Operazione antidroga “Algeri”: 31 provvedimenti cautelari

Operazione antidroga – Questa mattina, i Carabinieri del Comando Provinciale di Siracusa, su delega della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito una delle più vaste operazioni antidroga condotte negli ultimi anni.

I Militari dell’Arma hanno dato esecuzione a 29 provvedimenti cautelari (22 in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 1 obbligo di dimora) emessi dal Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di aver preso parte ad un vasto sodalizio criminoso dedito al traffico, trasporto, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Altri due soggetti, colpiti da analoghe misure cautelari, sono invece attualmente ricercati.

I reati contestati sono: associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dall’uso delle armi, dall’impiego di minori di anni 18 e dal fatto che lo spaccio avveniva nei pressi di un istituto scolastico della zona, nonché detenzione e porto abusivo di armi da sparo anche clandestine.

L’operazione segue quelle analoghe svolte negli ultimi anni, denominate Euripide, Aretusa, Bronx e Tonnara, che hanno  consentito di mettere fine all’operatività delle più note piazze di spaccio del capoluogo siracusano e che hanno agevolato l’intento del gruppo di Via Algeri di concentrare su di sé la fetta di mercato rimasta scoperta.

Le indagini nei confronti del sodalizio criminale, avviate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo a novembre 2018 e protrattesi fino al luglio 2019, declinatesi mediante servizi di osservazione, controllo e pedinamento con foto ed intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno permesso di accertare l’esistenza di un sistema criminale, capeggiato da Genova Maximiliano, composto da tre nuclei familiari, che gestivano un lucroso traffico di stupefacenti spacciando cocaina, hashish, marijuana, crack e metanfetamine. Il cospicuo flusso di denaro generato, oltre ad arricchire il capo del sodalizio, veniva utilizzato per nuovi approvvigionamenti e per la costante remunerazione delle figure minori, quali custodi, corrieri, staffette e spacciatori al dettaglio.

Operazione antidroga, la modalità di spaccio

Lo spaccio avveniva all’interno dei portoni e negli androni interni alle scale delle case popolari, con gli accessi protetti da cancelli costruiti abusivamente dagli spacciatori, così da impedire o ritardare irruzioni da parte delle Forze dell’Ordine. La capacità intimidatrice del gruppo era tale da imporsi anche sugli altri residenti nelle palazzine che, estranei alle attività illecite, non erano in possesso delle chiavi dei cancelli abusivi ed erano così costretti, per entrare ed uscire, a chiedere il “permesso” alle sentinelle armate che, a turno, presidiavano il territorio ininterrottamente.

I luoghi di operatività della piazza sono le palazzine di via Algeri poste sul lato mare, situate ad Est del centro abitato di Siracusa, luogo molto favorevole per gestire attività illecite. Caratteristiche che hanno agevolato il gruppo di “via Algeri” a concentrare su di sé l’attività del traffico di droga, acquisendo in tal modo la maggiore fetta di mercato rimasta scoperta, soprattutto dopo la chiusura delle piazze Bronx e Tonnara.

Le indagini hanno permesso di accertare che la zona era costantemente presidiata, giorno e notte, da spacciatori e vedette ed era organizzata con più turni di lavoro.

L’alternanza dei turni di lavoro; la vigilanza e controllo del territorio per avvisare della presenza delle Forze di Polizia coloro che effettuavano lo spaccio terminale; il sostegno agli associati ed alle famiglie di coloro che venivano arrestati; l’esistenza di vere e proprie basi logistiche; la suddivisione dei compiti, sono tutti elementi estremamente significativi che hanno permesso di accreditare l’esistenza di una consorteria stabile, organizzata e collaudata nel tempo, capace di creare un giro di affari da € 25000 al giorno, con profitti tanto ingenti da aggirarsi sugli € 10.000 al giorno. I guadagni erano così fiorenti che il sodalizio di Via Algeri aveva aperto addirittura delle vere e proprie trattative per la vendita tout court della piazza di spaccio ad altri gruppi criminali della città.

I singoli pusher facevano riferimento, per le esigenze contingenti dello spaccio e per la rendicontazione delle attività, a specifici locali che erano stati denominati “UFFICIO” e “MAGAZZINO”. Il primo era una vera e propria base logistica, ossia il luogo dove avvenivano le riunioni del gruppo e la ricezione dello stupefacente da parte dei fornitori, dove si effettuava la cottura della cocaina, dalla quale veniva ricavato il crack.

Presso l’Ufficio gli addetti ricevevano i proventi delle vendite da parte degli spacciatori e tenevano i ‘registri contabili’ sui quali rendicontavano le attività quotidiane. Il gruppo, come detto, disponeva altresì di un Magazzino che era il luogo dove venivano stipate ed occultate le forniture di stupefacente.

Un altro particolare emerso nel corso delle investigazioni è stato il ruolo attivo svolto dalle donne. Queste rivestivano compiti operativi precisi: gestivano gli approvvigionamenti di droga e si occupavano del confezionamento fino alla consegna della sostanza ai pusher. Per le abilità manifestate dalle indagate nella gestione delle attività, le stesse sono da considerarsi vere e proprie “donne manager” della droga, in grado di sostituire gli uomini negli affari criminali.

Anche i figli minori degli indagati assistevano puntualmente a tutte le operazioni relative al traffico degli stupefacenti che avveniva a casa Cacciatore. I minori di altro gruppo familiare effettuavano invece regolarmente il proprio turno di spaccio o vedetta, come riscontrato da riprese video ed intercettazioni e come confermato dalla presenza dei loro nomi all’interno dei registri contabili sequestrati.

Sulla base di quanto documentato nel corso dell’indagine, si è potuto stabilire come si svolgeva l’attività giornaliera del gruppo: spaccio al dettaglio, rifornimenti, consegna del denaro e come aggirare i controlli. Solo per citarne alcuni.

Altro elemento che contraddistingueva il sodalizio malavitoso era il mantenimento degli associati detenuti, essenziale per il buon andamento della piazza, al fine di evitare delazioni o collaborazioni da parte degli arrestati. Tutti gli affiliati al gruppo percepivano uno stipendio parametrato in base alla mansione e al ruolo svolto all’interno dell’organizzazione. Le indagini dei Carabinieri hanno permesso di evidenziare, altresì, l’estrema pericolosità del gruppo, i cui appartenenti non esitavano ad usare la violenza e ad armarsi per regolare le ‘beghe interne’.

Emblematico il pestaggio di Capodicasa Marco, picchiato selvaggiamente ad opera dei pusher poiché aveva acquistato una dose di cocaina e si era allontanato senza pagarla.

Il contenuto delle intercettazioni attesta che il gruppo ed in primis il suo capo Genova Maximiliano, incuteva un vero e proprio timore reverenziale negli abitanti della zona, imponeva la presenza degli spacciatori a tutte le famiglie che abitavano nelle palazzine. Queste obbligate talvolta a garantire copertura ed a nascondere lo stupefacente nelle abitazioni di persone incensurate che, per timore di ritorsioni, accettavano di collaborare.

Durante le indagini sono stati eseguiti numerosi riscontri che hanno portato all’arresto di 10 persone ed al sequestro di: hashish, marijuana, cocaina, metanfetamine e 2 pistole semiautomatiche. L’attività ha interessato anche gli Uffici giudiziari minorili etnei. Inoltre, poiché l’indagine ha coinvolto tre interi nuclei familiari, i Carabinieri hanno dovuto provvedere alla collocazione dei minorenni rimasti soli a seguito della cattura dei loro genitori.

 

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