La redditività delle piccole banche italiane e il nodo regolamentare

Continua ad essere particolarmente vivace il dibattito legato al settore delle piccole banche italiane e all’influenza che sulla loro crescita esercita una regolamentazione, che, nel corso degli ultimi 50 anni, è sicuramente divenuta più complessa ed articolata, suscitando conseguentemente, a più riprese, interrogativi sui suoi aspetti di applicazione proporzionale.

Un tema, che è stato recentemente al centro dell’intervento del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, Paolo Angelini, intervenuto ad un convegno su “Redditività ed efficienza delle piccole e medie banche”, svoltosi presso l’Università Bocconi di Milano alla fine dello scorso mese di giugno.

Se in linea di principio l’applicazione di un criterio di proporzionalità nella regolamentazione degli intermediari finanziari appare fuori discussione e gli standard di Basilea, nonché il modo in cui sono stati recepiti nell’Unione Europea ne costituiscono la probante conferma, nella realtà fattuale situazioni di emergenza straordinaria o specifici settori di regolamentazione normativa, – basti pensare all’antiriciclaggio e al contrasto del finanziamento del terrorismo, da un lato e agli aspetti di tutela del consumatore, dall’altro, – si collocano come elementi limitativi nell’applicazione di quel principio.

Dopo questa necessaria premessa in cui è stata ricordata l’individuazione quantitativa in Europa e in Italia della piccola banca con una dimensione non superiore ai 5 miliardi di euro di attività, Paolo Angelini si è soffermato, avvalendosi di alcune evidenze statistiche, sul tema dell’inadeguata redditività operativa di alcune delle piccole banche, in parte, imputabile a un peso eccesivo della regolamentazione; ma, sicuramente, legata a una manifesta incapacità di gestire il rischio di credito.. Un aspetto, quest’ultimo, che richiama in modo diretto il tema dell’inadeguatezza della governance di alcune di queste banche, come nel caso di banche ben capitalizzate, che erodono anno dopo anno i propri margini patrimoniali, avviandosi, così. a uscire dal mercato, non essendo in grado di reagire alle difficoltà del cambiamento tecnologico, dell’accresciuta concorrenza, delle recessioni e alla necessità di rinnovare il proprio modello di business.

In questo senso, invece, conforta l’esperienza dei gruppi bancari cooperativi, ai quali il Vice Direttore Generale della Banca d’Italia ha dedicato un’apposita finestra di riflessione, in quanto mostra come sia possibile percorrere la via dello sviluppo, affrontando le sfide poste dalla tecnologia, dal cambiamento di mercato e dalla regolamentazione.

In definitiva, se da un lato non è, dunque, possibile fornire una risposta univoca all’interrogativo circa l’incidenza del nodo regolamentare sull’operatività degli intermediari finanziari, dall’altro ne va riconosciuta la sua indispensabilità per la loro stabilità e per quella complessiva del sistema economico finanziario; ferma restando la riaffermata apertura al dialogo  da parte della Banca d’Italia con i singoli intermediari, nell’ottica di una semplificazione delle norme e delle prassi di vigilanza.

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