Putin: qualcosa non ha funzionato nella sua macchina da guerra

Come avviene oramai da tre settimane, per  tutta la notte sono risuonate le sirene in molte città della Repubblica Ucraina  e in particolare nel settore meridionale e orientale del paese, ma da pochi giorni anche nelle città dell’Ucraina occidentale e prima fra tutte Leopoli,  sino a questo momento risparmiata dai bombardamenti.

Le sirene continuano a suonare ripetutamente anche nella capitale assediata dalle truppe russe, che continuano a bombardare  i  sobborghi colpendo vari obiettivi militari,  ma soprattutto molte importanti infrastrutture civili, come gli aeroporti, i depositi di carburanti e persino gli ospedali,  che sono stati bombardati e distrutti in molte città dell’Ucraina e si dice che sino ad oggi siano stati almeno 16 i nosocomi presi di mira dai bombardamenti russi.

L’aggressione  contro gli infermi ospiti degli ospedali, il ferimento o l’uccisione  di persone debilitate, ammalate, indifese e indifendibili, è un crimine di guerra tra i peggiori che uno Stato civile possa compiere e di cui certamente la Russia dovrà dare conto all’Alta Corte di Giustizia internazionale dell’Aja, quando sarà istruito  il processo a carico di Vladimir Putin e dei suoi collaboratori,  quali responsabili di crimini contro l’umanità commessi, soprattutto, nei confronti della popolazione civile e dei minori.

La capitale dell’Ucraina è stata praticamente evacuata quasi integralmente, a parte alcuni cittadini, che non hanno voluto abbandonare i rifugi sotterranei o che non hanno potuto abbandonarli a causa delle precarie condizioni di salute che non ne hanno consentito il trasferimento in un’ altra sede.

Kiev è divenuta una vera e propria roccaforte difesa da un massiccio schieramento dell’esercito  ucraino, ma anche dalle migliaia di padri, di mariti, di giovani ucraini e da molti volontari, giunti anche dai paesi Europei per dare manforte alle truppe regolari. 

Secondo le informazioni dell’Intelligence britannica il grosso dell’esercito russo si troverebbe a circa 25 km da Kiev e quindi ancora distante per pensare ad una imminente invasione della capitale. Sebbene non provengano da fonti ufficiali, si apprendono  notizie in merito a componenti delle forze armate russe che avrebbero lamentato segni di stanchezza e attenderebbero addirittura di essere sostituite.

Ci sono guerre e guerre e c’è una guerra che vede contrapposte l’informazione e la controinformazione su diverse vicende del conflitto, ma anche sui numeri delle vittime,  da una e dall’altra parte.

Si parla certamente di migliaia e migliaia di civili uccisi tra cui molti anzi troppi bambini, e non si conosce ovviamente il numero reale dei militari appartenenti ai due eserciti rimasti vittime dei combattimenti .

C’è anche un raccapricciante problema legato alla rimozione dei numerosi cadaveri rimasti insepolti sul terreno a seguito dei combattimenti. Gli obitori, infatti,  sono stracolmi e da parte dell’Ucraina si è dovuto fare ricorso a scavare le fosse comuni in cui  vengono riversati centinaia di sacchi neri contenenti i corpi senza vita.

Deposti al fondo di una lunga trincea, pur senza funerale e senza una dignitosa sepoltura, fonti locali affermano che questi morti sono, in realtà, più fortunati delle decine e decine di corpi senza vita che vengono lasciati ai bordi delle strade, oppure sono accatastati l’uno sull’altro, come accadrebbe nella città di Mariupol e di Kharkiv….dicono che, purtroppo, sia troppo pericoloso uscire allo scoperto per riconoscerli e rimuoverli, perchè ci si esporrebbe ai colpi di arma da fuoco dei russi.

Immagini apocalittiche come quelle che lungo le strade mostrano carcasse di autovetture distrutte e incendiate con a bordo i corpi senza vita degli occupanti ancora  seduti al posto di guida o a quello dei passeggeri.

Per fortuna c’è anche chi riesce a fuggire e sono in tanti.  Secondo le N.U. sarebbero almeno 2 milioni e 700 mila i fuggitivi, ma secondo l’Unhcr  questo numero crescerà esponenzialmente. 

Si assiste a lunghe file di auto in sosta, in attesa di poter transitare dal confine che li separa dai paesi liberi, ma anche lunghe file di profughi, fuggiti a piedi, attendono esausti per la fatica dei chilometri percorsi di poter passare il confine e trovare un rifugio sicuro.

Prevalentemente si tratta di  donne con bambini tenuti per mano o nelle braccia, di coppie di anziani che camminano a fatica, portando con sé un fagotto con le poche cose che sono riusciti a prendere dalle proprie abitazioni…..forse sono oggetti  di poco conto per la sopravvivenza,  ma in qualche modo quelle piccole “cose di casa” costituiscono il fragile legame di continuità con ciò che le persone in fuga hanno dovuto forzatamente abbandonare senza alcun preavviso.

