Italiani scomparsi in Messico, 50 anni ai due agenti coinvolti

Cinquant’anni di carcere a Salomon Adrian Ramos Silva e a Emilio Martines Garcia, i due poliziotti ritenuti responsabili delle “sparizione forzata” di Antonio Russo e Vincenzo Cimmino. Due dei tre italiani, insieme a Raffaele Russo, padre di Antonio, scomparsi in Messico il 31 gennaio 2018. Così ha stabilito il Tribunale della stato messicano di Jalisco ad una settimana dal riconoscimento di colpevolezza degli agenti. Oltre la condanna, il risarcimento di un milione di pesos e l’interdizione dai Pubblici uffici. Non emessi, invece, giudizio e condanna per Linda Guadalupe Arroyo, terza poliziotta imputata che è fuggita nel corso di una pausa la scorsa udienza. La donna è ricercata e la sua posizione sospesa poiché in Messico non è prevista l’emissione di sentenze in contumacia.

Gli italiani ceduti al cartello del narcotraffico per 43 euro l’uno

La difesa aveva chiesto pene più lievi per gli agenti, definiti nella sola esecuzione di ordini superiori. I PM, invece, hanno richiesto la pena massima proprio perché gli agenti erano pienamente consapevoli del crimine che stavano commettendo. Dopo l’arresto, infatti, i poliziotti hanno confessato di aver ceduto i rapiti al boss del cartello di Jalisco, Josè Guadalupe Rodriguez Castillo, detto el Quince o don Lupe, per una ricompensa di circa 43 euro per ogni uomo. Fiscalia, la magistratura inquirente messicana, classifica ancora i tre italiani come scomparsi ovvero “desaparesidos” per cui le ricerche dei tre non saranno sospese. Il quarto italiano coinvolto nella vicenda, Francesco Russo, in collegamento video da Napoli, accanto al suo avvocato difensore, Luigi Ferrandino, ha chiesto nuovamente agli agenti di riferire, se lo sanno, dove si trovano il padre Raffaele, il fratello Antonio e il cugino Vincenzo Cimmino.

Il 31 gennaio 2018 scompare Raffaele. Poi Antonio e Vincenzo

I quattro napoletani si trovavano in Messico per affari legati al commercio di generatori elettrici, poi riscontrati di fabbricazione cinese e di scarso valore. La mattina del 31 gennaio Raffaele Russo (60 anni) esce di casa per incontrare qualcuno, ma non avverte nessuno dei ragazzi in viaggio con lui. Dopo alcune ore Antonio Russo e Vincenzo Cimmino escono e si mettono sulle tracce di Raffaele. A breve, nei pressi di una stazione di servizio vengono fermati da alcuni poliziotti che impongono loro di seguirli. I due mandano un messaggio vocale a Francesco e Daniele Russo, figli di Raffaele, in cui spiegano cosa stava accadendo. Questo messaggio ha poi consentito agli investigatori messicani di ricostruire le responsabilità della Polizia Municipale di Tecalitlan e di individuare gli agenti  che eseguirono il fermo, compresa la terza agente, ora in fuga, di servizio al centralino che gestì le comunicazioni così da coprire i colleghi.

Dietro la sparizione dei 3 italiani, resta l’ombra del cartello del narcotraffico, come anche accreditato dalla testimonianza degli agenti coinvolti nel caso. Restano dubbie le motivazioni che avrebbero spinto il boss a far sparire i 3 uomini. Si ipotizza che possa essersi trattato di una punizione a seguito di una truffa collegata alla vendita dei generatori, ma non c’è nessuna certezza. Intanto anche el Quince non può essere ascoltato. Ricoverato in ospedale dopo essere stato ferito in una sparatoria, il boss è stato portato via dai suoi uomini che hanno poi diffuso la notizia della sua morte. Gli investigatori nutrono, però, molti dubbi in proposito.

 

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