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La chiamiamo democrazia, ma la “caccia al russo” ci piace

19esimo giorno di guerra.  La Russia continua senza sosta la propria avanzata verso la città di Kiev. In 19 giorni hanno perso la vita migliaia di persone – i dati ufficiali, come sempre in questi casi, non esistono. Le cifre che girano sul web sono coperte da una illecita, ma strategica, propaganda d’informazione sulla quale cerchiamo di non inciampare. Sono milioni, invece, gli sfollati che stanno raggiungendo gli Stati europei per sfuggire a una folle guerra, a un’insensata morte per onore. Concetto che fa rabbrividire solo al pensiero. Ebbene sì, nel 2022 si muore per onore. 

All’alba di un evento che sempre più tardi lascerà spazio a un tramonto, una parola è riuscita ad illuminare, per un breve secondo, gli occhi di chi sta guardando a queste miliardi di notizie che giungono a noi, con un barlume di sciagurata speranza. Se usiamo il termine sciagurata è solo perché nei confronti di questa,  si può appartenere a due scuole di pensiero: la prima è che la speranza è l’ultima a morire; la seconda si aggrappa al concetto nietzschiano che giunge a noi come “la speranza è il peggiore di tutti i mali”. 

Speranza, appunto, che ha trovato appiglio alla parola democrazia. Che bella parola la democrazia. 

Etimologicamente sta a significare quella forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo. Per anni e anni ci siamo riempiti la bocca di belle parole sentendoci dei veri appartenenti ai Paesi democratici; per anni ci siamo sentiti – e continuiamo a sentirci – nella parte giusta del mondo. E alla domanda: perché? Con fierezza e senza pensarci troppo rispondevamo “perché siamo democratici”. 

Quando è giusto non essere democratici? 

Non ci siamo sbagliati. È esattamente quello che volevamo dire: quando è giusto non essere democratici? Ma soprattutto, cosa c’entra con la guerra tra la Russia e l’Ucraina? Mentre le bombe stanno distruggendo vite e spazzando via città intere, pensare alla democrazia è cinismo puro, se non fosse per il fatto che questo nostro essere fieramente democratici ci ha annebbiato il pensiero non giusto, ma logico. 

La GUERRA FA SCHIFO. Lo scriviamo in grassetto e lo pensiamo fermamente, ma una cosa, lasciatecela dire: detestiamo profondamente l’ipocrisia. 

Che cosa genera in noi odio: ciò che vediamo o ciò che ci fanno vedere? Putin non ha ragione e non vogliamo dargliela. Nel caso in cui ne avesse avute, di ragioni, è bastato dare il comando per l’invasione e in un solo colpo le ha perse tutte quante. C’è un Paese che attacca e uno che subisce; la politica, la retorica, la strategia, l’informazione, valgono di fronte a tanta sofferenza e di fronte a questa scelleratezza umana, meno di zero. 

Una cosa, però,  l’abbiamo trovata interessante: quella che oggi viene comunemente chiamata la “caccia al russo”. Se Putin fa scoppiare una guerra, noi ce la prendiamo con i russi. Che poi sarebbe come dire che ai tempi della Seconda Guerra Mondiale tutti gli italiani erano fascisti. I nonni si rivolterebbero nella tomba e se potesse, qualcuno, ci sputerebbe in un occhio. Insomma, agli italiani piace fare di tutta l’erba un fascio a dimostrazione di poca empatia e tanta ignoranza. 

Cosa vuol dire caccia al russo? Prima di proseguire in questa ormai breve spiegazione, facciamo una raccomandazione: non è un articolo DISCRIMINANTE, non parliamo di PROFUGHI di serie A e serie B, ma mettiamo sulla bilancia il trattamento che stiamo attuando. E ci mettiamo in mezzo anche noi per non offendere nessuno. 

Nessun cittadino del Paese che dichiara guerra può essere trattato come un criminale. Ci piacerebbe leggere questa affermazione in qualsiasi Costituzione. Ma se la speranza è l’ultima a morire, in compenso il buon senso è morto già da un bel pezzo. 

A voi i dati: dall’inizio del conflitto sono stati cacciati dalle Paralimpiadi i disabili russi, cancellata la lezione su Dostoevskij all’Università di Milano Bicocca del Professor Nori, cacciato il direttore d’orchestra Vaery Gergiev dalla Filarmonica di Monaco, sospesi russi e bielorussi da Fifa e Uefa e la Russia è fuori dalla manifestazione Eurovision Contrst.

Vorremmo sostituire la parola democrazia con la parola coerenza. Il popolo russo sta subendo gravi conseguenze economiche, il mondo lo sta isolando e guardando come i primi mesi guardavamo un positivo al Covid (ovvero come un oggetto da emarginare). Il popolo russo è vittima della follia del proprio leader; le mamme stanno piangendo i propri figli in guerra, i giovani non possono comunicare al di fuori dei propri confini, le famiglie stanno perdendo il lavoro.

Essere coerenti significa avere a cuore la sofferenza di chi è vittima non solo diretta, ma anche indiretta; la democrazia è svegliarsi la mattina e non avere paura di morire sotto alle bombe, ma neanche farsi mesi di carcere per aver chiesto la pace. Democrazia significa aiutare le vittime di conflitti di interessi; chi scappa dalla guerra per opera dei russi, ma anche degli americani. E sì, democrazia significa anche poter scrivere un articolo come questo.

Continuiamo a vivere nella parte giusta del mondo: siamo democratici, ma anche coerenti?

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