Smart working e settore bancario: alcuni aspetti da considerare

La ormai conclamata seconda ondata di pandemia da Covid ’19 ha dato nuova linfa all’adozione di misure di lavoro da remoto, perlomeno, nei settori professionali in cui non è strettamente necessaria una presenza fisica del lavoratore.

Anche il settore bancario, già da tempo alle prese con gli effetti dell’innovazione tecnologica e la correlata disaffezione di fasce sempre più ampie di clientela a recarsi negli stabilimenti bancari per lo svolgimento delle principali operazioni di routine, non è stato certo estraneo a questo fenomeno.

Le aziende bancarie, anche nella prima fase della pandemia nella scorsa primavera, hanno quindi provveduto a lasciare aperti un numero di sportelli bancari più limitato e con una presenza fisica di personale ridotto. Il tutto in un ambito, in cui, per il fenomeno di disaffezione appena accennato, le banche hanno adottato una strategia di chiusura di un numero consistente delle proprie dipendenze ( a fine 2018 le unità operative erano oltre 27.800, di cui il 79% sportelli) con la contemporanea riconversione di una parte del personale ad altre funzioni.

Ma quali sono i margini effettivi di questa manovra e soprattutto quali sono le grandezze economiche con cui le banche si dovranno confrontare nel prossimo futuro?

Per avviare una riflessione valida su questo tema è molto utile riprendere in mano alcuni dati significativi dell’ultimo Rapporto sul Mercato del Lavoro nell’Industria Finanziaria, curato dall’Associazione Bancaria Italiana – ABI.

Da essi si evince che alla fine del 2018 il personale dei 348 associati ammontava a oltre 288mila unità, delle quali i 4/5 erano assorbiti, usando la classificazione ufficiale, dai “primi 5 gruppi” e dalle “altre grandi banche”. L’età media del personale, che continua a salire, si posiziona a 47 anni con un ulteriore incremento per i quadri direttivi e i dirigenti, rispettivamente a 50 e a 52,3 anni .

Altro dato da tenere presente il 48,3%, che costituisce la quota di spese per il personale sui costi operativi con un’ incidenza calata di 5 punti nel periodo 2010 – 2018, a causa di una marcata contrazione dei costi del personale (-11,7%) assai più rapida di quella dei costi operativi (-2,5%). E, infine, sul fronte della redditività, mentre per i gruppi bancari europei si registrava tra il 2017 e il 2018 un miglioramento del ROE (Return on Equity) da 6,4% a 8,1% , diversamente avveniva per i gruppi italiani, in cui purtroppo si scendeva da 7,6% a 5,9% .

Una fotografia destinata ad aggiornarsi prevedibilmente con un consolidamento della tendenza alla diminuzione del personale impiegato (segnalata già con un più che meno 3% nel 2018 rispetto all’anno precedente) e il ricorso delle banche a misure idonee a facilitare l’uscita di una parte del personale anagraficamente più anziano; sostituendolo, in realtà, solo parzialmente, con risorse più giovani, come testimonia l’ultima rilevazione del tasso di sostituzione pari a 0,4 ( 4 assunti ogni 10 cessati).

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