Truffe informatiche, individuati 11 ‘nababbi’ con Reddito di Cittadinanza

Individuati 11 percettori di Reddito di Cittadinanza con vita da “nababbi” attori di una truffe informatiche. Ad operare la Polizia di Stato a seguito di una complessa indagine condotta dal Compartimento della Polizia Postale. Gli 11 sono sospettati di far parte di un’associazione per delinquere.

L’indagine è partita da una coppia, non sfuggita alla Polizia postale. Il sospetto per una frenetica attività di ritiro presso gli sportelli di istituti di credito dell’alta Toscana. Ritiravano quelli che sono poi risultati essere i proventi dell’attività criminale di un’organizzazione più articolata. Da lì una complessa indagine tecnica per individuare i complici e di definire i compiti svolti da ciascuno degli appartenenti alla banda. Gli 11 risiedono in Toscana, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Complice la fretta, inducevano i mal capitati a ricaricare una carta di pagamento anziché riscuotere

Questo il meccanismo della truffa. I falsi telefonisti si occupavano di agganciare le vittime direttamente dalle proprie abitazioni. Dopo aver selezionato gli annunci di vendita presenti sulle varie piattaforme di commercio on line, contattavano i venditori, fingendosi fortemente interessati all’acquisto della merce e desiderosi di effettuare il pagamento nel più breve tempo possibile. Facendo leva sulla fretta, si convinceva l’ignara vittima a recarsi presso uno sportello automatico, per ricevere l’accredito della somma pattuita direttamente sulla propria carta.

Oltre la fretta il truffatore sfruttava la non perfetta conoscenza degli strumenti bancari delle vittime. Forniva loro tutta una serie di istruzioni e codici, grazie ai quali, invece di ricevere il pagamento sul proprio conto, i malcapitati erano indotti a ricaricare una carta di pagamento. Si trattava ovviamente della carta nella disponibilità del sodalizio criminale. In numerosi casi il malcapitato addirittura è stato indotto a compiere numerose ricariche, prima di accorgersi di essere caduto in un tranello.

Per garantirsi l’anonimato ed eludere così l’attività investigativa, i membri dell’organizzazione erano soliti ricorrere a sistemi di “anonimizzazione” delle conversazioni o ad applicazioni crittografate come Telegram ed ICQ. Massima sicurezza anche nelle proprie abitazioni: sistemi passivi di protezione, cinte murarie e recinzioni, perimetro interno ed esterno vigilato da telecamere, sofisticati sistemi elettronici di protezione.

Oltre alle abitazioni di pregio gli indagati si sono dimostrati possessori di auto di grossa cilindrata, oggetti di lusso, gioielli ed orologi. Al momento si stima che i proventi dell’attività dell’organizzazione criminale possano ammontare a svariati milioni di euro.

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Redazione

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