Siamo tutti sotto lo stesso cielo e nonostante le rispettive diversità, su tutti incombono gli stessi pericoli dovuti a varie cause, dai fenomeni naturali estremi ai conflitti armati e soprattutto alle fragilità che sono proprie dell’organismo umano, come nel caso di alcune malattie che possono costituire una seria minaccia per la società.
Il mondo scientifico, non a caso, è da sempre impegnato nella ricerca di nuovi strumenti di difesa, tecnologicamente e scientificamente sempre più avanzati ed efficaci. Tuttavia, spesso, le capacità professionali non coincidono con infrastrutture e modelli di organizzazione adeguati e di pari efficacia e valore.
In campo medico esistono malattie o casi clinici che per la loro complessità hanno un decorso per il quale servono interventi ad alta specializzazione da parte delle equipe medico scientifiche. Spesso, in questi casi, si rende necessario il ricovero del paziente in Centri di diagnosi e cura dove, grazie alle capacità di team multidisciplinari e ad adeguati modelli di organizzazione e di ricerca, il personale medico e paramedico è in grado di assicurare al paziente un’assistenza più efficace, più rapida e risolutiva.
Si è portati a pensare erroneamente che questi Centri di eccellenza si trovino per lo più all’estero o in prossimità delle grandi città italiane metropolitane, ma come vedremo non è così. Esistono, infatti, strutture sanitarie ad alta specializzazione anche nelle città o nei paesi delle province italiane e dai nomi meno altisonanti.
Nella città di Terni, ad esempio, in Umbria, esiste un’importante realtà del Sistema Sanitario Nazionale, l’Ospedale Santa Maria che, nonostante alcune criticità, condivise, oramai con quasi tutte le infrastrutture della sanità pubblica, si può considerare un vero e proprio centro di eccellenza per la diagnosi e cura di diverse malattie, tra le quali quelle del sistema nervoso centrale e periferico, grazie anche alla capacità dei propri specialisti di lavorare in team, qualità questa, che consente di poter diagnosticare, curare e risolvere casi clinici anche di particolare complessità.
In una conferenza stampa svoltasi il 12 ottobre scorso, il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, Andrea Casciari, ha spiegato che – “dall’osservazione dei dati alla fine del primo anno della propria direzione, emerge un dato molto bello significativo che riguarda proprio l’aumento delle prestazioni di eccellenza, che denota che i procedimenti posti in essere garantiscono una forte attività di alta specialità propria di un DEA di secondo livello. Certo le difficoltà non mancano – ha sottolineato Casciari – e su questo fronte lavoriamo sempre più a stretto contatto con la Regione e con le altre realtà sanitarie e ospedaliere umbre, con l’obiettivo di sviluppare in maniera sempre più efficace la medicina territoriale”.
“Le punte di diamante – ha precisato il Direttore Generale – sono senz’altro il Dipartimento Cardio Toraco Vascolare e la Neurochirurgia, che non ha mai avuto un volume di attività così alto, come quello attuale”.
Un caso clinico risolto con amore e competenze
A riprova dell’alto livello di professionalità e della qualità delle prestazioni sanitarie riscontrabili nel nosocomio ternano, riporto un recentissimo episodio, che ho seguito personalmente, e riguardante una giovane paziente, protagonista di un caso clinico molto complesso che ne ha reso necessario il ricovero per ben 56 giorni.
Una quadro clinico caratterizzato da una patologia cerebrovascolare acuta, insorta improvvisamente e complicata da un contestuale malfunzionamento del sistema regolatorio della pressione arteriosa, e a seguire da una rara reazione infiammatoria dell’encefalo che è seguita ad un intervento angiografico su un aneurisma presente in un’arteria cerebrale. Grazie alla prontezza e alla professionalità del personale di Reparto della Radiologia interventistica, quello della Rianimazione e quello della Neurochirugia, anche la complicanza è stata rapidamente ed efficacemente gestita e risolta.
È uno degli esempi di buona sanità dell’Ospedale ternano e dei servizi offerti dal SSN, che riguarda un caso clinico risolto non solo grazie alle doti professionali del personale medico e paramedico, ma anche alla loro capacità di interagire professionalmente con i colleghi delle diverse specialità che si sono dovuti occupare del caso, ed empaticamente con la paziente, alleviandole la condizione di stress fisico e psichico, derivante da una lunga degenza anche nella Rianimazione oltre che nel Reparto di competenza.
L’episodio è iniziato senza alcun preavviso, una sera del 10 agosto ultimo scorso, con un malessere accusato dalla paziente che, perdurando la mattina seguente, ha fatto sì che la giovane venisse sottoposta alle prime cure dell’equipe di Pronto Soccorso dell’Ospedale Santa Maria della Stella di Orvieto dove, rapidamente è stata posta la diagnosi, sono stati stabilizzati i parametri vitali e organizzata la corsa contro il tempo per il trasferimento in ambulanza presso la Neurochirurgia dell’Ospedale Santa Maria di Terni, diretto dal dottor Carlo Conti.
