Naufragio Superyacht a vela: più di qualcosa non torna

Sono le 5 del mattino quando dal  megayacht Bayesian viene lanciato un razzo rosso che ai naviganti e alla costa di Porticello, vicino Palermo, segnala che un’imbarcazione si trova  in gravi difficoltà e chiede soccorso. Il mare è mosso anche per le fortissime raffiche di vento che soffiano su quel tratto di mare, e tuttavia, se è vero quanto riferito da testimoni anonimi e riportato anche dal quotidiano La Stampa il mare non era poi così agitato da poter impensierire la navigazione di un’imbarcazione di quella dimensione, e il vento, pur soffiando molto forte, non ha danneggiato imbarcazioni di stazza molto più piccola e  che si trovavano ormeggiate lungo la vista. Le condizioni meteorologiche, pertanto, pur essendo critiche, lasciano,  alcuni dubbi sul fatto che siano state in grado di causare il naufragio di un  mega yacht a vela di quella stazza e una lunghezza di   50m.

Il Bayesian era il veliero con l’albero maestro in alluminio più alto al mondo: 75m. Ci sono state alcune dichiarazioni che affermano che l’albero maestro è stato visto cadere in mare probabilmente, e il condizionale è d’obbligo, spezzato dal vento. Infatti, dalle perlustrazioni del relitto, adagiato a 49 metri di profondità sul fondale marino, pare smentita la teoria  della rottura dell’albero maestro. Una scoperta che contraddirebbe la testimonianza fornita dal comandante Karsten Börner della nave Sir Robert Baden Powell, che ha raccontato di aver visto l’albero dello yacht spezzarsi improvvisamente. Sebbene l’alluminio sia soggetto alla corrosione, anche questa ipotesi pareva improbabile già prima che i sommozzatori raggiungessero il relitto: nel 2016 (otto anni dopo la costruzione) l’albero del Bayesian era stato smontato e, insieme a tutto il sartiame (i cavi di acciaio che reggono l’albero, ndr), era stato oggetto di una verifica accurata in Spagna, nel corso di un totale refit (termine che indica la ristrutturazione e l’ammodernamento di tutta la nave) cui il veliero era stato sottoposto.

Le condizioni meteorologiche, pertanto, pur essendo critiche, lasciano,  alcuni dubbi sul fatto che siano state in grado di causare il naufragio di un  mega yacht a vela di quella stazza e una lunghezza di   50m. Gli esperti sono scettici, infatti, anche su un’altra ipotesi, quella della scuffiata, ovvero il capovolgersi della barca: difficile infatti vedere su un fianco un gigante del genere, con un baglio (la larghezza massima dello scafo, ndr) di oltre 11 metri e mezzo. Scrive il Giornale della vela, che sul tema ha consultato diversi esperti: è “difficile che l’unità, nonostante le forti raffiche, possa avere sbandato a tal punto da raggiungere l’angolo oltre il quale avrebbe iniziato ad imbarcare acqua fino ad affondare rapidamente”. Un’eventualità su cui i progettisti non sono stati categorici ma che hanno definito “assai poco probabile”.

Un’altra teoria riguarda l’impatto del Bayesian contro la secca delle Formiche. E anche questa appare remota: il Bayesian infatti era ancorato nella zona della secca, ma lontano da essa. Nel caso poi di una nave lunga oltre 50 metri, per causarne l’affondamento, l’impatto con la secca sarebbe dovuto essere violento e a velocità sostenuta. Secondo il Giornale della vela poi, “stando alle coordinate della secca e a quelle del tracciato Ais (il sistema di identificazione automatica, ndr) del Bayesian disponibili su Marine Traffic, non ci sarebbe stata una collisione con la secca”.

Ci sono alcuni aspetti di questa vicenda che fanno supporre che le cose non siano andate proprio come in questi giorni se ne sta parlando sui vari media, con generiche dichiarazioni da parte di chi in qualche modo ha assistito al naufragio.