Ma il popolo ucraino non è fatto solo di persone in fuga, ma anche di una larga fascia della popolazione che è rimasta nel proprio paese per difenderlo dall’invasore. 

Il popolo ucraino non vuole arrendersi e quindi se Putin pensava di poter fare una guerra lampo, di certo ha drammaticamente sbagliato tempi e luoghi, perchè ha sottovalutato gli effetti che la  sua operazione speciale, avrebbe sortito negli ucraini decisi a difendere ad ogni costo il proprio paese.

Persino nella piccola città di Melitopol, occupata dall’esercito russo e dove è stato rapito e arrestato il Sindaco, i cittadini sono scesi in piazza per protestare, incuranti delle reazioni dei militari russi che sparano colpi di arma da fuoco a scopo intimidatorio. 

Qualcosa, dunque, nell’inquietante macchina  da guerra disegnata e realizzata da Putin,  non ha funzionato. 

Di certo hanno mal funzionato i Servizi Segreti che non hanno dato sufficienti informazioni sulla capacità di reazione, sulle forze della resistenza e sulla potenza di fuoco  offensiva che il popolo ucraino sarebbe stato in grado di mettere in campo, che ha rallentato vistosamente l’avanzata delle truppe russe, che è uscito vincente in molti dei confronti armati diretti contro l’Armata Rossa.

Le informazioni che i Servizi Segreti hanno fornito a Putin, gli hanno fatto immaginare una guerra lampo, forse limitata al Donbass e che in poco tempo avrebbe dovuto e potuto neutralizzare la resistenza ucraina, risparmiandogli  la devastante guerra che viceversa ha scatenato il leader russo. Una lenta guerra di logoramento che sta massacrando il popolo ucraino,  ma che sta uccidendo anche molti soldati russi e che, anche gli stessi generali di Putin, hanno probabilmente sottovalutato le forze che sarebbe stato necessario mettere in campo, sia dal punto di vista della quantità che da quello della qualità.

Non è certamente un caso, che in pieno conflitto, Putin stia  sostituendo i vertici dei Servizi Segreti e si dice che stia facendo altrettanto con alcuni capi delle Forze Armate. Un inatteso e tragico errore di strategia militare e diplomatica, che Putin ha commesso sulla base di informazioni probabilmente imprecise e forse non del tutto involontarie, perché viene inevitabilmente da pensare che, qualcuno o più di qualcuno, abbia agito con l’intento di far commettere a Vladimir Putin un errore così grave, da mettere a repentaglio il suo stesso potere.

Del resto, la ex Unione Sovietica prima e la Federazione russa dopo,  ci  hanno riservato sorprese il più delle volte inattese e imprevedibili, che sono state causa di  cambiamenti radicali al timone della grande “nave rossa”.

Un errore strategico che certamente non giustifica i nefasti metodi usati dal Presidente russo per rimediare agli errori commessi e che stanno innescando la protesta contro la guerra, per il momento limitata ad una  minoranza del suo  popolo, ma a cui ha iniziato ad unirsi una buona parte della popolazione ucraina residente  nelle  città filorusse e che all’inizio del conflitto si erano  sempre schierate dalla parte di Putin, ma che, oggi, scendono in piazza per protestare p contro una guerra che non risparmia di uccidere  vigliaccamente e troppo facilmente i civili e i più fragili.

Un errore che non aiuta a comprendere  quale sia, però, il fine ultimo che Putin vuole ottenere in Ucraina, dove sta agendo secondo una  logica imperialista, nazionalista e nostalgica di un periodo che il leader russo forse non riesce o non vuole  dimenticare e non riesce o non vuole comprendere che, storicamente, non può più ritornare. 

Il comportamento di Putin sembrerebbe mirare alla distruzione indiscriminata di uomini e cose e allora viene da pensare che nell’ipotesi che la Russia riuscisse a vincere la guerra e ad occupare integralmente tutto il territorio ucraino,  si ritroverebbe un paese grande almeno due volte l’Italia, quasi integralmente distrutto, in parte anche disabitato, perché si prevede che almeno 15 o 20 milioni di persone, cioè circa la metà della popolazione Ucraina abbandoneranno le proprie case per mettersi al sicuro altrove, i più in Europa. 

Putin si troverebbe di fronte un paese raso al suolo, come lo sono già alcune città che sta continuando a bombardare, con un’economia fiaccata dalla guerra devastante messa in campo dai suoi generali e con una ricostruzione che come minimo avrà bisogno di molti anni ed ovviamente di gravosi investimenti.

In ogni caso pure se vincesse si ritroverebbe un territorio abitato da un popolo che è riuscito a sconfiggere militarmente, ma che lo ha battuto moralmente e che certamente,  non sarà mai suo amico, perché ferito nel proprio orgoglio nazionale e nei propri affetti più profondi per la perdita di migliaia e migliaia di connazionali…un popolo che,  molto probabilmente, continuerà a combattere ricorrendo a una forma di resistenza diversa, meno palese e che come sappiamo in questi casi spesso sfocia nel terrorismo.

