L’ANM esprime perplessità sulla riforma della Giustizia varata dal Guardasigilli

Il Presidente  dell’Associazione Nazionale Magistrati Giuseppe Santalucia, intervenuto oggi al Congresso di Magistratura Democratica a Firenze, esprime i propri dubbi sulla riforma della Giustizia del Ministro  Marta Cartabia e contenuta negli emendamenti al Ddl penale approvati giovedì in Consiglio dei Ministri.

Santalucia afferma che “sulla prescrizione occorrerà discutere, precisando però che l’Associazione nel suo complesso non ne ha ancora discusso. La riforma prevede, tra l’altro, che nel processo di appello si introduca il termine massimo di due anni (tre in caso di reati gravi), oltre il quale si dichiarerebbe l’improcedibilità e non la prescrizione.

A questo riguardo, Santalucia cita con preoccupazione le condizioni organizzative degli uffici giudiziari, delle Corti di Appello. “Molte Corti territoriali – evidenzia – versano in sofferenza organizzativa, bisogna chiedersi se saranno capaci di rispettare la stringente tempistica processuale”. E non solo: “ci sono risvolti che impattano sulla società e pertanto – afferma Santalucia – bisogna interrogarsi sulla comprensibilità sociale di una eventuale risposta di improcedibilità con vittime che avvertano ancora forte la ferita recata dal reato. Reato che la prescrizione non ha estinto, che magari è stato commesso non molto tempo prima, il cui ricordo sociale ben può essere ancora vivido e che potrebbe ancora essere ricondotto nell’area dell’obbligatorietà dell’azione penale”.

Il Vicepresidente del CSM, David Ermini, ha dichiarato che le forze politiche “responsabilmente convergano su soluzioni condivise e nel solo interesse generale di un sistema giudiziario efficace e giusto” – e fa notare che – la sede naturale per riforme condivise è il Parlamento anziché un percorso referendario che, in ragione della sua natura necessariamente abrogativa, potrebbe condurre esclusivamente a esiti parziali e, come tali, asistematici”.

Sulla riforma, il Guardasigilli Cartabia, spiega oggi in una lunga intervista al Corsera, che questa “conserva l’impianto della prescrizione in primo grado della legge Bonafede,  ma tuttavia non si poteva evitare di correggere gli effetti problematici di quel testo. 

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