Sono decisamente inquietanti le ultime proiezioni demografiche per l’Italia rilasciate alla fine della scorsa settimana dall’Istat. Si tratta di un esercizio, che viene periodicamente ripetuto e che traccia, secondo scenari alternativi, le possibili principali tendenze demografiche per il Paese a lungo termine.
Prendendo in considerazione quello che l’Istat definisce lo “scenario mediano”, si dovrebbe assiste nel nostro Paese ad una progressiva discesa della popolazione, che dai poco meno di 60 milioni di inizio 2020 dovrebbe scendere ai 58 del 2030, ai 54 del 2050, per, poi, posizionarsi al di sotto della soglia dei 50 milioni nel 2070 (47,6 milioni). Una tendenza, alimentata dal saldo tra nascite e decessi, che dovrebbe registrare nel 2048 un significativo punto di svolta, con la prevalenza del numero dei decessi su quello delle nascite.
Sempre secondo le stime dell’ISTAT, il fenomeno della diminuzione della popolazione non si dovrebbe verificare in modo omogeneo sul territorio nazionale, ma dovrebbe interessare in modo più spiccato alcune aree meridionali, rispetto a quelle del Centro e del Nord.
Parallelamente alla contrazione della popolazione dovrebbe accentuarsi, come facilmente intuibile, il suo tasso di invecchiamento, con un rapporto tra giovani e anziani che da qui a trent’anni, nel 2050, si dovrebbe collocare nel rapporto di 1 a 3.
Le conseguenze sugli equilibri economico sociali, se fossero confermati questi numeri, si rivelerebbero particolarmente seri, con una popolazione in età lavorativa, che, nel giro di trent’anni dal 2020 al 2050, risulterebbe scendere dal 63,8% al 53,3%.
L’inquietudine che destano queste proiezioni non viene purtroppo attenuata dalla previsione di una lieve ripresa delle nascite nei prossimi anni; infatti, superato lo shock pandemico, la tendenza a una contenuta crescita dovrebbe caratterizzare il periodo fino al 2028. In realtà, dovrebbe trattarsi di un fenomeno transitorio, stante lo sviluppo della composizione della popolazione femminile, che vede nei prossimi anni registrare, comunque, un decremento della percentuale delle donne in età fertile.
L’unica speranza di non veder realizzate queste previsioni negative è, quindi, legata al varo di misure di forte impatto a beneficio delle famiglie e a sostegno di una maggiore natalità. E’ una sfida, che sembra essere stata raccolta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , che al problema demografico del Paese dedica una particolare attenzione, anche se, come sempre, saranno, in definitiva, le misure concrete adottate supportate da risorse adeguate, seguendo l’esempio virtuoso di altre realtà nazionali europee, a determinare un’auspicabile inversione di tendenza.