Oggi, mercoledì 14 Luglio 2021, i Carabinieri del Gruppo Tutela del Lavoro di Venezia, hanno dato esecuzione a quattro misure cautelari, una in carcere e tre agli arresti domiciliari, nei confronti di altrettanti soggetti di nazionalità egiziana, ritenuti responsabili di intermediazione e sfruttamento del lavoro aggravato in concorso, commessi nei confronti di decine di cittadini stranieri, per la maggior parte loro concittadini.
Il provvedimento trae origine da un’attività investigativa avviata e condotta, tra i mesi di febbraio 2020 e marzo 2021, dai militari del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Pesaro Ubino, a seguito delle risultanze ispettive derivate da una serie di controlli effettuati ad impianti di autolavaggio delle provincia di Pesaro Urbino e limitrofe.
Le indagini hanno consentito ai militari di individuare una impresa operante nel settore del lavaggio di autoveicoli, con sede legale a Fano (PU), che reclutava cittadini, prevalentemente egiziani, da impiegare come manodopera per lavorare presso diversi impianti del settore, in regime di sfruttamento. Gli accertamenti condotti dai Carabinieri del NIL di Pesaro e Urbino hanno permesso di far emergere le condotte delinquenziali dei quattro indagati: il principale di questi, cittadino egiziano, in qualità di datore di lavoro di fatto e titolare occulto dell’autolavaggio, rivestendo un ruolo apicale nel sodalizio con funzioni di direzione, coordinamento e controllo del personale impiegato, nonché riscossore degli incassi settimanali, si serviva degli altri tre indagati per reclutare, trasportare e impiegare, anche “in nero”, presso il citato impianto di autolavaggio, i lavoratori ai quali corrispondeva una retribuzione oraria di € 3,00 per ogni ora di lavoro, a fronte dei € 6,51 contrattualmente previsti, omettendo il pagamento di ogni emolumento accessorio ed obbligatorio previsto dal contratto collettivo nazionale applicato.
Dall’ attività investigativa, inoltre, emergeva come i quattro arrestati, approfittassero dello stato di bisogno dei lavoratori che si trovavano in condizioni di vulnerabilità e bisogno dettate dalla loro necessità di rinnovare il permesso di soggiorno e dello stato di indigenza in cui versavano, impiegandoli per 12 ore giornaliere, senza consentire la fruizione del riposo settimanale e imponendo loro il pagamento di € 150,00 per un posto letto all’interno di dimore in pessimo stato, prive di riscaldamento, con infissi danneggiati e con servizi igienici del tutto inadeguati, per poi impiegarli come lavaggisti presso l’impianto di Fano (PU) ma anche, a necessità, presso altri impianti delle altre province limitrofe, del Lazio e Abruzzo.
Anche le norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro venivano completamente disattese: infatti ai lavoratori non veniva assicurata la formazione sul proprio impiego così come non veniva distribuito alcun tipo di dispositivo di protezione individuale tanto da non consentire loro alcuna protezione dai rischi specifici derivanti dal tipo di mansione svolta e, tanto meno, alcuna forma di prevenzione alla diffusione della pandemia da covid-19