Negli USA e in Europa la politica monetaria è espansiva, ma…

Manca circa 1 mese all’insediamento ufficiale dell’Amministrazione Biden negli Stati Uniti e si fa sempre più intensa l’attesa dei mercati finanziari internazionali per quelle che saranno le prime mosse di Janet Yellen al Tesoro; anche se una parziale rassicurazione viene già fornita dai suoi comportamenti passati in qualità di Presidente della Federal Reserve dal febbraio del 2014 al febbraio del 2018.

Osservando, peraltro, le ultime misure adottate in questo mese dalla Banca Centrale Europea, in particolare per la riconfermata politica di tassi di remunerazione dei depositi di segno negativo, rimangono, comunque dei dubbi circa gli scenari futuri internazionali, in quanto non sfugge il loro stridente contrasto con la politica monetaria finora adotta oltre Atlantico.

Se, infatti, tra gli USA e l’unione Europea è comune il tratto dell’espansività della politica monetaria, nell’intento sicuramente apprezzabile di favorire il rilancio dell’economia reale dei diversi Paesi duramente provati dagli effetti devastanti della diffusione della pandemia da Covid’19, le strade divergenti imboccate in materia di tassi di interesse sollevano più di una perplessità.

Dal lato europeo sembra favorirsi un effettivo maggiore afflusso di risorse creditizie direttamente alle imprese dell’economia reale; dall’altro, quello statunitense, invece, pare privilegiarsi l’obiettivo della solidità dei conti bancari e solo di riflesso una maggiore disponibilità di liquidità per le imprese non finanziarie. Sicuramente, è questa una materia di riflessioni e discussioni per accademici ed esperti al fine di valutare i pro e i contro di due orientamenti che appaiono consolidati.


Quel che è certo, è che si sta rendendo indifferibile un concreto coordinamento tra le politiche monetarie perseguite al di qua e al di là dell’Atlantico nel comune interesse di assicurare un equilibrio maggiore e più duraturo all’economia mondiale nel suo complesso.

In fondo, era proprio questa una delle lezioni apprese dalla crisi economico finanziaria del 2008; ma la già ricordata divergenza mostra quanto sia ancora lungo il percorso per cogliere l’obiettivo di un reale coordinamento delle politiche monetarie e di una conseguente condivisione di misure e di strumenti adottati.

Il 2021 alzerà, dunque, impietosamente il sipario su questo aspetto, che non riveste solo un interesse accademico, ma  mette in discussione il peso specifico degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nella competizione internazionale, ove, come sono spettatori fortemente interessati, vi sono, in primis, la Cina, l’India e la Russia.

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