Marisa Laurito, “Una vita Scapricciata”, compie 70 anni

Marisa Laurito, compie  oggi 19 aprile e senza mostrarli, i suoi 70 anni. Ripercorre la sua storia di vita nella sua autobiografia, Una vita scapricciata (edito da Rizzoli).  “La vita che amo profondamente – dice – voglio che per me sia una crescita continua. Fino all’ultimo respiro imparerò, bevendo ogni sorso di vita, rischiando, tentando imprese che forse non riusciranno mai, curiosando e scoprendo sempre nuove terre da esplorare”.

Il libro si apre con le  numerose vite vissute dall’attrice, conduttrice e negli ultimi anni anche come artista attraverso la propria creatività tradotta in  quadri, vasi e la fotografia.  Marisa negli anni si è sottoposta a numerose sedute di ipnosi regressiva: da quella di una donna francese del ‘700 che ha abbandonato agi e famiglia per il vero amore, a quella da pemangku, sacerdote di un tempo induista a Bali, che Marisa Laurito considera la sua seconda terra, dopo l’amatissima Napoli.

Marisa definisce la sua vita ‘scapricciata’, come recita il titolo del suo libro. A formarle il carattere è senza dubbio la cittò che ama oltre ogni cosa dopo la vita: Napoli. La città in cui, racconta nel libro,  tutto avviene in strada, dove ci si incontra, si grida, si ride, si mangia, si rappezzano i dolori.

Marisa, per parlare di sé, in realtà non fa che evocare amici, persone e occasioni che l’hanno ispirata. In questo è  accompagnata, aiutata nel suo percorso artistico e umano dall’amica Marina. Con costei  affrontò i primi provini a Cinecittà (con tanto di molestie “d’uso” a cui seppe reagire con personalità). Poi ci fu  il grandissimo Eduardo, il Direttore, dal viso rosa come la camicia, per il tanto cerone messo negli anni che non andava più via. Per ciascuno Marisa dipinge un ritratto di spessore arricchito con preziosi aneddoti.  Dagli episodi vissuti da squattrinata a Roma a un irresistibile déjeuner a casa Agnelli.

Ci sono poi tutti, nessuno escluso, i compagni di quella geniale avventura corale che si sviluppò attorno a Renzo Arbore. Marisa dice a proposito di  Renzo: «ha spalancato una porticina nel mio cervello» e «mi ha insegnato a lanciarmi nel meraviglioso cielo dell’improvvisazione». Un sodalizio importantissimo, come quello con il migliore amico Luciano De Crescenzo. Con il “professore” Marisa parla, ancora oggi, all’ombra del Vesuvio.  Il vulcano fumante che da millenni insegna ai napoletani a ridimensionare gli affanni, a godere attimo dopo attimo e a rinascere ridendo.

Marisa ricorda spesso quando parla della sua vita ricorda un peidosio che le raccontava spesso la mamma. Quando nacque,  il 19 aprile 1951 a mezzanotte, a Napoli, nella casa a fianco a quella in cui vide per la prima volta la luce,  un vicino appassionato d’opera stava cantando l’aria della Turandot, intonando ‘Vincerò’.

“Essere felici di quello che si ha, ma senza la paura di osare, e, a questo punto della mia esistenza, posso dire di aver vissuto senza risparmiarmi. Mai!”

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Redazione

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