Sahel: più violenze, più armi. Allarme traffico clandestino

Crescono le violenze in tutto il Sahel: nuovi conflitti, nuovi gruppi armati jihadisti e un nuovo preoccupante impulso al traffico illegale delle armi. L’Africa Defense Forum (ADF) spiega che i canali di approvvigionamento delle armi sono appunto illegati e clandesti. Ma spiega anche che parte delle armi derivano da attacchi diretti alla scorte degli eserciti regolari.

L’Institute for Security Studies (ISS) spiega che con la seconda guerra civile libica, dal 2014, le armi iniziano a scarseggiare. Da qui aumentano gli attacchi alle caserme in Burkina Faso, Mali e Niger. Si aggiungono poi le ingenti scorte del regime di Gheddafi.

La teoria è confermata anche dal Conflict Armament Research (CAR), organizzazione investigativa che monitora il movimento di armi: ci sono molte armi in circolazione all’interno e intorno al Sahel. Più dettagliatamente, il 17% delle armi sequestrate ai ribelli legati a Boko Haram nel Sud-Est del Niger sono state dirottate dalle scorte in Ciad, Niger e Nigeria. Inoltre, le armi usate da gruppi estremisti in Burkina Faso e Mali sono state attribuite anche ai soldati nazionali della regione. Il rischio è “l’uso improprio” anche perché parliamo di un arsenale che veniva utilizzato dai terroristi da scorte statali degli Anni ’70 agli anni ’90.

In generale, si profilano così 4 canali di circolazione clandestina e illegale delle armi: traffico attraverso la Libia; perdite sul campo di battaglia dovute a raid contro le forze di sicurezza in Burkina Faso, Ciad, Mali, Niger e Nigeria; pistole e fucili di contrabbando venduti al mercato nero dell’Africa settentrionale e occidentale; deviazione di armi da fuoco ed esplosivi legalmente importati nel Sahel.

Operazione internazionale: 480 armi da fuoco recuperate, 42 arresti

Quali le azioni di contrasto? Nel 2017 l’Unione Africana lancia “Silenziare le armi” iniziativa con tetto di abbassamento del traffito entro il 2020. Il termine viene superato e prolungato al 2030. Al di quà del Mediterraneo, l’UE risponde con Operazione Irini nel 2020. Obiettivo, il rispetto dell’embargo sulle armi imposto dall’ONU alla Libia dopo la seconda guerra civile libica.

Poi ovviamente le azioni di Polizia: Interpol, Afripol e ONU. L’ultima, a giugno, Trigger VIII, traguarda il recupero di 480 armi da fuoco, identifica e smantella 14 reti criminali organizzate e fa arrestare 42 persone per reati connessi al traffico di armi da fuoco.

(foto di Pixabay)

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