Quest’anno, l’OMS, per la Giornata mondiale senza tabacco, ha lanciato un nuovo slogan: “Impegnati a smettere“.
Sono più di 8 milioni le persone che muoiono ogni anno a causa delle gravi e numerose patologie correlate al consumo di tabacco. Parliamo di malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie e diabete. La maggior parte dei decessi si verifica nei Paesi a basso e medio reddito, spesso bersaglio di intense campagne pubblicitarie delle industrie del tabacco.
Arriva Florence, l’operatore sanitario digitale per smettere di fumare
La campagna OMS mira a consentire a 100 milioni di consumatori di tabacco di fare un tentativo di smettere, Come? Creando reti di supporto e aumentando l’accesso ai servizi che hanno dimostrato di aiutare con successo i consumatori di tabacco a smettere. A disposizione anche un servizio innovativo, “Florence”. Si tratta di un operatore sanitario digitale, disponibile in inglese 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per aiutare le persone a smettere di fumare, anche tramite WhatsApp e Viber.
Ma per raggiungere l’obiettivo, ridurre la domanda e l’offerta di tabacco, sono necessarie anche politiche e interventi efficaci. Strategie chiave sono, ad esempio, l’estensione degli ambienti senza fumo, le politiche fiscali e dei prezzi, il controllo della pubblicità e la regolamentazione degli ingredienti e, non ultima, l’offerta di aiuto per smettere.
La Commissione Europea ha presentato lo scorso 4 febbraio il Piano Europeo di Lotta contro il Cancro. Nel documento si parla anche di realizzare “un’Europa senza tabacco”. Lo scopo è creare una generazione senza tabacco in cui meno del 5% della popolazione ne faccia uso entro il 2040, rispetto a circa il 25% di oggi. L’obiettivo è raggiungere quello indicato da OMS: riduzione del 30% del consumo entro il 2025, rispetto al 2010, corrispondente a una prevalenza del fumo di circa il 20% della popolazione dell’Unione Europea.
Il fumo in Italia: 93mila morti l’anno, 43mila da tumore
Il consumo di prodotti del tabacco, sia da fumo che non, è tutt’ora nel nostro Paese la principale causa di morbosità e mortalità prevenibile. Si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco oltre 93mila morti. Di questi il 20,6% sono uomini e il 7,9%, invece, donne. Per quanto riguarda i tumori il tabacco è il fattore di rischio con maggiore impatto a cui sono riconducibili almeno 43mila decessi annui.
Nel 2020 il fumo di tabacco è più diffuso nella fascia di età che va tra i 25 e i 34 anni. Tra gli uomini la quota più elevata si raggiunge tra i 25 e i 34 anni (29,9%), mentre per le donne la fascia di età con la prevalenza più alta è quella tra i 55 e i 59 anni, con una percentuale pari al 21%.
Per quanto riguarda i ragazzi secondo l’ultima indagine GYTS, nel 2018 circa uno studente su cinque dai 13 ai 15 anni ha fumato più di una sigaretta negli ultimi 30 giorni. Il fumo di sigaretta è più diffuso tra le ragazze (23,6%) rispetto ai coetanei maschi (16,2%).
Alternativa sigaretta elettronica: effettiva riduzione dei rischi?
La comparsa sul mercato negli ultimi anni di nuovi prodotti a base di nicotina, come le sigarette elettroniche e nuovi prodotti del tabacco, ha aperto nuovi scenari relativamente alle strategie di prevenzione. La loro diffusione come alternativa alle sigarette tradizionali, in particolare, rappresenta motivo di preoccupazione per la salute pubblica. Le problematiche riguardano essenzialmente i possibili effetti sulla salute legati all’eventuale presenza di sostanze pericolose nei liquidi di ricarica o nelle emissioni.
I nuovi prodotti del tabacco riscaldato sono entrati nel mercato italiano nel 2015. Anche se le indagini sulla prevalenza non riescono a coglierne a pieno la diffusione tra i consumatori, i dati sulle vendite ne fanno il prodotto più acquistato subito dopo le sigarette. Anche se le aziende produttrici ne sostengono l’uso in un’ottica di riduzione del danno, le evidenze scientifiche disponibili non sono sufficienti a dimostrare che il prodotto sia associato a un’effettiva riduzione del rischio.
Covid e tabacco: come il virus aggredisce i fumatori
Per non parlare poi del Covid. L’OMS già a marzo 2020 sottolineava che il fumo può aggravare situazioni patologiche come il Covid-19, dato che il tabacco comporta “una ridotta capacità polmonare che aumenterebbe notevolmente il rischio di malattie gravi”. Vari studi hanno dimostrato che il fumo di sigaretta rappresenta un fattore prognostico negativo per i pazienti malati di Covid. Questi, spesso, infatti, ricorrono alla terapia intensiva o alla ventilazione meccanica o presentano un numero di sintomi da Covid-19 più elevato rispetto ai non fumatori.
Ora si spera che con l’approvazione del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-25 il numero delle morti e dei malati per il fumo si abbassi notevolmente. Le Regioni sono chiamate a promuovere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età e nei setting di vita e di lavoro, integrando cambiamento individuale e trasformazione sociale e di conseguenza sviluppando programmi di contrasto al consumo dei prodotti del tabacco e con nicotina condivisi tra i Servizi sanitari e sociosanitari, istituzioni educative e datori di lavoro.