Il Presidente di Unioncamere, Andrea Prete, le ha definite “la spina dorsale del capitalismo familiare italiano”. E il ventunesimo Rapporto sulle medie imprese industriali italiane, curato dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne, oltreché dalla stessa Unioncamere e presentato la scorsa settimana a Roma, certifica con l’inoppugnabilità delle cifre questa affermazione.
Infatti, secondo un indicatore di performance questo raggruppamento di 3174 imprese industriali italiane ha maturato dal 1996 un differenziale di crescita positivo del 34,1% rispetto ai valori del PIL nazionale. Inoltre, da un raffronto con le grandi imprese italiane risulta che nello stesso periodo le medie imprese hanno realizzato una crescita del fatturato più che doppia (108,8% contro 64,4%), un maggiore aumento della produttività (53% contro 38,6%), una miglior remunerazione del fattore lavoro (62,4% contro 57%) con un significativo ampliamento della base occupazionale (39,8% contro una contrazione del 12,5%).
Ma non solo. Allargando l’analisi al campo internazionale e, in particolare, a quello dei nostri principali competitors europei, la produttività delle medie imprese italiane registra un differenziale positivo del 21,5% rispetto agli esiti statistici degli omologhi comparti tedeschi e francesi; un risultato, certamente, considerevole, ottenuto per giunta in presenza di un arretramento di quell’indicatore (-17,9%) per il settore manifatturiero italiano nel suo complesso rispetto agli stessi Paesi.
Non potendo soffermarsi su tutti gli aspetti quantitativi e qualitativi messi a fuoco dal Rapporto, vale, comunque la pena di sottolinearne un paio, che costituiscono altrettante sfide cruciali, che si pongono lungo la strada dell’ ulteriore sviluppo delle medie imprese italiane.
La prima considerazione riguarda il tema centrale del passaggio generazionale, che risulta risolto da un’impresa su due di quelle analizzate nel campione statistico; mentre in una 1 su 4 questo aspetto non è stato ancora perfezionato o, comunque, rappresenta un vero ostacolo. Una criticità, che si ripercuote in negativo sugli aspetti di innovazione di processo e di prodotto, accompagnandosi, inoltre, a un significativo deficit di competenze manageriali.
L’altra considerazione su cui riflettere concerne l’utilizzo dei fondi messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In questo ambito, se il 40% delle medie imprese risulta essersi già attivato sui progetti a supporto diretto dei sistemi imprenditoriali per l’acquisizione dei relativi fondi, rimane comunque un 41% di esse, che non sembrano volersi avvantaggiare di questa opportunità. Una scelta strategica, che, inevitabilmente, presenta ricadute negative sull’ adeguato sviluppo dei propri modelli di business, oltretutto in presenza delle problematicità legate alla duplice transizione, digitale e verde.