Da quel momento sono trascorsi 56 giorni, di cui una parte in Rianimazione. Giorni difficili e interminabili come quelli in cui, parenti e pazienti, riflettendo sulla gravità della situazione, riescono a chiarire a se stessi le differenze tra le “cose” che contano veramente e quelle che si ritenevano più importanti.
Sono stati 56 giorni di emozioni forti, ma non solo quelle negative che si provano davanti alle sofferenze delle persone care, ma anche quelle positive e confortanti, che trasmettono uomini e donne che indossano il camice, che hanno scelto di servire il prossimo con amore, con grande umiltà e con uno spiccato senso di responsabilità. Uomini e donne che lavorano giorno e notte per alleviare le pene di coloro che sono costretti a subire il dolore fisico, l’angoscia e i timori dei propri pensieri a causa di una malattia che li affligge e dalla quale vogliono guarire o quanto meno sopravvivere il più possibile.
Medici e infermieri che svolgono l’attività ospedaliera ricoprendo ruoli diversi, ma che sono animati dalla stessa passione, dallo stesso spirito di sacrificio, dal medesimo senso del dovere e soprattutto dalla passione nei confronti del proprio lavoro. Del resto quel lavoro non potrebbe essere svolto diversamente, perché tutti gli elementi a cui abbiamo fatto cenno, sono necessari per donare, sia al paziente che a coloro che lo assistono, il necessario conforto, la giusta dose di fiducia, di speranza e di ottimismo che servono ad affrontare le impegnative prove di vita.
Sono uomini e donne che impari da subito a chiamare per nome, come fossero vecchie conoscenze. Sono loro che hanno in mano la vita del paziente per il quale si adoperano. Sono volti di persone dapprima sconosciute, ma che in breve diventano i migliori amici, nei confronti dei quali non esistono parole che possano esprimere il profondo senso di gratitudine e di riconoscenza che si prova nei loro confronti.
Ci sono voluti 56 giorni di ricovero per vincere una dura battaglia e per fare sì che il futuro di una giovane donna tornasse e continuasse ad essere nuovamente una felice prospettiva di vita.
56 lunghi interminabili giorni, trascorsi i quali, si torna a casa da vincitori e da allora, i volti di quelle donne e di quegli uomini, resteranno per sempre impressi in modo indelebile nella memoria. Difficilmente si potrà dimenticarli, perché quei 56 giorni vissuti insieme a loro sono diventati una parte indimenticabile di noi stessi.
Ho vissuto anche personalmente quella esperienza e ho deciso di ricordare tutti costoro con il proprio nome, sia quelli che sono stati importanti nelle prime ore del soccorso, sia quelli che hanno trasformato e resa possibile la soluzione di un caso clinico così drammatico e complesso.
Li elenco volutamente in base alla successione degli interventi compiuti prima ad Orvieto e poi a Terni, e per quanto possibile in ordine alfabetico per ciascun intervento. Non è un semplice ringraziamento, ma un encomio rivolto a tutti loro come semplice cittadino, per lo straordinario, efficace e risolutivo lavoro che hanno svolto.
Inizio da Orvieto, ricordando i primi decisivi minuti dell’emergenza urgenza vissuti insieme al dottor Cesare Magistrato, Direttore del Pronto Soccorso dell’Ospedale, al dottor Alessandro Frizza e al dottor Vincenzo Damiano, unitamente agli operatori sanitari Caterina e Giuseppe e per la Radiologia a Claudio Di Bartolomeo, l’operatore che ha eseguito la prima TAC che ha rivelato la complessità del quadro clinico cerebrovascolare.
Sono loro che, in soli 45 minuti, hanno fatto la diagnosi e hanno praticato le prime cure urgenti. Grazie a loro, in soli 35 minuti di trasporto in ambulanza a sirene spiegate, assistita dal medico a bordo, e’ stato possibile il trasferimento della paziente presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Terni dove è stata visitata dal neurochirurgo, il dottor Giovannino Zofrea e dove è stata inizialmente ricoverata e affidata alle cure della dottoressa Stefania Dioguardi, Dirigente Responsabile della “Stroke Unity” e del suo staff.
In pochissimo tempo, Zofrea assistito dal collega Granaroli, in condizioni di somma urgenza, ha sottoposto la paziente ad un delicato intervento, riuscendo a concludere l’atto operatorio senza complicanze intra e postoperatorie, riuscendo a gestire anche la grave alterazione di alcuni parametri vitali che la paziente presentava prima dell’intervento e che ne avrebbero potuto gravemente compromettere l’esito finale.
