Lockdown: una parola che in un anno abbiamo imparato bene

Un anno fà, il 9 marzo 2020, si dava inizio alla fase Io Resto a Casa con la chiusura dell’Italia e il suo lockdown. Tutti davanti alla televisione per ascoltare le parole dell’allora Presidente Conte: “Da oggi ci sarà l’Italia zona protetta, le misure già previste dal Dpcm dello scorso 8 marzo saranno valide sull’intero territorio nazionale“. 

Un anno fa non si parlava di lockdown, parola di origine anglosassone sconosciuta sino ad allora ai più, ma di Italia zona rossa. I provvedimenti che arrivarono, furono come uno schiaffo: forte e imprevisto. Le scuole vengono chiuse in tutto il paese; bar e ristoranti devono rimanere chiusi; i musei non potranno accogliere e mostrare le loro opere; cinema e i teatri devono tenere giù il sipario. Palestre e centri benessere non potranno avere i loro clienti.

Il 9 marzo 2020 l’Italia si ferma. E non si sa per quanto tempo. 

Pandemia, emergenza sanitaria, distanziamento sociale, lockdown, Coronavirus iniziano ad essere parole usate comunemente da tutti, dai bambini agli anziani. E così iniziamo a vivere “alla giornata“, sperando che quei cartelli Andrà Tutto Bene possano in qualche modo avere un minimo di significato.

I numeri ci dicono che stiamo avendo una crescita importante delle persone in terapia intensiva e purtroppo delle persone decedute. Le nostre abitudini vanno cambiate ora: dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell’Italia. Lo dobbiamo fare subito e ci riusciremo solo se tutti collaboreremo e ci adatteremo a queste norme più stringenti” con queste parole Giuseppe Conte giustificava la chiusura. Chiudere oggi per riaprire domani. Ma fino a maggio tutto rimarrà chiuso, fermo e vuoto.

In tutta Italia regna il silenzio. Le città che avevano ogni giorni migliaia di visitatori sono piene di nulla. La natura inizia a riprendersi i suoi spazi. Iniziano a comparire animali dove mai si sarebbero immaginati. Ricordiamo i cerbiatti che arrivano a Roma; i delfini che ricompaiono nei canali di Venezia. Ma nessuno può ammirare tutto questo se non dalla tv. 

I supermercati vengono presi d’assalto. Il panico del gel igienizzante e dell’alcol; farina e lievito che diventano merce rara. Iniziano i flash mob e le canzoni dai balconi. Per poter uscire di casa chiediamo in prestito il cane del vicino con la scusa di portarlo a fargli fare i bisogni. Iniziamo a diventare maratoneti acquistando tutto il necessario e pur di uscire iniziamo a correre. Ma ancora non sappiamo quando potremo tornare alla vita normale. Ancora non sappiamo per quanto durerà il lockdown.

Piccolo sprazzo di normalità con le aperture estive. Riassaporiamo una semi-libertà che era mesi che bramavamo. E basta poco per dimenticare la pandemia. Questa dimenticanza porterà migliaia di persone a non rispettare le norme; non useranno le mascherine, non useranno il gel e non manterranno la distanza di sicurezza. E tutto questo ci costerà caro.

Ritorna l’inverno e il virus è ancora forte anche con le sue varianti. I vaccini arrivano ma non bastano. Il virus è forte ma lo è di più la nostra voglia di libertà. La pazienza ormai è arrivata al limite. Ma questa non può essere la giustificazione di comportamenti irrispettosi e dannosi per gli altri.

9 marzo 2021: un anno è passato e tutto è ancora come allora.

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