Ilaria Alpi oggi avrebbe compiuto 60 anni

Ogni anno, ogni 24 maggio, i genitori di Ilaria Alpi portavano rose bianche sulla sua tomba. Lo avrebbero fatto anche quest’anno, forse con un pensiero particolare, perché quest’anno Ilaria Alpi avrebbe compiuto 60 anni, ma loro, i suoi genitori, non ci sono più. Era il 20 marzo del 1994, quando Ilaria e Miran Hrovatin, giornalista neanche 33enne e operatore del Tg3, furono uccisi a Mogadiscio, in Somalia.

Ancora non c’è una verità sulla morte di Ilaria Alpi

Ancora, dopo tanti anni, non c’è quella verità che la famiglia chiedeva a squarciagola: “Non cerco giustizia, voglio solo conoscere la verità” diceva Luciana Alpi. Quello di sua figlia e di Miran Hrovatin è un caso ancora aperto. Mancano i mandanti dell’omicidio, uccisi a poca distanza dall’ambasciata italiana di Mogadiscio da una scarica di Kalashnikov.

Nessuna certezza è arrivata da processi e commissioni parlamentari su chi avesse ordinato l’omicidio. Non ci sono prove, ma è stato presto chiaro che era il lavoro di Ilaria e Miran la causa della loro morte.

Il lavoro in Somalia

Erano in Somalia per documentare il ritorno in patria del contingente italiano, ma seguivano anche un’altra inchiesta su un traffico di armi e rifiuti tossici tra Italia e Somalia. Erano coinvolti i signori della guerra locali e navi provenienti dall’Italia. Una settimana prima di essere uccisi avevano incontrato Abdullahi Moussa Bogor, “signore” della città di Bosaso. Tema dell’intervista una nave sequestrata dai pirati che poteva essere stata usata per traffici illeciti.

“Mi aveva sempre colpito per il suo atteggiamento alternativo, l’abbigliamento informale quando molte giornaliste televisive erano ancora di una eleganza formale”, racconta Gigliola Alvisi che non ha conosciuto personalmente, ma ne ha ammirato i genitori che “indomiti continuavano a chiedere verità e giustizia con fierezza, sobrietà ed eleganza”.

Gigliola Alvisi continua e conclude dicendo: “È una vicenda che sembra lontana, ma in effetti non lo è. Stiamo ancora ancora aspettando verità e giustizia nonostante in tanti cerchino di portare l’oblio su questa vicenda perché l’interesse di alcuni prevale su quello collettivo e sulla giustizia. Nelle scuole spesso mi chiedono se il senso di questa vicenda è che per fare del buon giornalismo si deve morire. No, non è così, Ilaria non era e non voleva essere un’eroina. Non voleva rischiare o morire. Questa faccenda è una palestra di indignazione, sentimento collettivo che va allenato”.

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