Subito dopo l’intervento chirurgico è stato determinante il lavoro svolto nei giorni successivi dalla Struttura Complessa di Anestesia e Rianimazione, diretta dalla dottoressa Rita Commissari, insieme ai vari medici di Reparto dei quali ho personalmente avuto modo di apprezzare la professionalità e la grande umanità nel prestare assistenza alla paziente, come la dottoressa Ester Marciano, il dottor Luciano Giacomino e tutti gli altri operatori di cui non conosco il nome, ma che parimenti hanno assistito la paziente e prestato conforto ai parenti.
La persistenza di un grave stato ipertensivo, ha richiesto l’intervento quasi subito del team internistico del Centro Ipertensione Arteriosa presso la Struttura Complessa di Medicina Interna dell’Ospedale di Terni, diretto dal professor Giacomo Pucci, che con la dottoressa Rosa Curcio, ha quotidianamente fatto tutto il possibile, durante i 56 giorni di ricovero, per garantire alla paziente il ritorno alla normalità degli alti parametri pressori che, molto probabilmente, sono stati la causa della patologia iniziale, perfettamente risoltasi con l’intervento del neurochirurgo.
Una citazione merita anche l’equipe della Radiologia interventistica del Santa Maria, diretta dal dottor Massimiliano Allegritti, che ha dovuto effettuare il posizionamento di uno stent in un’arteria renale parzialmente obliterata e scoperta durante le indagini cliniche e strumentali per la ricerca delle cause del grave stato ipertensivo della paziente. Allegritti ha dovuto successivamente compiere un ulteriore delicatissimo intervento chirurgico con tecnica angiografica, resosi necessario per trattare una lesione aneurismatica che non era stata possibile affrontare in occasione del primo intervento, ma a seguito della quale, ancora una volta, è stato necessario ricorrere a un nuovo ricovero della paziente nella Struttura complessa di Rianimazione per l’insorgenza di una rara complicanza, che può rientrare nei rischi connessi a questo tipo di intervento e che è stata trattata con successo dall’equipe della Rianimazione. Nell’arco di pochi giorni, infatti, la paziente ha potuto fare rientro nel Reparto di degenza della Neurochirurgia.
Nel corso del suo primo ingresso nel Reparto di Neurochirurgia è stata assistita dall’equipe medica e in primis dal neurochirurgo che ha eseguito il delicato intervento chirurgico, il dottor Giovannino Zofrea, unitamente al collega Pierluigi Granaroli, e nel post operatorio anche dai dottori Francesca Ghidoni, Alessandro Ciampino, Sibille Martine Jeanne Elisabetta, Giusy Bevacqua, a loro volta coadiuvati da tutti gli operatori sanitari del Reparto, sia professionisti che tirocinanti: Alessandra, Anastasia, Andrea, Angelo, Antonio, Chiara, Diego, Giorgia, Irma, Katiuscia, Laura, Lorenzo B, Lorenzo G., Marilena, Nicolò, Noemi, Roberta, Silvia, Simona F., Simona P., Sofia, Tiziana, Valeria. Chiedo scusa se ho, involontariamente, dimenticato di citarne qualcuno o qualcuna.
Nel quadro delle attività di supporto interdisciplinare, per la Fisioterapia riabilitativa la paziente è stata seguita con altrettanta cura e professionalità da Davide Oddi, trattamento che continuerà all’Ospedale di Orvieto presso il Reparto di Fisioterapia del dottor Fabrizio Mosca. Per il sostegno psicologico, necessario per i risvolti legati alla storia e al decorso clinico, la paziente è seguita, sin dal momento successivo al suo risveglio, dalla dottoressa Silvia Leonardelli.
Un team umanamente straordinario e professionalmente esemplare e che, come riferisce la paziente “non sarà possibile dimenticare”.
Il caso clinico descritto fa onore al nosocomio ternano e nel caso specifico al Dipartimento di Neuroscienze e alla Struttura di Neurochirurgia diretta dal dottor Carlo Conti. Al tempo stesso, sottolinea quanto sia importante e irrinunciabile, per la tutela del diritto alle cure di ogni cittadino, l’opera svolta dalla sanità pubblica che, viceversa, deve fare i conti con le continue difficoltà dovute alle ataviche carenze di risorse finanziarie, ai tagli sulla spesa pubblica per la sanità decisi dai vari Governi, alle conseguenti carenze di organici e di infrastrutture e frutto di una politica sanitaria nazionale deficitaria e irresponsabile che si trascina da anni.
Il punto sulla sanità pubblica
L’attuale Governo, preso atto delle scarse risorse disponibili, con l’ultima manovra economico finanziaria ha chiesto ulteriori sacrifici ai contribuenti e ha tagliato del 50% i fondi previsti e necessari per la sanità.
