missione di vita quella della testimonianza, essere lì con i numeri di matricola sul braccio e gli squarci dentro, a parlare e raccontare” cosa è stato il più folle dei progetti’, lo sterminio di una ‘razza’ e quello di chi era diverso – gli omosessuali, i disabili, i rom – e di chi non la pensava come il dittatore – gli oppositori politici.
Sami Modiano, le sorelle Bucci, Edith Bruck, Piero Terracina,Liliana Segre,alcuni di loro.
Pensiamo che raccogliere il loro testimone sia un dovere per tutti noi.Per imparare a non restare indifferenti difronte ad ogni elemento di discriminazione e sopraffazione rivolto ad un altro essere umano. Perchè:
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre“.Primo Levi.