Regionali

No…giovani e adulti non ci credono più

Cosa accadrebbe oggi, qualora dovessimo tutti  tornare in cabina a votare e non solo limitatamente allo sparuto numero di sei milioni di elettori delle recenti Amministrative?

Com’è e se è cambiato il  sentiment politico dei nostri giorni rispetto a quello del 24 settembre 2022?

Quanta credibilità ha recuperato la classe politica trascorsi sette mesi dall’insediamento  del nuovo Governo?

Che cosa ha insegnato alla politica italiana  la crisi economica, quella energetica, quella del lavoro, quella dell’assistenza sanitaria e della pandemia, quella legata ultimamente al conflitto in Europa?

Nulla assolutamente nulla, se guardiamo il dato delle affluenze alla consultazione elettorale appena conclusa in 598 Comuni, tra cui anche un Capoluogo di Regione.

Unico dato certo inconfutabile l’ulteriore calo di elettori di circa tre punti registrato in quest’ultima consultazione.

Del resto, non mi sembra che ci siano state risposte e comportamenti politicamente virtuosi da parte dei vari schieramenti, tanto da meritare il ritrovato consenso e la fiducia di tutti quei cittadini che, sia il 24 settembre che il 14 e 15 maggio, hanno espresso l’unico voto realmente incontestabile e inequivocabile: quello dell’astensione, del disappunto, della sfiducia, della rabbia e dello sdegno e anche della noia, che si è manifestato con l’astensione dal voto di oltre metà degli aventi diritto.

Eviterei di giustificare il fenomeno dell’astensionismo con la consueta frase  riparatrice che “non accade solo in Italia, ma anche in altri paesi europei”. Se accade anche in altri paesi europei, vuol dire che lo scenario  offerto dalla politica di quei paesi non è diverso da quello della compagine politica italiana. Per di più, paradossalmente, ci sarebbe da essere contenti, perché se, oggi, i cittadini italiani si accontenta di esprimere il proprio dissenso e la propria protesta in modo silenzioso con l’astenensione dal voto, è certo che, in altri tempi, come ci ha dimostrato la storia, il popolo avrebbe reagito con metodi  meno razionali e più drastici.

In Europa e nello stesso Medioriente, le manifestazioni del popolo sceso massicciamente in piazza per protestare in Francia, in Israele e in Iran, la dicono lunga su come l’esasperazione dei toni sfocia facilmente nella violenza, innescando come risposta forme di repressione sempre più dura.

La sfiducia e la perdita di credibilità dei nostri elettori è anche l’effetto di un pessimo a volte volgare teatrino  caratterizzato da liti e baruffe tra vari esponenti del mondo politico, tanto a destra quanto a sinistra, spesso ricorrendo ad  una aggressione verbale violenta e diretta e che utilizza un vocabolario offensivo e lesivo della dignità della singola persona: modalità comportamentali che non facevano parte del “fare politica” degli esponenti della prima repubblica, “buoni o cattivi” che fossero.

L’impressione che se ne ricava  è che più si abbassa lo spessore del sapere e delle competenze, e più si ricorre, attingendo liberamente alla vulgata romanesca, alla “buttiamola in caciara”, che nella totale confusione di ruoli e di doveri, non impegna più di tanto nessuno. Nel caso, infatti, in cui servisse correggere o rimangiarsi una parola o una frase pronunciate inopportunamente o aventi contenuti errati,  può servire chiedere scusa accennando timidamente alla frase “mi sono sbagliato”, “era un modo di dire”, oppure “ma non si può più nemmeno scherzare”, come se, su temi come la povertà, la salute, la scuola, il lavoro, la sicurezza, ci fosse qualcosa per cui, non dico ridere, ma almeno sorridere. Nulla e ancora meno del nulla, è questo ciò che appare agli occhi dei cittadini sulla gestione della res publica.

Ogni sera i talk delle televisioni nazionali ci propinano una sequela di proclami e assiomi autoreferenziali e una buona scorta di dichiarazioni accusatorie tra l’una e l’altra parte politica, che appaiono, palesemente e strumentalmente, messe in scena con il solo fine propagandistico, salvo poi, una volta non più al cospetto della platea, recarsi a pranzo o a cena insieme dimenticando ogni controversia.

Il confronto e il rimpallo di responsabilità in politica fa parte del gioco delle parti e come tale  sarebbe legittimo, ma lo spessore dei contenuti messo in gioco non riesce a essere convincente nei confronti del cittadino e soprattutto dei più giovani, che si ritrovano a loro volta, immersi in contesti politici e sociali  caratterizzati da un crescente pressappochismo sul presente e da una cronica incertezza sul futuro, mentre avrebbero tutti  bisogno di essere rassicurati  almeno sulla possibilità, oggi non equamente garantita, di accedere ai servizi essenziali per vivere o sopravvivere.

Perché è innegabile che, sempre più frequentemente, si tratta non di vivere, ma di sopravvivere alle difficoltà di ogni tipo con le quali il cittadino deve confrontarsi per fare la spesa, per pagare il mutuo o un affitto, per curarsi, per studiare, per lavorare.

E se il bailamme della politica e delle Istituzioni vacilla di continuo, pronuncia parole ed esprime concetti per i quali è rapidamente costretto a fare marcia indietro e rimangiarsi tutto, si impegna con promesse che non riesce mantenere, adotta provvedimenti che da una parte sembra che ti diano una mano e dall’altra di tolgono un braccio, quale messaggio si può immaginare di trasmettere alle future generazioni  che, invece, hanno necessità di disporre, nell’ambito della famiglia e della società, di certezze, di termini di confronto eticamente e moralmente inequivocabili, di valori ed esempi virtuosi a cui ispirarsi e in cui credere e fare affidamento per crescere responsabilmente?

Se chi dovrebbe dare  l’esempio è il primo a sbagliare, a mostrare superficiale poca competenza e scarso senso di responsabilità, in chi e in che cosa dovrebbero credere e fare affidamento i nostri giovani e per quale motivo non dovrebbero sentirsi autorizzati ad assumere essi stessi comportamenti sbagliati, fuorvianti e irresponsabili?

E allora con l’aria che tira, provate a rispondere voi alla domanda su come si comporterebbe l’elettorato assenteista, se oggi dovesse essere chiamato ad esprimersi per l’ennesima consultazione elettorale nazionale.

Autore:

Redazione

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