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Inchiesta Covid, Zaia: “nessuno vorrà più gestire le emergenze”

Prosegue l’aspra polemica e l’inchiesta in merito alla gestione della prima ondata di Covid in Italia e, in particolare, nella zona colpita più di tutte di Bergamo. Le indagini nel Bergamasco sono per epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti d’ufficio. Per 4.148 morti. Hanno colpito, fra l’altro, l’allora Premier Giuseppe Conte e l’allora Ministro della Salute Speranza.

Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive dell’Università degli Studi di Genova, ha dichiarato ai microfoni di “Mezz’ora in più” di Rai3. Qualunque scelta fu fatta in buona fede – ha ribadito – navigavamo al buio in un mare in tempesta. Non possiamo giudicare quei giorni con gli occhi di oggi ma dobbiamo farlo con gli occhi di allora che erano quelli di un Paese che per primo affrontava il Covid”. E ha concluso: Questa inchiesta messa così come è stata messa dà fiato ai no mask ai no vax e a chi dice che noi non abbiamo fatto le autopsie e che abbiamo ammazzato le persone”.

Crisanti: “non è un atto d’accusa”

Altra voce della vicenda è il microbiologo e consulente della procura di Bergamo nell’inchiesta Andrea Crisanti. “Ho semplicemente accolto l’invito della Procura, la perizia è stata consegnata più di un anno fa, è un documento tecnico-scientifico in cui la procura mi ha chiesto di ricostruire i fatti. Non è un atto d’accusa”. “Chiudere gli occhi di fronte a un disastro significa aprire la strada al prossimo disastro. I disastri vanno indagati”, ha aggiunto.

Zaia: “bisogna capirsi su cosa intendiamo per emergenza

Ha preso parola anche il Governatore del Veneto Luca Zaia, intervistato dal Gazzettino.it. “Con il Covid-19 la verità assoluta non esiste”, ha detto. E proseguito: “Io non chiedo l’impunità, ma quando si è in una fase emergenziale, lo sono anche le decisioni. Solo che di questo passo, alla prossima emergenza, qualunque essa sia, chi se la sentirà più di fare il commissario? E cioè decidere? C’è il rischio che per non trovarsi coperti di carte bollate, convenga fare i burocrati“.

Poi, per meglio spiegare il punto di vista, la sua esperienza: “Io ho chiuso Vo’, svuotato un ospedale, fatto fare i tamponi a tutti. Ma i primi dieci giorni per me sono stati un massacro mediatico. Non da parte dei cittadini, che, poveri, erano preoccupati e disorientati, ma da parte di addetti ai lavori, anche scienziati. Il mood era: è una banale influenza, Milano non chiude, Roma non chiude. Bene: se fosse stata una banale influenza io oggi sarei processato per danno erariale avendo disposto tamponi che non dovevo fare. Per procurato allarme. Per danni economici alle imprese. Il punto è che quando “fai”, c’è sempre un’alea di errore. Ma allora bisogna capirsi su cosa intendiamo per emergenza”. 

(foto di Pixabay)

 

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