Creare nuovi nuclei residenziali abitativi per persone over 65, con l’obiettivo di favorire “la socializzazione degli anziani” e “lo svolgimento in comunità di attività ricreative, ludico-culturali o sportive”. Non solo: in queste strutture abitative potranno abitare anche giovani disagiati e in difficoltà che a fronte della casa dove potranno risiedere dovranno prendersi cura degli stessi anziani. È quanto prevede una proposta di legge presentata alla Camera dal capogruppo di Fdi, Tommaso Foti, scritta per “offrire un inquadramento normativo ai progetti di coabitazione per persone che hanno compiuto il sessantacinquesimo anno di età (senior co-housing) e di coabitazione intergenerazionale (co-housing intergenerazionale)”. Un progetto da destra sociale che prevede nel dettaglio la creazione di centri residenziali dove gli anziani, superati i 65 anni di età, potranno risiedere, prevedendo ‘comunità di 50-60 persone, in strutture abitative dotate di spazi comuni per le attività ricreative.
Per quanto riguarda la soluzione intergenerazionale, il comma b dell’Art. 1 prevede che “una quota non superiore al 50 per cento delle unità residenziali a uso esclusivo è riservata a soggetti a basso reddito di età compresa tra 18 e 35 anni, a giovani coppie con un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente inferiore a 18.000 euro o a studenti fuori sede, i quali si impegnano alla collaborazione attiva e al sostegno nei confronti dei residenti di età superiore a quella per l’accesso alla pensione, beneficiando, nei termini e con le modalità previsti dai regolamenti interni di cui all’articolo 2, comma 1, di misure economiche incentivanti”. Inoltre “qualora beneficiari dei progetti siano giovani coppie, può essere prevista la destinazione di parte degli spazi comuni ad asili nido”.
La legge prevede poi che gli anziani possano aderire alle attività ricreative organizzate dal condominio “su base volontaria degli abitanti del complesso immobiliare”. Attività “programmate, organizzate e gestite in modo autonomo dai residenti, sulla base di regolamenti interni di gestione degli spazi comuni approvati dall’assemblea dei residenti”. Contrariamente a quanto avviene nelle Rsa dove l’adesione non è facoltativa.
La legge valuta pure l’impatto urbanistico, dando facoltà ai comuni, che individueranno le strutture da utilizzare per il progetto di cowhousing, di agire “anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti”, di autorizzare “il cambio di destinazione d’uso degli immobili, a qualsiasi attività destinati, da riconvertire”. “Salva diversa disposizione regionale, i comuni – si legge all’art. 3 – previa valutazione della sostenibilità del maggiore carico insediativo e della compatibilità con i caratteri culturali, ambientali e paesaggistici dei luoghi, autorizzano la costruzione di complessi edilizi riservati ai progetti”, permettendo “un aumento della capacità edificatoria fino al 20 per cento”. Sempre per le necessità edificatorie “i comuni autorizzano la costruzione di complessi edilizi destinati ai progetti di cui all’articolo 1 anche in deroga agli indici e agli standard urbanistici”.
L’art. 5 permette di realizzare i progetti sia agli “enti pubblici proprietari delle aree o degli immobili sui quali devono essere realizzati i complessi edilizi” ma anche a “qualsiasi soggetto privato destinatario di una concessione del diritto di superficie o di assegnazione di immobili in comodato d’uso per un periodo non inferiore a sessanta anni”.
Infine sono previsti incentivi economici: “I progetti di cui all’articolo 1 possono essere oggetto di finanziamento pubblico a fondo perduto per un importo non superiore al 50 per cento del costo complessivo del progetto”. Si prevede inoltre di istituire “il Fondo per i progetti di coabitazione, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023, 2024 e 2025”. “Nell’ambito dei progetti oggetto di finanziamento pubblico ai sensi del presente articolo, il canone di locazione delle abitazioni, comprensivo della quota parte riferita all’uso degli spazi destinati alle funzioni di sostegno di pertinenza dell’unità immobiliare, non può essere superiore a quello determinato ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge 9 dicembre 1998, n. 431”.