Le Autorità’ sanitarie locali dovranno quindi fare i conti con un futuro difficile per poter garantire ai cittadini un’assistenza sanitaria degna di questo nome. Nel caso specifico della sanità umbra, la Direzione Strategica dell’USL Umbria 2 affidata al Dottor Massimo De Fino, afferma di essere consapevole delle di alcune criticità e che riguardano alcune infrastrutture dipendenti, ma continua a cercare soluzioni adeguate per garantire la più efficace assistenza sanitaria alla popolazione e in questo percorso non è stata esente da ostacoli frapposti dai tempi e dai modi dovuti alle solite inevitabili complicazioni burocratiche per poter garantire ai cittadini il più elevato livello di prestazioni sanitarie compatibili, però, con le risorse economiche e gli organici disponibili.
Tuttavia, spiace constatare che, pur avendo preso atto delle criticità a cui è soggetto il Servizio Sanitario Nazionale, la politica locale e nazionale, piuttosto che potenziare le risorse delle infrastrutture pubbliche per rispondere alle esigenze dei cittadini che ne fanno richiesta, sembrerebbe essere più incline a compensare le carenze del SSN promuovendo la nascita di nuove strutture sanitarie private.
Purtroppo, si tratta di centri di diagnosi e cura fruibili, il più delle volte, solo ed esclusivamente dalla clientela che può permettersi l’onere di sostenerne i costi elevati e che, peraltro, per un insieme di motivi legati all’impossibilità di disporre di tecnologie all’avanguardia e di attività di ricerca scientifica che sarebbero troppo onerose, difficilmente sono in grado offrire ai propri pazienti gli stessi servizi che sono reperibili nelle infrastrutture della sanità pubblica.
La gestione della miastenia grave, malattia rara e poco conosciuta, ad esempio, richiede un approccio multidisciplinare in centri ad elevata specializzazione, ma in Italia circa 13mila pazienti – dei 15mila stimati – non fanno riferimento a centri esperti di malattie neuromuscolari, come avverte oggi Argenx, azienda impegnata nella cura di gravi malattie autoimmuni.
“Il Servizio Sanitario Nazionale è al capolinea”, questa la denuncia del sesto Rapporto dell’Associazione Gimbe che da tempo denuncia le disuguaglianze di trattamento sanitario nelle varie regioni, per i continui tagli della spesa per la salute con un gap di 48,8 miliardi di euro rispetto alla media europea, ma anche per la cronica carenza di personale e la mancanza di investimenti adeguati per la ricerca scientifica.
Secondo il Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri ed Universitari Italiani (FoSSC) in Italia, nelle infrastrutture sanitarie dipendenti dal Ministero della Salute, mancano 70.000 infermieri, 30.000 medici, 100 mila posti letto,
I dati dell’analisi condotta dall’Agenzia del Farmaco (AIFA) e riportata nel VI Report italiano sulle terapie avanzate realizzato dall’ATMP Forum, confermano che l’accesso ai farmaci per le terapie avanzate presenta, ad esempio, un divario crescente nelle varie Regioni italiane tra il Nord, il Centro e il Sud Italia: per le Regioni del Nord l’attesa è di 155 giorni, per quelle del Centro 126 giorni e per quelle del Sud addirittura 249 giorni.
Con l’introduzione dell’autonomia differenziata per le Regioni italiane si passerà da un unico Servizio Sanitario Nazionale a 21 Servizi Sanitari Regionali, con enormi differenze in merito al trattamento sanitario dei pazienti e pertanto con notevoli diversità sulla tutela del diritto alla cura tra il Nord Italia più ricco e il sud più povero di risorse.
Le strutture sanitarie private continuano a crescere numericamente in tutte le regioni d’Italia a scapito della sanità pubblica, e così facendo, la salute è divenuta, ogni giorno di più, un settore al quale il “privato” rivolge sempre più volentieri i propri investimenti.
Ci si chiede, allora, come mai, da parte del Governo, non vengano adottati idonei provvedimenti per rafforzare sostenere la sanità pubblica, sia con lo stanziamento di fondi adeguati, sia per l’adeguamento degli organici relativi sia al personale infermieristico che medico, sia per l’accorciamento dei tempi di attesa e di ricovero, sia per il sostegno alle attività di ricerca scientifica.
Sembrerebbe, che non sia servita a nulla la lezione impartita dalle recenti esperienze che hanno interessato e travolto il sistema sanitario italiano in occasione dell’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, nonostante le numerose dichiarazioni pubbliche di ravvedimento e le promesse fatte da vari esponenti politici e di Governo appartenenti ad ogni corrente ideologica e di partito.