Fa stupire anche la dichiarazione del comandante di un’altra barca a vela di nazionalità olandese che si trovava in zona e che, nonostante la tempesta, è riuscito a mettere in mare un tender per andare a recuperare quindici delle 22 persone che erano a bordo e che erano riuscite a salvarsi  dal naufragio: le altre sei risultano disperse. Unico corpo ritrovato e’ per ora  il cuoco di bordo, Ricardo Tomas che, a una profondità di poco più di 50m, è stato trovato vicino al relitto, come se avesse tentato di sfuggire, ma qualcosa glielo abbia impedito, forse la difficoltà di saper e poter risalire da 50m in superficie e in apnea.

Un altro particolare che pone interrogativi è che una barca come il Bayesian  sia affondata nell’arco di 60 secondi:  cosa imputabile o a una grossa falla apertasi nello scafo per un eventuale urto contro qualcosa che si trovava in quel tratto di mare e consentendo all’acqua di sommergerlo totalmente, oppure a un turbine  di vento così forte da aver creato un vortice responsabile di aver trascinato il veliero sino in fondo al mare

50 m di profondità sono tanti per chi non è avvezzo alle immersioni subacquee, ma possono essere risaliti rapidamente da un corpo ancora in vita, cosa che invece non è accaduto perché, secondo quanto si apprende da fonti che provengono dagli investigatori, i corpi dei sei occupanti ancora dispersi potrebbero essere rimasti imprigionati in uno dei locali interni dell’imbarcazione.

Ma anche in questo caso viene da pensare che qualcuno di loro avrebbe potuto benissimo riuscire ad uscire dai locali e a risalire in superficie.

Altro aspetto tutto da scoprire è la testimonianza delle 15 persone che sono state recuperate e che sicuramente potrebbero raccontare con dovizia ai particolari quello che è accaduto in quei drammatici momenti e di cui però attualmente non si dice e non si sa nulla.

Ad alimentare il mistero del Bayesian poi, una coincidenza sinistra: a poche ore dal naufragio della nave davanti alle coste siciliane, era stato investito mortalmente nel Regno Unito anche Stephen Chamberlain. L’uomo era l’ex vice presidente finanziario della società Autonomy, fondata da Mike Lynch, disperso nel naufragio insieme alla figlia appena 18enne. I due erano stati coimputati in un processo per frode, durato dieci anni, negli Stati Uniti: erano stati riconosciuti non colpevoli a giugno. Le accuse nei confronti dei due riguardavano la vendita di Autonomy al colosso informatico americano Hewlett-Packard nel 2011 per oltre 11 miliardi di dollari.

Allora, a fronte di queste perplessità,  sorge il dubbio che si possa essere trattato di qualcosa di diverso da un normale naufragio e che magari in qualche modo fosse collegato alle storie che hanno vissuto alcuni degli illustri occupanti dello yacht, rimasti dispersi.

Le persone di cui non si hanno notizie sono il magnate britannico e proprietario del veliero, Mike Lynch, sua figlia diciottenne Hannah, il Presidente della Morgan Stanley International, Jonathan Bloomer, insieme a sua moglie Anne Elizabeth Judith Bloomer e al legale con cui Lynch ha condiviso alcune vicende giudiziarie che lo hanno riguardato personalmente, Chris Morvillo, con sua moglie Nada Morvillo.

Perplessità? Forse che si spera dovranno essere chiarite.

Intanto ieri, intorno alle 8, sono riprese le immersioni dei sommozzatori speleo dei Vigili del Fuoco per la ricerca dei dispersi.

Nell’ultima immersione effettuata nella tarda serata di lunedì, i sommozzatori dei Vigili del Fuoco sono riusciti ad accedere all’interno del relitto, ispezionando alcuni locali posti sotto alla plancia di comando. Complesse le operazioni per la presenza di numerosi ostacoli e la ristrettezza dei varchi di accesso.

I team dei sommozzatori dei VVF sono composti da due operatori specializzati speleo che hanno un tempo di permanenza in profondità di 12 minuti prima della risalita ed il cambio continuo con un successivo team.

Si stanno pianificando le operazioni per l’apertura sul relitto di accessi più agevoli per la penetrazione all’interno, mentre si procede con difficoltà all’accesso verso le cabine dove è possibile ipotizzare, vista l’ora del naufragio, la presenza dei dispersi.

È impossibile verificare la loro presenza all’interno attraverso gli oblò.

Continuano parallelamente le ricerche in superficie nell’area del naufragio anche con un elicottero e un’imbarcazione dei Vigili del Fuoco.

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