La morte di Attanasio e Iacovacci. Cosa c’è dietro quel “fuoco amico”

Non è stato di certo un “amico” il killer che ha ucciso Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci, ma ci sono fondati sospetti, soprattutto in base alle dichiarazioni della moglie dell’Ambasciatore, che sia stato un attentato organizzato da qualcuno che conosceva molto bene l’ambiente dell’Ambasciata e al quale è stata data l’informazione giusta.

Una persona “a loro vicina” che era a conoscenza del fatto che in quel giorno e in quel punto, sarebbe passato un convoglio del WFP su cui ci sarebbero stati l’Ambasciatore Attanasio e il suo uomo di scorta, il carabiniere Iacovacci. Si tratta ovviamente di un’ipotesi, ma pronunciata dalla moglie induce a pensare che un fondamento di verità ci sia.
Restano, comunque, molti interrogativi sul drammatico episodio.

L’auto dell’Ambasciata

Iniziamo con l’auto dell’Ambasciata su cui viaggiavano Attanasio e Iacovacci. Era stata più volte chiesta la sua sostituzione da parte dello stesso Ambasciatore perché presentava numerosi problemi meccanici. Cosa ben più grave, da indiscrezioni, sembra che non fosse blindata anche se il Ministro degi Esteri Luigi Di Maio, riferendo dei fatti alla Camera dei Deputati, ha dichiarato che le auto in servizio alle Ambasciate sono blindate. Anche quella del Congo?

La scorta

Ci sono perplesità anche sulla scorta assegnata all’Ambasciatore. Rispetto al contesto sociopolitico e militare ad alto rischio e in cui si doveva muovere il diplomatico, il contigente di Carabinieri assegnato era decisamente inadeguato alle esigenze di protezione dell’infrastruttura che ospita l’Ambasciata e lo stesso Amabasciatore.  In merito al recente attacco,  un solo carabiniere, di fronte ad un’aggressione armata di più ribelli, non avrebbe potuto fare molto di più. Sembra, peraltro, che Iacovacci, carabiniere esperto, nonostante la giovane età, per aver prestato servizio nei  Corpi di élite dell’Arma e non solo in Italia, non abbia sparato neppure un colpo e di certo non per paura, ma costretto dalla supremazia numerica del nemico. Probabilmente non avrebbe avuto neanche il tempo di estrarre l’arma di dotazione e rispondere al fuoco.

Il giallo sull’autorizzazione del Governo congolese al viaggio a Goma di Attanasio

Il 15 febbraio l’Ambasciata italiana a Kinshasa informò il Ministero degli Esteri del Congo del viaggio nella regione di Goma dell’Ambasciatore italiano  e precisò che il viaggio si sarebbe svolto dal 19 al 24 febbraio. Il documento  circola da ieri sui social media. Dopo l’uccisione di Attanasio e Iacovacci, il Ministero congolese dell’Interno aveva detto che né i servizi di sicurezza nautorità locali avevano potuto garantire la sicurezza del convoglio, per mancanza di informazioni sulla loro presenza.

Pronta le replica del Ministero degli Esteri congolese, che conferma di aver ricevuto la nota dell’Ambasciata ma sostiene che nel medesimo giorno Attanasio avrebbe “fatto visita al direttore del Protocollo di Stato per comunicargli che il viaggio non avrebbe più avuto luogo e che sarebbe stata comunicata una seconda nota a riguardo”.

Attanasio, non sarebbe stato un obbligo del suo mandato seguire il convoglio delle NU

L’attività che quella mattina avrebbe voluto svolgere  Luca Attanasio non rientrava nelle competenze specifiche dell’Ambasciatore. Quella missione è stata una scelta volontaria che non rientrava negli obblighi istituzionali derivanti dall’esercizio delle sue funzioni a tutela degli interessi dei circa 1200 italiani che vivono in Congo. Ma Attanasio si era da sempre prodigato per aiutare la popolazione locale in difficoltà, come  è stato  durante il suo incarico in Niger. Ora gli toccava il Congo, un Paese in cui vivono i poveri tra i più poveri al mondo.

Il racconto di Martina, infermiera volontaria di Medici Senza Frontiere in servizo in una delle numerose postazioni dell’ONG nella Repubblica Democratica del Congo

Domande che attendono risposte immediate ed esaurienti

Iniziamo con una doverosa premessa. Le circostanze in cui hanno perso la vita due servitori dello Stato al seguito di una missione umanitaria lasciano, dunque,  molti interrogativi aperti su cui deve fare luce la giustizia. Le indagini,  oltre alla Polizia locale, su cui nutriamo consistenti dubbi di efficienza,  le stanno conducendo i Carabinieri del ROS, che si sono immediatamente recati sul posto per raccogliere documentazione e prove sui fatti.

E veniamo agli interorgativi che incombono su tutta l’intera vicenda. Perché, le richieste, rivolte da Attanasio al Governo italiano, di poter disporre di una vettura più idonea e più sicura  per gli spostamenti in territori dove operano oltre 120 bande armate,  non è mai stata accolta?
Perché Attanasio aveva scelto di andare al seguito di un convoglio delle Nazioni Unite, sapendo di dover attraversare, senza sufficiente copertura, un territorio ad alto rischio e svolgendo una missione che non faceva, comunque, parte dei suoi obblighi istituzionali?
Perché la sua richiesta di rafforzare il personale dei Carabinieri addetti alla sicurezza dell’Ambasciata  non è mai stata presa in considerazione ed esaudita?

Uomini e fondi delle Nazioni Unite per il Congo

Come mai i 20.000 uomini delle Nazioni Unite, i cosiddetti caschi blu, non sono stati utilizzati per scortare quel convoglio che si recava nella zona dove il rischio di attacchi da parte dei ribelli è il più elevato della Repubblica Democratica del Congo?
Che fine hanno fatto i milioni di dollari stanziati dalle Nazioni Unite a sostegno della popolazione del Congo che vive da decenni cronicamente in una situazione drammatica di miseria ed alle prese con molte malattie spesso letali e con un livello di denutrizione pediatrica tra i peggiori al mondo?

La storia di Kiza, una bambina ricoverata per una grave anemia che necessita di terapia intensiva. Una storia raccontata dal personale volontario di Medici Senza Frontiere.

Le parole di Zakia Seddiki, la moglie di Attanasio

Cosa vuol dire la moglie di Attanasio quando dice “siamo stati traditi da chi ci era vicino?”
Per quale motivo i  componenti del convoglio non sono stati uccisi subito, ma solo dopo essere stati rapiti e trasferiti all’interno della foresta?
Per quale motivo Rocco Leone, il Responsabile WFP in Congo, sopravvissuto all’attacco, dichiara spontaneamente in un comunicato dall’Ufficio Stampa del WFP: “non posso  parlare dei dettagli che riguardano l’attacco subito quella mattina?
Quale movente ha spinto il killer di Luca Attanasio e del suo carabinierie a compiere il drammatico gesto ?

Domande che attendono risposte, soprattutto per le famiglie delle vittime colpite negli affetti più profondi… domande e risposte che attendono giustizia...risposte che forse non avremo mai.

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