Dunque  sfugge qual’è il vero motivo per cui Putin sta compiendo la sua  “operazione speciale”, ma che di speciale ha solo l’obiettivo di uccidere civili e distruggere ogni infrastruttura esistente.

C’è un altro quesito al quale ci riesce difficile dare una risposta e che riguarda il numero delle forze messe in campo. La ex Unione Sovietica, nel 1968, per attuare l’invasione della Cecoslovacchia, ha impiegato 800.000 uomini, mentre nel caso del conflitto con l’Ucraina, Putin ha schierato 200.000 uomini ai quali, peraltro, ha affidato un compito più gravoso rispetto a quello che fu necessario per invadere la Cecoslovacchia. Il territorio ucraino è, infatti, molto più vasto e con una popolazione di gran lunga superiore.

La scelta di un contingente militare limitato per attaccare l’Ucraina indurrebbe a pensare che, forse, l’obiettivo iniziale di Putin non fosse quello di invadere l’intero paese, ma di riconquistare solo le Repubbliche del Donbass….ma, poi, la situazione gli è probabilmente sfuggita di mano.

Per quanto riguarda le reazioni da parte del mondo occidentale, fanno la parte del leone le pesanti le sanzioni economiche imposte alla Russia dagli Stati Uniti e dall’Europa alle quali, però, Putin ha risposto con le contro sanzioni non meno pesanti, soprattutto per il Vecchio Continente. Queste riguardano le materie prime, sia in termini di fornitura che in termini di costi del gas, del petrolio e di alcuni generi alimentari fondamentali,  come il caso del grano, il cui costo è in continua ascesa e che avranno ripercussioni pesanti sull’economia dei paesi europei compreso ovviamente anche il nostro.

Il Governo russo parla di una guerra commerciale da parte dell’Europa nei confronti della Russia e alle notizie sulle nuove sanzioni che  l’Europa avrebbe annunciato per bocca della Presidente dell’U.E., Ursula Von Der Leyen a Versailles, Mosca minaccia gravi conseguenze per la Finlandia per la Svezia qualora decidessero  di entrare a fare parte della NATO e al tempo stesso dichiara che ci saranno gravi conseguenze per tutti coloro che trasferiranno armi a sostegno dell’Ucraina.

C’è anche da sottolineare che le riserve della Federazione russa per quanto riguarda i prodotti per i quali le è stato imposto l’embargo dal mondo occidentale, sono sufficienti ad andare avanti per parecchi mesi, senza dimenticare gli aiuti dell’alleata Repubblica Cinese, che ha promesso il proprio sostegno commerciale al Governo di Mosca proprio mentre le Agenzie stampa hanno già battuto la notizia che sono arrivati i primi aiuti da Pechino..

Sull’azione diplomatica Putin sembrerebbe essere indifferente a quanto emerso dagli incontri che si sono svolti sino ad oggi e sarebbe rimasto fermo sulle sue posizioni,  nonostante l’apertura da parte del Presidente ucraino Zelensky in merito alla possibilità di accettare l’indipendenza delle  Repubbliche del Donbass e a valutare la rinuncia dell’Ucraina di far parte della NATO.

Molti, ovviamente, i candidati al tavolo della negoziazione, allettati dalla possibilità di acquisire e rafforzare, in caso di successo, la propria credibilità e il proprio prestigio di fronte alla comunità internazionale e tra questi il Presidente francese  Macron, che precede il Cancelliere tedesco Scholtz, mentre sarebbero  in pool position il Presidente turco Erdogan e il Premier israeliano  Bennett, che ha proposto  un tavolo negoziale a Gerusalemme e al quale sembrerebbero aver aderito sia Zelensky che lo stesso Putin che in verità non ha detto sì all’invito ma non neppure risposto no.

Siamo quindi in una situazione di stallo: da una parte la Russia, sommessamente sostenuta dalla Cina,  continua la sua guerra commettendo, senza alcuna remora, reiterati crimini contro l’umanità, uccidendo migliaia di civili e di bambini e costringendo alla fuga dalle  città distrutte milioni di ucraini.  

Dall’altra parte c’è il Governo di Kiev che non intende concedere nulla, che vuole resistere, che sul campo riesce a contenere l’avanzata delle forze armate russe vincendo anche alcuni confronti diretti contro quest’ultimo è sostenuto dagli aiuti di tecnologie e armamenti militari dell’Europa e degli Stati Uniti che cercano di evitare di inviare uomini armati nel territorio ucraino, per evitare lo scontro diretto con i russi e che potrebbe innescare  una guerra tra i due blocchi.

Non si intravede, dunque, una soluzione a breve termine  e l’unica nota positiva nella tragedia della guerra è la compattezza dell’Unione Europea nelle attività di sostegno umanitario alle popolazioni dell’Ucraina in fuga e da cui emerge, come è già accaduto in altri conflitti, la grande generosità del popolo italiano.

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