In memoria di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia 45 anni fa

Sono trascorsi 45 anni da quell’ultima notte di vita, e di lotta, di Giuseppe Impastato per tutti ‘Peppino‘. Un personaggio che si è fatto strada nella narrativa dell’antimafia fino ad essere investito a ruolo di eroe e martire della battaglia alla malavita. Una resistenza fatta in terra sicula, negli anni Settanta: con la politica e con la radio.

L’inganno del 9 maggio 1978: Peppino suicida e terrorista

Nella notte fra l’8 e il 9 maggio Peppino Impastato viene rintracciato e ucciso. Poi – dove non arriva la delinquenza, parte la crudeltà – viene inscenato un finto atto terroristico. Il 30enne di Cinisi viene legato a un carica di tritolo e buttato sui binari. Qui viene ritrovato la mattina del 9 maggio a poche ore dal ritrovamento del corpo senza vita del Presidente della DC, Aldo Moro, in via Caetani, a Roma. Peppino il 9 maggio 1978 è un morto di serie B e – per convenienza e per fretta – viene dichiarato prima suicida e poi terrorista. Pochi giorno dopo Cinisi va alle urne e vota, simbolicamente, il candidato di Democrazia Proletaria Impastato che diventa Consigliere Comunale.

La resistenza del fratello Giovanni e dalla madre Felicia Bartolotta

Ma il fratello Giovanni, i ragazzi di Radio Aut, i compagni della Democrazia Proletaria, la madre di Peppino, Felicia Bartolotta, non ci credono. Parte la resistenza della resistenza – se così possiamo definirla – e iniziano oltre 20 anni di udienze, condanne stralciate e poi riprese, processi e prove, perse e ritrovate, con vicende in cui entrano anche Antonino Caponnetto e Rocco Chinnici, giudici del pool antimafia. Nel frattempo, sono spariti i documenti raccolti da Peppino in merito alla Strage di Alcamo Marina in cui muoiono due Carabinieri e per cui vengono accusati 5 giovani locali. Un delitto che poi scopriremo nascondere torture per falsa testimonianza ai giovani accusati e collusione fra Mafia, Organizzazione Gladio e Carabinieri.

Dopo 20 anni di depistaggi e mezze verità, finalmente, arrivano le condanne per omicidio: nel 2001 30 anni a Vito Palazzolo, nel 2002 ergastolo al boss Gaetano Badalamenti mandante del terribile atto che mise fine alla vita terrena di Peppino. Sarà riconosciuta anche la responsabilità nei depistaggi, a favore della pista terroristica, di Antonio Subranni e Alfondo Travali, rispettivamente Maggiore e Maresciallo dei Carabinieri.

“Peppino vive e lotta in mezzo a noi”

Peppino vive e lotta in mezzo a noi”. Questo slogan ha sfilato nelle strade della sua Cinisi ogni 9 maggio, per tutti questi anni. L’eredità di Peppino Impastato è ancora viva nella casa memoria di Cinisi, nei suoi scritti e nelle numerose testimonianze che sono fiorite negli anni. Vivo è il suo messaggio di lotta antimafia.

Peppino ci ha insegnato a non avere paura di denunciare anche se il ‘cattivo’ è dentro casa tua, deflagrando quel concetto di famiglia così radicato nelle culture del Sud. Ci ha insegnato a non temere di ridere della mafia, quando la malavita è diventata il soggetto di uno sceneggiato satirico radiofonico. Peppino ci ha spiegato che nessuno può toglierci il diritto alla resistenza e alla lotta. Grazie anche a Peppino tutti possiamo gridare che “la mafia è una montagna di merda“.

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