Fino al 6 marzo la mostra di Joachim Schmid alla P420 Gallery

La galleria P420 ha inaugurato la seconda mostra personale dell’artista tedesco Joachim Schmid (Balingen, 1955) dal titolo Photoworks.

Già attivo sulla scena tedesca dal 1980 come critico di fotografia, saggista ed editore, nel 1982 fonda Fotokritik, una rivista completamente autoprodotta che diventa da subito veicolo per la divulgazione delle sue teorie.

La sua riflessione si rivolge non verso la fotografia cosiddetta d’autore, bensì verso tutto ciò che è “lasciato fuori” e che quindi non è e non aspira ad essere fotografia “d’arte”, verso quella fotografia che si manifesta quando milioni di fotocamere producono miliardi di fotografie, e ne indaga, in maniera pionieristica, i tanti significati nascosti.

C’è stato un tempo in cui si usavano le fotografie. Non le fotografie come immagini, come files, da mostrare e scambiarsi sullo smartphone, ma fotografie vere e proprie, stampate, su carta, oggetti con un corpo, con un peso, che si potevano prendere in mano, accarezzare, baciare, strappare. Schmid comincia nei primissimi anni ’80 ad interessarsi alla massa di fotografie che la cultura popolare genera per un’infinità di scopi, nessuno dei quali artistico, e in particolare alla fotografia come oggetto, con il suo spessore, con un fronte e un retro. Le raccoglie ovunque sia possibile, nei mercatini, per strada, le richiede a chiunque abbia fotografie di cui potrebbe volersi liberare.

Joachim Schmid, la sua fotografia


Una raccolta sistematica senza scopi scientifici o catalogatori ma con il solo intento di far emergere l’enorme potenziale nascosto che le fotografie portano con sè. Comincia da subito a dedicarsi ad uno tra i suoi progetti più vasti, Bilder von der Strasse (Fotografie dalla strada);  comprende tutte le fotografie che ha potuto raccogliere in luoghi pubblici in un arco di tren’anni. Trovate una dopo l’altra, archiviate e catalogate con un numero progressivo e l’indicazione di quando e dove siano state trovate, l’opera è un monumentale museo di immagini in bilico tra il contenuto che hanno conservato e quello che hanno perduto, scartate, perdute, gettate, andate a un passo dall’essere definitivamente dimenticate. “Tutto quello che so di loro è il luogo e la data del ritrovamento, il resto è immaginazione” (Joachim Schmid).

Nessuna nuova fotografia finchè tutte quelle esistenti non siano state utilizzate”. Scrive Joachim Schmid in un suo testo nel 1989 che diventa immediatamente un’esemplare definizione di poetica.

La mostra raccoglie una selezione di lavori attraverso i quali da quasi quarant’anni Schmid ironicamente cortocircuita i canoni riconosciuti della fotografia; ne allarga i confini, si interroga scetticamente sul ruolo dell’autore e sull’intenzione artistica rispetto al risultato ottenuto. Dal più recente Il mare del 2019 a Zur Theorie der Fotografie (sulla teoria della fotografia) del 1986; da R.Flick Collection del 2017 e The Artist’s Model del 2016, alla serie Statics (1995-2003) per citarne alcuni.

La mostra sarà visitabile fino al 6 marzo 2021 in Via Azzo Gardino, 9, angolo Largo Caduti del lavoro di Bologna.

Per informazioni scrivere a: info@tfnews.it