Il TAR del Lazio ha emesso una sentenza con cui ha ordinato alla Redazione della trasmissione televisiva Report di concedere l’accesso alle fonti utilizzate per realizzare un’inchiesta giornalistica sull’avvocato Andrea Mascetti, considerato vicino alla Lega e al Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana.
Andrea Mascetti potrà così accedere agli atti in possesso della redazione di Report, relativi alla puntata “Vassalli, valvassori e valvassini” del 26 ottobre 2020. In quell’episodio si indagava sugli appalti pubblici in Lombardia e tra le altre cose si citavano alcune consulenze conferite ad Andrea Mascetti da Enti Locali amministrati da esponenti della Lega. La direzione di Rai3 fa sapere di schierarsi al fianco dei suoi giornalisti: la sentenza del TAR, scrive, “è un precedente gravissimo, un attacco all’indipendenza e all’autonomia dell’informazione“.
Il Capogruppo leghista in Commissione di Vigilanza Rai, Massimo Capitanio ,accusa l’azienda e la trasmissione di “stucchevole vittimismo” e ricorda alla Rai la necessità di rispettare le sentenze, soprattutto quelle del TAR. Non è invece della stessa opinione Enrico Letta che dichiara: “Le sentenze si rispettano sempre. Ma questa del Tar sulle fonti di Report lascia davvero perplessi. Non vedo come possa resistere agli ulteriori gradi di giudizio“.
La sentenza del TAR è “gravissima” per Sigfrido Ranucci
Ovviamente contrariato Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, che ha detto che le fonti non saranno mai rivelate e ha definito la sentenza del TAR “gravissima in quanto viola la Costituzione, viola la libertà di stampa. Una sentenza miope che paragona il lavoro giornalistico a degli atti amministrativi“, ha detto Ranucci. “Report non svelerà le proprie fonti, non darà gli atti a Mascetti: non lo faremo neppure da morti. Devono venire a prenderli con l’esercito“.
Intanto la Rai ha annunciato che ricorrerà al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR.
Nell’inchiesta di Report Andrea Mascetti viene definito una delle figure “più misteriose” della Lega di cui è membro dagli inizi degli anni ’90 senza mai aver avuto degli incarichi ufficiali. Il legale aveva già chiesto l’accesso agli atti lamentando “un quadro fuorviante della realtà“, sottolineando di non aver avuto “alcuna consulenza con il Presidente Fontana“. A quella richiesta la Rai aveva risposto con “un diniego integrale” per diverse ragioni, fra le quali l’esclusione del diritto di accesso “rappresentata dal segreto professionale ex art. 2, comma 3, L. n. 69/1963, connesso alla libertà di stampa” e soprattutto “l’esclusione della Rai dall’applicazione della disciplina in tema di accesso civico in quanto società emittente, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati“.