Oscar Pistorius incontrerà i genitori di Reeva

Oscar Pistorius incontrerà June e Barry Steenkamp. L’ex atleta paralimpico andrà a colloquio con i genitori di Reeva, la donna che uccise nel 2013. Per l’omicidio di Reeva Pistorius è stato condannato nel 2017  a 13 anni e 5 mesi di carcere. L’incontro con i coniugi Steenkamp potrebbe essere il preludio di un rilascio con la condizionale, esempio di “giustizia riabilitativa“.

La posizione dei genitori di Reeva: il perdono e il dolore

I familiari dell’ex modella “gradirebbero partecipare a un dialogo con il responsabile del crimine”, riferisce l’avvocato Tania Koen attraverso l’emittente Sudafricana SABC. Poi spiega la posizione dei due genitori. “June (la madre della ragazza, ndr) ha sempre detto di aver perdonato Oscar. Barry (il padre) è un po’ più combattuto, ma dovrà esprimersi su questo a tempo debito. La ferita, anche se è passato ormai molto tempo, è ancora molto dolorosa“. Anche il tabloid britannico Daily Mail ha ripreso la notizia, scrivendo che di recente gli Steenkamp hanno ricevuto una lettera di Pistorius che li ha “emotivamente turbati”. In vista dell’incontro con i familiari della ragazza, Pistorius sarà trasferito in un carcere più vicino alla loro residenza.

Pistorius, come noto, è stato il primo atleta a partecipare sia alle Olimpiadi che alle Paralimpiadi. Oggi 35enne, da bambino ebbe entrambe le gambe amputate dal ginocchio in giù. Come paratleta, ha corso su pista con delle speciali protesi in carbonio che gli valsero il nomignolo di “Blade Runner”.

Pistorius dichiarò di aver sparato pensando di difendersi da un ladro

In merito all’omicidio di Reeva Steenkamp Pistorius rivendicò di aver sparato perché spaventato in piena notte. Dichiarò di non sapere che dietro alla porta del bagno di casa sua ci fosse la fidanzata e che pensasse invece a un intruso, un ladro. La tesi della difesa fu in qualche modo accolta nella sentenza di primo grado del 2014, che lo condannò per omicidio colposo a cinque anni. L’accusa ricorse in appello contro la sentenza considerata troppo mite. Nel processo d’appello, nel 2015, il verdetto cambiò e divenne omicidio volontario. La condanna finale, comminata nel 2017, portò la pena da scontare in carcere a 13 anni e 5 mesi. 

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