“Le Storie della Vera Croce” di Luigi Presicce in mostra al Mattatoio di Roma

Tra gli artisti italiani delle ultime generazioni, Luigi Presicce, nato a Porto Cesareo nel 1976, si è distinto per la capacità di immaginare la performance, spesso corale, in luoghi sempre differenti e inediti. Dalle spiagge della sua Puglia alle coffee house dei palazzi aristocratici. Come un dispositivo in grado di evidenziare una riflessione profonda sull’immagine e sulla pittura, con riferimenti specifici alla grande storia dell’arte italiana.

La sua personale al Mattatoio di Roma (fino al 2 maggio 2021), rientra nel progetto “Dispositivi sensibili” curato da Angel Moya Garcia, incentrato sulla convergenza fra metodi, estetiche e pratiche delle arti visive e delle arti performative, attraverso un modello di presentazione che si evolve costantemente, con un’eclettica  trama di citazioni e rimandi in cui l’artista mescola cultura popolare e culti misterici, folklore e sacralità, storia antica e contemporanea in modo completamente libero e autonomo.

Cosa raccoglie il progetto Luigi Presicce

In particolare, il progetto raccoglie un ciclo di dieci episodi, iniziato nel 2012 e intitolato “Le Storie della Vera Croce”, che compone un’unica grande opera esposta per la prima volta nella sua totalità. Dieci capitoli, formati da un totale di diciotto performance, che vengono presentati attraverso la loro documentazione video, realizzata inizialmente da Francesco G. Raganato e successivamente da Daniele Pezzi, in cui la pittura diventa tuttavia il centro nevralgico dell’impianto espositivo. Da questa articolazione iniziale si declina un palinsesto a scadenza settimanale conformato da sei tableaux vivants intorno a cui un numero preciso di artisti invitati creano delle sedute di pittura dal vivo, insieme a quattro dialoghi di approfondimento e una rassegna cinematografica.

Luigi Presicce, attraverso queste dieci tappe, ripercorre e affronta episodi della storia del Sacro Legno. Miscelati ad avvenimenti e personaggi storici e contemporanei di rilevanza socio-politica. Simbologie alchemiche e di natura esoterica, senza risparmiare neanche il tema delle guerre scatenate dagli scontri tra religioni che hanno attraversato la storia. Le scenografie, volutamente incoerenti con l’epoca originale degli avvenimenti, costruiscono una successione di narrazioni anacronistiche attraverso quadri statici che ci osservano e ci invitano ad addentrarci in un immaginario estremamente singolare che coinvolge opposti quali percorso iniziatico e materialismo postmoderno, fede miseria e confutabilità scientista.

L’artista da una parte dedica una costante attenzione all’uomo e alla sua ricerca verso l’immateriale. Dall’altra propone una riflessione sul ruolo che la figura dell’artista, all’interno di questo percorso, assume. In questo modo, il padiglione 9B del Mattatoio si trasforma in uno spazio che invita il visitatore, a costruire il proprio percorso iniziatico di attenzione alla storia e alla conoscenza.

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